Sotto il cielo di Roma

La fiction di Raiuno su Pio XII totalizza sei milioni di spettatori, nonostante le contestazioni e le critiche. I fatti storici affrontati con delicatezza e senza sconti
Gli interpreti Sotto il cielo di Roma

E’ una fotografia, forse la più intensa e drammatica che Roma ricordi della sua storia recente: è Papa Pio XII che, con le braccia aperte al cielo, invoca Dio in mezzo alle rovine del tremendo bombardamento nel quartiere San Lorenzo: è il 19 Luglio 1943.

 

Da quella scena è partita la fiction Sotto il cielo di Roma. Non era facile raccontare Roma e il suo Defensor Civitatis negli anni dell’occupazione nazista, senza cadere nelle trappole che una certa storiografia troppo rigida ci ha lasciato su Papa Pacelli. Eppure, Rai e Lux Vide sembrano avercela fatta, facendo in modo che produzione, sceneggiatura e regia scavassero a fondo nelle vicende di un periodo tragico per Roma e per la sua comunità ebraica, offrendoci una rievocazione storica ed emotiva che ha riconsegnato al grande pubblico l’enorme complessità del contesto in cui ha operato Pio XII.

 

L’occupazione nazista, il rastrellamento del ghetto e il mancato rapimento del Papa: sono i fatti a noi resi più vicini grazie alla narrazione di un’amicizia e di un amore fioriti da queste tragedie: quella fra il giovane partigiano Marco, l’ebreo Davide e Miriam. Mentre il primo morirà, tra gli ultimi due nascerà un legame, segno di speranza e forza che ogni vita che continua porta con sé.

 

E’ un tratto delicato quello usato sia dagli sceneggiatori sia dal regista canadese Christian Duguay, che non ha lasciato niente al caso, affrontando di petto fatti storici con serietà. Sotto il cielo di Roma èun prodotto che ha due grandi meriti che proviamo a delineare: il primo è quello di aver reso tangibile la vita del ghetto di Roma nella sua straordinaria normalità di grande famiglia allargata, dove la solidarietà e l’aiuto reciproco erano di casa; il secondo è quello di aver dato un’occasione di riflessione trasparente su una figura come quella di Eugenio Pacelli, mostrando gli sforzi della Chiesa per il trionfo della pace e del bene comune. La sceneggiatura non ha omesso i drammi e i dubbi che hanno accompagnato scelte delicatissime, che la storia ha giudicato forse troppo in fretta, ma allo stesso tempo ha dato valore alla relazione tra cristiani ed ebrei, in un mosaico dall’eco struggente.

 

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