Spagna: ore di lavoro a settimana?

Nuovo orario di lavoro in Spagna: si passerà dalle 40 ore settimanali (come in Italia) a 37,5, a partire dal 2025. Però senza ridurre lo stipendio.
La vicepresidente del Consiglio e ministra del Lavoro e dell'Economia Sociale spagnola Yolanda Díaz alla Camera Bassa del Parlamento a Madrid, Spagna, 25 settembre 2024. EPA/Javier Lizon

“La Spagna non è il Paese europeo dove si lavora di più”, scriveva un anno fa il giornalista Jorge Otero quando sono iniziati i dibattiti intorno alla proposta di ridurre la giornata lavorativa. Invece la Spagna “è in testa nell’insoddisfazione lavorativa” quando si tratta di equilibrio tra lavoro e tempo per la vita privata. Cioè, il 24% dei lavoratori spagnoli afferma di lavorare troppe ore, mentre nel resto d’Europa la media d’insoddisfazione è sul 13%.

Ecco perché un punto rilevante del programma elettorale del Movimiento Sumar, la coalizione di sinistra oggi alleata di governo con i socialisti di Pedro Sánchez, è stato la riduzione dell’orario di lavoro da 40 a 35 ore settimanali, da raggiungere entro il 2027, quando finirà la legislatura. Essendo questo un discorso politico, ideologico, economico e sociale, non poteva evitare di offrire spunti di controversia.

L’attuale settimana lavorativa di 40 ore è in vigore dal 1983. Fino ad allora era stata di 43 o 42 ore, a seconda che la giornata fosse continua o frazionata. Ora la negoziazione in corso tra governo, imprenditori e lavoratori si orienta verso le 37,5 ore settimanali, cioè 2,5 ore in meno rispetto ad ora, da distribuire durante la settimana, secondo gli accordi in ogni settore e pure in ogni azienda. Per raggiungere il traguardo delle 35 ore bisognerà quindi aspettare un eventuale ulteriore sviluppo nel panorama politico.

L’affermazione del giornalista Otero, tenuto conto del contesto europeo dove “lo scenario più comune” è quello delle 40 ore settimanali (come in Spagna), voleva mettere sul tappeto che “se prendiamo come riferimento gli orari di lavoro negoziati attraverso i diversi contratti collettivi di ciascun Paese […], non si lavora il numero di ore stabilito dalla legge”. Nel caso della Spagna, dice in sostanza Otero ripetendo le parole del Segretario generale del sindacato socialista Ugt, l’orario lavorativo massimo annuale negoziato nei contratti collettivi è inferiore di 84 ore, vale a dire “un’ora e mezza in meno la settimana rispetto a quanto stabilito dalla legge”. In pratica, lo stesso tempo che la ministra del lavoro Yolanda Díaz sta cercando di definire come norma di legge.

I dati di Eurostat mettono oggi l’orario lavorativo effettivo spagnolo in 36,1 ore settimanali. Cioè, una via di mezzo tra i Paesi con orario più corto (Germania, Paesi Bassi, Danimarca, Austria, Finlandia, Belgio, Svizzera, Irlanda e Norvegia, con meno di 35 ore) e quelli dove si lavora di più: Portogallo, Grecia, Romania, Croazia, Slovenia, Polonia e Italia; anche se ben lontano dalle 42,3 ore della Serbia.

In pratica, la sfida della ministra Yolanda Díaz è di tessere una trama lavorativa che tenga insieme le richieste dei datori di lavoro (contrari alla riduzione di orario), le istanze dei sindacati (favorevoli all’orario ridotto) e gli impegni presi dal governo socialista (di ridurre l’orario ma non lo stipendio).

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