Sri Lanka, diritti umani violati e fuga di migranti

Continua la situazione di assoluta emergenza in Sri Lanka. Dopo la fase del crollo economico e delle dimostrazioni di piazza che hanno costretto il Presidente ed il Primo ministro, i fratelli Rajapaksa, a fuggire dal Paese, la situazione continua a destare molta preoccupazione
Sri Lanka (AP Photo/Eranga Jayawardena)

L’emergenza attuale in Sri Lanka è diventata quella dell’ordine pubblico con le dimostrazioni di popolo che si susseguono nella capitale, Colombo, come pure in altre città, come Ratnapura.

Il nuovo presidente Ranil Wickremesinghe, chiamato a traghettare il Paese in questa fase difficile, è un politico di lungo corso ma anche un amico della famiglia Rajapaksa, ed ha imposto lo stato di emergenza che, fra l’altro, prevede il diritto per la polizia di trattenere in stato di fermo fino a 72 ore persone anche solo sospettate.

Inoltre, la polizia ha ora la libertà di entrare, senza i necessari permessi, anche in luoghi di culto. È successo, alcuni giorni fa, a Ratnapura dove, con la scusa di essere sulle tracce di un sacerdote leader delle proteste, la polizia ha fatto irruzione in una chiesa creando terrore e sgomento.

Il sacerdote cattolico aveva ricevuto l’ordine di non lasciare il Paese a causa dell’accusa di aver organizzato, nel giugno scorso, “assembramenti illegali e danni alla proprietà pubblica” durante una manifestazione di protesta. Qualche giorno dopo, la polizia è intervenuta su un aereo di linea, poco prima del decollo, per trascinare via uno dei passeggeri, Dhaniz Ali, noto attivista che aveva organizzato e guidato proteste sulla elegante promenade Galle Sea Face della capitale. Sono stati arrestati anche numerosi giornalisti che con i loro servizi e documentazioni di scontri fra manifestanti e polizia avevano messo a nudo violenze e irregolarità nell’azione degli organi di polizia.

In queste settimane, nel Paese si sono attivate varie istituzioni per i diritti umani, come il Christian Solidarity Movement, che chiedono con insistenza “al governo di rispettare le libertà del popolo sancite dalla Costituzione del Paese”, ricordando, fra l’altro, che l’isola è una delle nazioni firmatarie delle convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti umani.

In un comunicato ufficiale il Christian Solidarity Movement ha dichiarato che «di fronte alla violenza non provocata e ai tentativi illegali di arrestare questi manifestanti» faranno uso di ogni mezzo legittimo «per rendere il Paese e gli amici dello Sri Lanka all’estero consapevoli di queste violazioni». Infatti, si sostiene da parte di questa come di altre organizzazioni di protesta politica e sociale che “il dissenso pacifico è essenziale per sostenere la democrazia e, nel contesto dell’attuale crisi, la credibilità internazionale”. Si accusano ormai sia il nuovo presidente che le istituzioni statali di essere colpevoli di violenze ingiustificate.

Verso la fine di luglio anche la Conferenza Episcopale aveva fatto sentire la sua voce condannando fermamente attacchi contro manifestanti civili disarmati e giornalisti. I vescovi sono convinti, come del resto lo sono molti osservatori e operatori sociali, che la violenza e la soppressione dei diritti umani servirà solo a esasperare “i disordini di massa, danneggiando ulteriormente l’immagine del Paese nella comunità internazionale”. Monaci buddhisti sono attivi con sacerdoti e suore nelle manifestazioni e nella difesa dei diritti umani. Negli ultimi giorni si sono, comunque, susseguite altre manifestazioni e il grande spazio pubblico sulla Galle Face Green è stato occupato da manifestanti accusati di aver compiuto una azione illegale.

Il Paese si trova ormai da quattro mesi nella morsa di una crisi economica senza precedenti, di gran lunga peggiore di quelle attraversate durante la terribile guerra civile. Il debito pubblico è calcolato attorno ai 50 miliardi di dollari. Da mesi l’isola è a secco di carburante e non riesce ad importare medicine e neppure molti prodotti alimentari. Ormai le proteste si sono rivolte anche contro il nuovo presidente, accusato di connivenze con la famiglia dei predecessori e di fare ricorso alla violenza per disperdere le manifestazioni. Lo slogan dei manifestanti è “Ranil Go Gama”: Ranil vai a casa.

La situazione drammatica dell’isola sta creando, non solo tensioni sociali che rischiano di sfuggire definitivamente al controllo dello stato, ma anche nuove emergenze migranti. Dopo la fine della guerra che aveva visto decine di migliaia di singalesi fuggire dal loro Paese verso l’Europa, nelle ultime settimane oltre 300 cittadini srilankesi hanno tentato di raggiungere l’Australia pagando grosse somme di denaro ai trafficanti di esseri umani. La Marina dello Sri Lanka ha intercettato diversi pescherecci carichi di richiedenti asilo, ma almeno due imbarcazioni sono riuscite a raggiungere le acque australiane.

Nonostante il divieto di lasciare l’isola in maniera illegale, i tentativi si susseguono, con grandi rischi per i fuggitivi anche per la distanza delle coste australiane. Il viaggio su quel tipo di imbarcazioni può durare fino a tre settimane. In Australia, recentemente, il nuovo governo laburista ha allentato le regole relative alle questioni di confine e questo incoraggia a tentare di migrare verso quel continente. Non si tratta di gente povera che cerca di fuggire, ma di persone che provengono da fasce anche della media borghesia. Si è aperto un mercato senza scrupoli che aiuta a fuggire verso l’Australia pagando somme esorbitanti. Una nuova piaga per un’isola che continua a soffrire.

 

Asia News

https://www.asianews.it/notizie-it/Wickremesinghe-non-ferma-la-repressione:-polizia-anche-in-una-chiesa-56380.html

 

https://www.asianews.it/notizie-it/Centinaia-di-migranti-srilankesi-rischiano-la-vita-per-raggiungere-l’Australia-56431.html

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