Spazio all’integrazione

Case, piazze, città: come conciliare le città con i loro abitanti per aiutare la convivenza tra persone di culture diverse? Se n'è discusso a Trento
Trento

La convivenza avviene anche attraverso la pianificazione urbanistica, perché è negli spazi pubblici che la gente s'incontra e si conosce. Sono le piazze, le vie, gli ambienti messi a disposizione dall'ente pubblico, i parchi della città. La città, entità sempre in continuo mutamento, contenitore di persone di età e cultura diverse, è in continua evoluzione perché ad evolvere è l'uomo. Muta e cambia anche il senso di cittadinanza perché in un unico quartiere, in un'epoca di grandi migrazioni, l'uno accanto all'altro, possono vivere persone di diversa provenienza culturale. Come fare a sfruttare questa grande varietà anche per la creazione di spazi (strade, piazze, parchi, ma anche centri scolastici, culturali, sportivi, religiosi) adatti a una vera convivenza?

Questo è l'interrogativo che è stato posto sabato 17 novembre a Trento, presso la Sala Caritro, in un forum pubblico dal titolo “Spazio all'integrazione”, evento organizzato dalla Fondazione Alexander Langer Stiftun e dll' Inu (Istituto nazionale di urbanistica sezione Trentino). Molti sono stati gli interventi. E molte le persone in sala. L'urbanistica può creare convivenza? Sì, se attraverso l'intercultura e l'interdisciplinarità. «L'urbanistica non deve essere unilaterale – ha spiegato Elena Granata – urbanista del Politecnico di Milano, ma deve avviare un dialogo con gli abitanti». Si tratta di una sorta di «partecipazione urbanistica». Per comprendere le reali esigenze del luogo è opportuno coinvolgere tutti i suoi abitanti, dare vita a una «integrazione di pensieri». Bisogna continuamente porsi e porre ai cittadini interrogativi su come migliorare lo spazio urbano.

Anche Rosa Izzo (Inu Alto Adige) ha posto l'accento sulla questione della partecipazione. A Bolzano, ha spiegato, su una popolazione di 105 mila abitanti, il 14 per cento è di origine straniera. Nel capoluogo altoatesino vivono persone di 134 nazionalità differenti, oltre a quella tedesca, italiana e ladina. In un contesto come questo, l'integrazione deve avvenire attraverso una «nuova modalità urbanistica basata sulla partecipazione per comprendere le reali necessità dei cittadini. Per questo – ha spiegato – ci deve essere un cambio di mentalità. Tutti devono collaborare e sentirsi più responsabili nella gestione degli spazi». L'urbanistica deve pensare non solo a concepire i luoghi d'incontro e confronto, ma anche ad ascoltare in modo costruttivo chi abita tali spazi. 

Entrando nel concreto, per quanto riguarda la relazione fra spazio pubblico e integrazione, Aicha Mesrar, mediatrice culturale e consigliere comunale di Rovereto, ha portato la propria esperienza. È in Trentino da 22 anni, dal 2010 siede nel Consiglio comunale di Rovereto e, come lei stessa ha spiegato, «non è integrata. A vedermi con il velo, al primo impatto, la gente pensa che sia araba e che non parlo italiano. La difficoltà è degli altri che non riescono – per fortuna non sono tutti così – a valutare la persona solamente dopo averla conosciuta. È la stessa cosa in Consiglio comunale, dove le opposizioni hanno dato vita ad una battaglia contro la mia presenza con mozioni e ordini del giorno. Io dò tempo a tutti; bisogna avere sangue freddo».

Aicha, sull'aspetto relativo al rapporto tra urbanistica e convivenza, ha raccontato di aver accettato la delega all'integrazione per fare di Rovereto una città «aperta al mondo e alla conoscenza dell'altro. In questi anni sono stati aperti, in un quartiere a nord Rovereto dove vivono persone di 14 nazionalità diverse, dei centri. Nel 2008 è stato aperto un centro per il doposcuola e per altre attività sociali. Questo ha reso possibile il rapporto e la conoscenza e questo – ha concluso – non è poco».

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