Sostegno a distanza: come un’unica famiglia al di là del mare

L’impegno di Lorenza e della comunità del Trentino a sostegno dei progetti di Afn, Azione famiglie nuove in Libano e Siria non si arresta nonostante la pandemia. L’ultima recente iniziativa è la raccolta dei fiori di Sambuco.  
Libano foto Onu

Lorenza è un’infermiera in pensione. Dice di essere timida, ma a me sembra un vulcano di intraprendenza e generosità. Impegnata nel dialogo interreligioso, la sua passione è vivere per gli altri, specie i più bisognosi. Vicini e lontani. «Nel nostro territorio, a Rovereto, ci sono persone di provenienza araba. Vivendo vicino a queste famiglie mi sono resa conto delle difficoltà che incontrano ogni giorno, non avendo padronanza della lingua italiana. Le affianco ad esempio nella prenotazione di un esame specialistico, nel leggere i referti online, nell’iscrizione dei figli a scuola, nel custodire i bambini quando c’è la necessità se nonne e zie sono rimaste nei Paesi d’origine. Le varie persone con cui sono in contatto sono contente di  aiutare chi ha bisogno e così condividiamo le necessità di tutti. Una famiglia siriana arrivata in città attraverso i corridoi umanitari, ad esempio, cercava uno stenditoio e una borsa carrello per la spesa. Ho comunicato queste richieste  e già la sera ho potuto consegnare gli oggetti, con sorpresa degli amici. Sto facendo questa esperienza, che Dio interviene nella vita di ognuno, dando una risposta attraverso la vicinanza dei fratelli».

Siria e Libano sono nel tuo cuore, come nasce questo amore?
«Nasce col Sostegno a Distanza (SAD) di AFNAzione Famiglie Nuove Onlus, che ho avviato tanti anni fa: era il 1990. Avevo letto su Città Nuova il lancio del progetto in Libano. Le conseguenze della guerra cominciata alla fine degli anni ’70 erano terribili. C’era bisogno di sostenere e incentivare l’educazione dei ragazzi affinché non lasciassero il Paese e fossero di aiuto per la ricostruzione del Libano. Ho sostenuto un bambino a distanza durante la sua crescita. Oggi Johny ha 40 anni e lavora a Dubai. Dal 2008 ho tramutato il suo SAD in  sostegno al Centro medico sociale di Beirut che porto avanti tuttora. Quando sono stata a Beirut prima dell’esplosione  nel 2020, non ho potuto visitare il progetto poiché ero legata al gruppo della diocesi con cui sono partita. Tornata in Italia, ho scritto alla referente SAD, Janine, che mi ha  detto: “Ma perché non ce lo hai fatto sapere, ti avremmo raggiunta noi!”. Ho sentito il dispiacere per non essermi incontrata con queste persone che  sento come la mia famiglia».

In che modo ti senti parte di questa famiglia?
Negli anni Janine e lo staff del progetto in Libano hanno sempre avuto cura di inviarmi degli aggiornamenti. Raccontavano della situazione precaria, la sfiducia, la disperazione della gente e del contributo dei sostenitori che arrivava come un balsamo su tante ferite. Era una corrente d’amore che andava e tornava: un essere legati in un unico discorso di vita, di relazione. Guardo la teca di AFN, una teca grossa piena di lettere dal ‘90 ad adesso, piena di relazioni che ogni volta mi toccavano il cuore perché traboccanti di gratitudine, di affetto, di positività! Prima erano  lettere postali, ora arrivano via mail e io tengo tutto. Sia le letterine del bambino, sia gli aggiornamenti, le foto, tutto è prezioso. È come essere un’unica famiglia al di là del mare. Sentirsi partecipi di quello che si vive lì, il dolore e la speranza. La precarietà,  ma anche la gioia dei bambini dei quali l’equipe del Centro si prende cura, espressione della forza della vita che va avanti ».

La Siria?
«Anche la Siria è nel mio cuore, con amici del Trentino seguivamo le vicende del popolo siriano sul sito di AFN e di AMU, Azione mondo unito. Ci chiedevamo cosa potevamo fare per aiutare concretamente in questa situazione drammatica. Abbiamo organizzato delle cene solidali che non solo permettevano di raccogliere denaro per i progetti, ma erano anche un’occasione per stare insieme e coinvolgere persone cristiane e musulmane. Ricordo alcune signore arabe che hanno dato un contributo, preparando vassoi con i dolci tipici del loro Paese. Ho cominciato a dialogare con loro e a farmi vicina alla sofferenza di questa comunità di siriani musulmani. Poi abbiamo aderito alla raccolta firme per sospendere l’embargo provando un grande dolore perché l’iniziativa non ha raggiunto l’obiettivo sperato. Ultimamente, sul sito di AFN è stata pubblicata una lettera di Robert Chilaud(referente del progetto in Siria), venuto a Trento qualche mese fa e con cui avevamo fatto in precedenza un incontro on line sentendolo così molto vicino».

Il nuovo aggiornamento di Robert ti ha spinta a farti ancora promotrice di solidarietà. Cosa è stato per te?
«Robert raccontava della situazione attuale in Siria e umilmente chiedeva aiuto. Mi ha colpito quando diceva che la gente sta perdendo speranza, forza, ma faceva anche l’esempio di un momento in cui la Provvidenza aveva risollevato e ridato coraggio a una persona. È importante vivere insieme, perché insieme puoi trovare la forza per risollevarti. Ho fatto subito una donazione personale e poi ho pensato di condividere questa necessità della Siria con la comunità di Rovereto: abbiamo una cassa comune che usiamo per sostenere qualche povero e pagare la spesa per l’utilizzo delle sale per i nostri incontri. Da più di un anno però non abbiamo potuto riunirci, perciò c’era una rimanenza. Tutti della comunità sono stati d’accordo a inviare un segno della nostra solidarietà per sostenere  il programma emergenza Siria di AMU e AFN. Ognuno di noi ha qualcuno accanto che ha bisogno, però non possiamo dimenticare chi è così provato, anche se lontano da noi».

È stato possibile organizzare iniziative di solidarietà anche con la pandemia?
«Non abbiamo potuto più fare le cene in questi due anni, però anche l’estate scorsa un bel gruppo di famiglie si è ritrovato in Valle di Non per il quarto anno consecutivo per l’operazione “Succo di mela solidale” grazie al supporto del Consorzio Melinda, che ha donato le mele per la produzione di ottimi succhi, venduti per sostenere i progetti in Siria. Era però urgente pensare a qualcos’altro. Così ci è venuto in mente di realizzare e proporre ai conoscenti lo sciroppo di sambuco, una bevanda rinfrescante apprezzata in Trentino durante l’estate. Una ditta locale, venendo a sapere che l’iniziativa era per un’opera di solidarietà, ha scelto di fare questo lavoro gratuitamente. Noi paghiamo le bottiglie e ci attrezziamo per la raccolta dei fiori di questa pianta che nasce spontaneamente lungo il fiume Adige e nelle campagne. Una prima raccolta l’abbiamo realizzata con una ventina di persone nella nostra valle e altrettanti volontari in una zona sopra Trento. La ditta ci aveva chiesto almeno 10 kg di fiori per la produzione, ma io non avrei scommesso neanche un caffè che avremmo potuto raccogliere questa quantità perché la fioritura era indietro. Quando abbiamo pesato le borse coi fiori, erano 32 kg! Tra due settimane sarà completa anche la fioritura nei boschi submontani ed allora faremo un’altra raccolta. Ognuno di noi si farà promotore della vendita dello sciroppo di sambuco tra i propri conoscenti, dato che al momento non possiamo fare banchetti e il ricavato è destinato all’Emergenza in Siria».

 

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