Il Movimento Nonviolento è stato molto attivo sulla vicenda ucraina sin dai suoi esordi; ed ora, dopo i rapidi sviluppi innescati dalla presidenza Trump – i colloqui con Putin, l’esclusione di Zelensky, la prospettiva che gli Stati Uniti offrano il proprio impegno a far cessare le ostilità in cambio dell’accesso alle terre rare dell’Ucraina – è tornato a farsi sentire. E senza usare mezze parole: nel testo diramato si afferma infatti che «ciò che sta avvenendo è la spartizione territoriale dell’Ucraina tra Russia e Stati Uniti, dopo tre anni di sanguinoso conflitto, un milione di morti, danni materiali ed economici incalcolabili, sofferenze ed impoverimento generale. La Russia otterrà l’espansione regionale in Crimea e Donbass, gli Stati Uniti metteranno le mani sulle “terre rare”, mentre l’Europa sta a guardare e l’Ucraina ne esce commissariata».
«Questo è il risultato della scelta militare fatta – prosegue il documento -, che ha trasformato l’intera Europa in una regione ad economia di guerra, a traino della Nato. La retorica del “prima la vittoria, poi la pace” si è rivelata per quello che era davvero: “prima la guerra, poi la sconfitta”. E a perderci, prima di tutti, è il popolo ucraino, che vede svanire la propria sovranità, dopo aver sacrificato un’intera generazione di giovani sull’altare del nazionalismo». Una situazione della quale è individuata come corresponsabile anche un’Europa divisa e indebolita.
Mentre i governi dei 27 si riuniscono per parlare di riarmo e misure di sicurezza intese in termini militari, il Movimento Nonviolento puntualizza che questa politica di riarmo è «la stessa che ha distrutto il sistema sociale della sanità e dell’istruzione nei nostri Paesi»; e definisce pertanto un “errore fatale” la scelta di percorrere di nuovo questa via, indicando invece «una politica comune di sicurezza, pace e cooperazione, non di una politica di potenza e difesa militare», con cui proporre «una propria visione democratica alternativa a quella oligarchica di Stati Uniti e autoritaria della Federazione Russa».
Vengono quindi individuati cinque punti di azione nell’ottica della costruzione di una vera pace:
– Creare una “linea di pace” sui confini tra Europa e Russia (Norvegia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Bielorussia, Ucraina) con l’istituzione di una zona smilitarizzata (cioè vietata alla presenza di qualunque esercito o struttura militare) di 500 chilometri di larghezza e 3000 chilometri di lunghezza, per favorire la distensione; e preceduta dallo sviluppo di meccanismi di verifica. Così, «anziché concentrarsi sulla militarizzazione nazionale, ci si concentra su una zona di demilitarizzazione internazionale, paneuropea, affidata a tutti i Paesi coinvolti».
– Avviare immediatamente una moratoria nucleare che coinvolga i Paesi detentori di armi nucleari presenti sul continente europeo (Francia, Regno Unito, Russia, e Stati Uniti), impegnandoli a non utilizzarle, e ad aprire negoziati per l’adesione concordata e multilaterale al TPNW (Trattato per la messa al bando delle armi nucleari).
– Avviare un progetto esecutivo per la costituzione di un Corpo civile di pace europeo, per la gestione non militare della crisi. Lo scopo è quello di intervenire a livello civile nei conflitti prima che questi sfocino in guerra. Questi Corpi di pace sarebbero costituiti e finanziati come una brigata permanente dell’Unione europea, la cui costituzione rientrerebbe direttamente nelle competenze della Commissione.
– Dare la parola ai movimenti civili e democratici che in Russia, Ucraina e Bielorussia si sono opposti da subito alla guerra e hanno avanzato proposte di pace, a partire dal sostegno agli obiettori di coscienza, ai disertori e renitenti alla leva delle parti in conflitto. Convocare con loro, veri portatori di interessi comuni, un “tavolo delle trattative” in zona neutrale e simbolica (come Città del Vaticano).
– Convocare una Conferenza internazionale di pace (sotto egida Onu, con tutti gli attori internazionali coinvolti e disponibili) basata sul rispetto del diritto internazionale vigente e sul concetto di sicurezza condivisa, che metta al sicuro la pace anche per il futuro.