Storie di donne al Festival del cinema di Roma

Al Festival del cinema di Roma l’universo femminile è al centro di una serie di film pregevoli italiani e stranieri. In cima Fanny Ardant.

Il Festival del cinema di Roma è la festa delle sorprese, con Fanny Ardant. Guardartela, è lei, settantenne mai rifatta, lieta degli anni passati e di quelli che corrono, pudica e altera: una diva che possiede quel qualcosa che molte colleghe vorrebbero avere e non hanno: lo charme (che tradurre in italiano con “fascino” suona riduttivo), un carisma dell’attrice così amata da Truffaut. È la protagonista di un film interessante, diretto in modo professionale  da Rebecca Hall, cioè Les jeunes amants. È la storia di una donna sola di 70 anni, che ha archiviato la propria vita sentimentale, e vive indipendente. Ma il 45enne medico felicemente sposato che si innamora di lei, le suscita un turbamento emotivo, una ridda di ansie e di sospensioni, una nostalgia affettiva che solo l’amore con le sue sorprese è capace di far emergere, rompendo l’età e le convenzioni sociali. Melodramma levigato, commovente, il film si gioca sul ruolo di Fanny che non teme di mostre rughe e macchie e che parla come sempre soprattutto con gli occhi. Il lavoro coinvolge, fa riflettere e apre lo spettatore con finezza sul mistero che è, in fondo, l’amore.

Ne sa qualcosa il poeta spadaccino di Cyrano, ennesima versione in stile musical di un travolgente triangolo amoroso. Lui, questa volta, anziché il naso lunghissimo, è un nano (il bravissimo Peter Dinklage) che scrive lettere d’amore alla splendida Roxane innamorata del bel Christian e non di lui. Il gioco si fa duro ed in un Settecento di trine e parrucche, ma anche di duelli e di guerre, è la donna a gestire gioie e tormenti nel bel film di Joe Wright, dal dramma nascosto sotto il sorriso dove Cyrano dimostra, questa volta, la forza e la fatica di sentirsi emarginato a causa del suo aspetto, eppure in qualche modo vittorioso. Sontuoso e teatrale, il film non ha nulla di melodrammatico, ma è autenticamente “vero”.

Come lo è un piccolo capolavoro, secondo noi, l’italiano L’Arminuta (la Ritornata) di Giuseppe Bonito. Nell’estate del 1975 la tredicenne che viene rimandata a casa dai parenti che l’hanno allevata in città si trova a vivere in un paese abruzzese arcaico, tra una madre indifferente come il padre e i fratelli, in un ambiente chiuso. Unica amica, la sorella Adriana, maturata in fretta e non sognatrice come lei. Film sulla “sorellanza”, discreto e terribile nel delineare il disamore, l’incontro con la morte, la fatica e la lotta da parte della ragazzina, racconta la sua  crescita tra genitori induriti dalla fatica e dal dolore e l’apertura, nel rapporto tra le sorelle, verso una possibile speranza. Fotografato poeticamente, è recitato dalle splendide ragazze Sofia Fiore e Carlotta De Leonardi con una naturalezza disarmante. È il ritratto di un mondo antico, eppure assai attuale nella freddezza che si può vivere dentro la famiglia e nella dolorosa  maturazione dei ragazzi.

L’amore, ancora e sempre. Promises di Amanda Sthers ha il tono del mélo e una evidente suggestione letteraria anche nella sceneggiatura, nel ritmo oltre che nei dialoghi, che talora lo appesantiscono. Alexander, detto Sandro (Pierfrancesco Favino) inglese di origine italiana, si interessa di antiquariato librario. Sposato felicemente, incontra però Laura (Kelly Reilly): è un amore travolgente che non si realizzerà però compiutamente mai. L’uomo passa attraverso avventure, scelte difficili, altre donne, figli, in compagnia di tre amici d’infanzia mai cresciuti che si pongono domande esistenziali. È una esistenza tormentata come la difficile infanzia vissuta insieme al nonno (Jean Reno) che si conclude con l’abbandono di qualsiasi speranza, per non soffrire. Sembrerebbe un film nichilista o sconfitto, ma in realtà l’amore non viene mai sconfitto, perché è il rovello costante di ogni personaggio, anche femminile. Favino recita molto bene,specie nelle scene dove appare invecchiato in un lavoro ricco, denso, forse troppo lungo, ma comunque pregevole.

Anche in Cina, si cerca l’amore. Questa volta nel film di Zhang Yimou One Second. Una storia dolorosa: il detenuto Zhang fugge dai lavori forzati per assistere in un villaggio alla proiezione di un cinegiornale in cui la figlia che non vede da anni recita per un secondo come comparsa. Intraprende un viaggio pericoloso, incontra una ragazza orfana che vuole rubare  il cinegiornale al proiezionista Fan ed è subito scontro. Fra mille disavventure egli rivedrà per un secondo la figlia perduta al cinema, pagandone le conseguenze. Ma il risultato sarà positivo, perché se egli viene condannato di nuovo, almeno la ragazzina che ha conosciuto avrà ritrovato un sorriso.

Non è una favola, anzi l’omaggio al cinema e al contempo la descrizione della durezza del regime maoista. Soprattutto, ancora una storia d’amore tra un adulto e una ragazza, entrambi feriti dalla vita.  Della serie, i molti volti dell’amore.

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