Stare con loro

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Sull’acciottolato, i passi veloci di Mauro scandivano la sua decisione di andarsene al più presto dal liceo, portandosi appresso il sapore amaro di un’assemblea di classe negativa. Il disimpegno di un gran numero studenti aveva condizionato il clima, scoraggiato i professori e svalutato l’impegno di pochi. Niente di irreparabile – si consolava Mauro, nel suo ruolo di genitore -, ma comunque era un problema di difficile soluzione, emerso a sorpresa in un gruppo che sembrava preparato e affiatato. Salì sull’autobus, dove molti studenti dei turni pomeridiani si accalcavano. La frase di uno di loro lo colpì: Tanto ai miei non interessa niente, posso portare a casa anche fiumi di note, mi liquidano in fretta, non hanno il tempo materiale per occuparsene. La solita contestazione, pensò; ma intanto non poté fare a meno di ascoltare la replica: Ai miei interessa, sì, e trovano il tempo, ma solo per pontificare e dirmi quello che devo o non devo fare. Sembra che a loro non interessi niente di me, ma che io, i voti e la scuola siamo la stessa cosa! Mai che ti chiedano degli amici o li vogliano conoscere, o delle cose che desidereresti fare. Fortunata te – osservò una minuta ragazza -, mia madre farà una scenata e urlerà, poi sfinita piangerà, e mi dirà che mio padre se la prenderà con lei, se non funziono a scuola. Sai, loro sono separati, ne fanno una questione di efficienza e di confronto. Che razza di genitori mi ritrovo!. Mauro poteva immaginare realtà analoghe anche alle spalle delle assenze strategiche, dei risultati deludenti di compiti in classe insufficienti, o delle giustificazioni di chi si era invece prenotato per le interrogazioni, o dietro le chiacchiere indolenti, durante le interrogazioni. Sentiva gran pena per tutto questo e capiva di voler bene davvero, oltre che a suo figlio, a tutta quella generazione che si arrabattava, talvolta fra deleghe e incoerenze, senza scelte culturali, avviata e diseducata alla deresponsabilizzazione e alla insensibilità, tra delusioni, debolezze, sogni infangati e difficoltà scolastiche, che un serio rapporto di fiducia e autorevolezza avrebbe anche collaborato a risolvere. Ne parlò in casa, deciso a non lasciar scorrere quel momento di difficoltà: ed ecco un dialogo profondo col figlio liceale, fra genitori, sul loro modo di vivere l’educazione, sugli obiettivi comuni, sulla fatica della coerenza. Ecco, papà, dovresti parlare così anche con i miei compagni: ci farebbe bene sapere che qualche genitore capisce i problemi che viviamo e ci dà punti fermi, nonostante le tue rigidità, comunque… . Il giovane non gli aveva risparmiato questa frecciatina; raccogliendo la sfida, Mauro chiese ai suoi qualche ora di isolamento (Per piacere devo lavorare sodo, stasera, non ci sono per nessuno!) e si mise al computer: ne uscì una lettera aperta alla classe: Carissimi, sono un genitore qualsiasi e mi rivolgo a voi perché mi state a cuore tutti, indistintamente. Sono cosciente che voi siete il nostro futuro e mi sono preso l’impegno, per quel che posso, di accompagnare la nuova generazione verso un mondo forte e capace di grandi progetti. E la cosa mi pare ancor più seria, quando penso che ho di fronte ragazzi alla soglia prossima della maggiore età. Non è però il senso di responsabilità che mi spinge a scrivervi, e neppure la delusione che provo talvolta nel vedere alcuni adulti escludere o tradire i giovani, ma la certezza che la difficoltà presentatasi in quest’anno scolastico sia occasione vera di confronto e di maturità per tutti. Questo vorrei dirvi. La classe ha una sua bella storia: vi siete subito accolti reciprocamente con empatia, e le difficoltà sono state vissute certo con sforzo, con valori di collaborazione diversi, ma mai facendo nascere esclusioni e rancori. E questo non è poco. Ci sono stati momenti di discussione, in cui qualcuno, anche dei ragazzi, ha chiesto gesti di responsabilità a chi per ragioni personali o altro ha ferito il gruppo. C’è stata anche una presa di coscienza che così non si sarebbe andati lontano e insieme. Avete avuto poi il supporto di insegnanti che non hanno lasciato al caso questa situazione, che credo francamente si supererà. Alcuni di voi forse hanno dato l’impressione di vivere con indifferenza tutto questo, in nome di un qualunquismo opportunista diffuso, che li ha lasciati con l’amaro in bocca. Coloro che non hanno rispettato le regole si sono sentiti in forte disagio a causa dell’immagine inadeguata e sfiduciata di sé stessi percepita da parte dei compagni e degli insegnanti. Mi dispiace quando un giovane getta la spugna, dichiarandosi perdente: lo penso nel prossimo ruolo nella società e vorrei che fosse capace di ammettere gli sbagli o di superare gli ostacoli con coraggio; ostacoli che saranno ben più ardui di un’interrogazione o un compito in classe, credetemi! La situazione delle interrogazioni programmate verrà risolta, forse in modo drastico, perché non siano a pagare coloro che non meritano, per inadempienze di altri. Ma penso che questo sia un momento passeggero in un gruppo che coglie l’urgenza a fare squadra, a vincere la battaglia più grande all’irresponsabilità, che dilaga spesso anche nel mondo degli adulti. A voi la scelta. Vi lascio le espressioni di Pavel Florenskij, matematico, scienziato e filosofo russo, per ripensarle, se volete: Abituatevi, imparate a fare tutto quel che fate con passione, ad avere il gusto del bello, dell’ordine; non disperdetevi, non fate niente senza gusto, a qualche maniera. Ricordatevi che nel pressappochismo si può perdere tutta la vita, e al contrario, nel compiere in maniera ordinata, armoniosa, anche cose e opere di secondaria importanza si possono fare tante scoperte, che poi vi serviranno come sorgenti profondissime di nuova creatività… Essere chiari e responsabili nel proprio pensiero è il pegno della libertà spirituale e della gioia del pensiero… E guardate più spesso le stelle. Rilesse attentamente il tutto e sembrò a Mauro un patetico tentativo di fare qualcosa. Ma comunque era qualcosa che gli scaturiva dal cuore: fare appello alla capacità dei giovani di amare e rispettare la vita, stimolandoli ad attendersi dai genitori l’autorevolezza indispensabile e ciò che è più vero: l’accoglienza e l’ascolto, perdonandoli se necessario, amandoli, con la loro presenza rassicurante davanti alle difficoltà, apprezzando i loro sforzi di esserci. Vedi – gli disse la moglie a notte fonda, dopo aver letto e condiviso il contenuto della lettera -, sarebbe bello mettere in comune le tue riflessioni con altri genitori, per sostenerci nel costruire qualcosa, anche se sono già grandi. La qualità del dialogo con loro non si esaurisce al liceo, deve continuare su più ampi spazi. Stanno diventando adulti ormai e qualcuno bisogna pure che glielo faccia sentire. Aveva ragione, qualcosa poteva nascere da una lettera aperta, forse un avvio al dialogo; sarebbe stato comunque un modo per non accontentarsi di stare a guardare, ma mettersi in gioco, in cordata, a condividere questa fatica di diventare adulti.

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