Sposati e sii sottomessa

Chi sta sotto regge il mondo. È la tesi estrema di Costanza Miriano per donne senza paura

Un caso editoriale. Una buona notizia che fa notizia. È il primo libro, speriamo non l’ultimo, dal titolo in controtendenza Sposati e sii sottomessa per i tipi della Vallecchi. L’autrice è Costanza Miriano, una volitiva quarantenne, sposata e madre di quattro figli. Giornalista al Tg3 e temeraria sostenitrice della bontà nei secoli del matrimonio cristiano. Il libro funziona: diretto, personale, profondo, ironico, ben scritto, popolare e colto. Ci sarà da credergli?

 

Un recente studio dell’università inglese di Reading rivela che coloro che si dedicano al prossimo, al lavoro ben fatto, hanno mediamente una vita più lunga, una salute migliore, e una felicità più piena. Una sposa con 4 figli e un lavoro da giornalista rientra in queste statistiche?

«Ovviamente sulla vita più lunga non mi sbilancerei. Attualmente non scommetterei molto sulla mia tenuta, con circa cinque ore di sonno a notte… Quanto alla salute, quella sembra tenere. Anche perché io sono della linea di pensiero dello struzzo: siccome secondo me cerca cerca qualcosa che non va la trovi, preferisco non farmi mai controllare dai medici. Me ne tengo alla larga, e finora loro non sono venuti a cercarmi a casa. Quanto alla felicità piena, per quella metto la mano sul fuoco. Quello che ci stressa è la mancanza di senso. E spendersi per gli altri – la famiglia e oltre – è la cosa più piena di senso che si possa fare».

 

Cosa intende per “sposati e sii sottomessa”?

«Sposati perché il matrimonio ha un senso, se è cristiano. C’è la grazia di Dio, con il sacramento. Questo solo permette di affrontare un’impresa così coraggiosa, per sempre. Quanto alla sottomissione, io la intendo come stare sotto, cioè accogliere, sorreggere, sostenere. Essere un approdo accogliente per il marito e i figli. Le donne, almeno quelle che non si sono perse, lo fanno naturalmente, tutti i giorni!».

 

 E la parità dei sessi? Per alcuni il suo libro è “un inno alla subordinazione”?

« I sessi sono tutt’altro che pari! Uomo e donna hanno, sì, pari dignità, ma sono gli esseri più diversi che si possano immaginare. Il mio dunque non è l’inno alla subordinazione, ma alla differenza, e alla complementarietà. Mio marito fa delle cose che io non farei altrettanto bene da sola, e viceversa. E’ talmente evidente che solo l’ideologia contemporanea potrebbe fingere di non vederlo…»

 

Nell’era del consumo sessuale che senso ha una relazione stabile, addirittura un matrimonio religioso che propone a tutti i tuoi amici?

«Ha il senso dell’impegno, della bellezza, della sfida. Di andare avanti anche se (o forse dovrei dire quando) arrivano i momenti di appannamento, di dubbio, di difficoltà. L’essere umano è un mistero persino a se stesso, e il matrimonio lo protegge dalla propria incostanza, dalle fragilità, dalla debolezza. Il matrimonio è per noi. Non è una gabbia, è una ricchezza!».

 

Suo marito ne esce abbastanza malconcio dal libro, che reazione ha avuto?

«Lei trova? Io non credo proprio. Certo lo prendo in giro, con amore, per i suoi limiti, ma anche io ne ho quanto lui: gli uomini, lo sappiamo, fanno una cosa alla volta e non se la cavano benissimo nei rapporti sociali. Noi al contrario facciamo otto cose insieme e possiamo tenere annodati i fili dell’amicizia con decine di persone. Ma non siamo altrettanto lucide, razionali, capaci di vedere le cose con equilibrio e alla giusta distanza. Tutto il mio libro invece è un inno alla bellezza della differenza, dei ruoli distinti, alla grandezza degli uomini, intesi come maschi, che sono solidi e affidabili e silenziosi, come san Giuseppe. Nel Vangelo lui non parla mai, ma provvede alla sua famiglia in tutto».

 

I segreti di un matrimonio felice?

«La preghiera, l’umiltà, l’umorismo».

 

 Qual è l’idea di fondo che vuole comunicare con il suo libro?

« Il recupero dei ruoli, appunto. E un invito alla donna a riscoprire la sua bellezza, il suo talento, il suo genio, che è prima di tutto quello della relazione, come diceva Giovanni Paolo II nella Mulieris Dignitatem».

 

E, soprattutto, quando lo ha scritto e perché la forma dell’epistolario con commento?

« L’ho scritto di notte, mettendo insieme delle lettere che davvero stavo scrivendo a un’amica per convincerla a sposarsi. Mi sono resa conto che tanti della nostra generazione, io ho 40 anni, hanno perso un po’ le coordinate, in quest’epoca dell’eterna adolescenza, in cui non fare scelte definitive sembra sintomo di intelligenza. Sono lettere a persone vere, cui ho solo cambiato nomi e dettagli. Dopo la lettera un commento per provare a passare dal caso particolare a una riflessione generazionale».

 

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