Solidarietà e diritti umani

La testimonianza di tre storie di grande umanità in occasione della consegna del premio di dottorato sui diritti umani intitolato alla studiosa Maria Rita Saulle  
ANSA/ELIO DESIDERIO

Si è svolta nel cuore di Roma, recentemente, la XI edizione del Premio Nazionale “Maria Rita Saulle”, riservato a studiosi under 30, con tesi di Dottorato sui diritti Umani. Quest’anno la vincitrice è stata Mariacarmen Ranieri, con un’interessante lavoro su: “Le origini nel diritto e il diritto a conoscere le proprie origini”.

Contestualmente, sono stati consegnati dei riconoscimenti speciali a tre personalità individuate tra coloro che maggiormente hanno sostenuto con il loro impegno la difesa dei diritti umani, per scelta, vocazione e missione. Sono Pietro Bartolo, neo parlamentare europeo già responsabile del Poliambulatorio di Lampedusa, Mario Bruno, sindaco di Alghero fino a maggio di questo anno e padre Jorge Crisafulli, responsabile della comunità di Freetown.

Un filo appare legare i premiati con Maria Rita Saulle, figura poliedrica, docente universitaria, più volte rappresentante dell’Italia nei consessi internazionali, giudice della Corte Costituzionale, cristiana impegnata a portare l’attenzione per i diritti umani, fuori dall’alveo delle “buone azioni” caritatevoli o filantropiche, convinta che costituiscono un argine da difendere, e che ma non basta che “pochi” lo sappiano…, ma occorre formarsi per sostenere con conoscenze e competenze scientifiche solide, gli sforzi di tutti coloro che vogliono realizzare una mutua convivenza pacifica tra gli individui, i popoli e le nazioni.

Della vincitrice del premio, la giovane dottoressa Ranieri, colpisce la determinazione nel mettere al centro dei propri studi uno dei temi più stringenti del nostro tempo, perché “tutti vogliamo sapere da dove veniamo”, ma questa istanza deve fare i conti con i cambiamenti che hanno investito il diritto di famiglia, e la conseguente, inesorabile, trasformazione dei rapporti tra chi genera e chi è generato. Con la freschezza di un’intelligenza libera dalla presunzione di certezze precostituite, presenta la complessità delle funzioni che costituiscono il mondo delle relazioni parentali, come l’unico vincolo che riporti alle ragioni comuni dell’ordinamento le pretese individuali.

Per quanto riguarda i riconoscimenti speciali, si inizia con Pietro Bartolo, il medico che a Lampedusa, in 25 anni insieme alla sua squadra, ha visitato, soccorso e medicato circa 300mila persone. Parla a braccio e ci confida il suo strazio nell’ accogliere i vivi e nel raccogliere i morti, con l’umanità di chi si accorge che i migranti “sono persone anche loro ed hanno sogni anche loro come noi”, costrette, loro malgrado, ad affrontare l’approdo più difficile della loro vita, dando voce al loro carico di disperazione ma anche di speranza.  Sceglie di raccontarci la storia di Anila 8 anni,” perché è una di quelle con un lieto fine”, tra quelle raccolte nel suo ultimo libro “Le stelle di Lampedusa”. Questa bambina ha attraversato il deserto, ha vissuto nei campi di detenzione, e subìto le più atroci torture e violenze per raggiungere la mamma. Infine è approdata a Lampedusa e dopo mesi di attesa snervante, grazie all’impegno di Pietro Bartolo, è riuscita a ritrovare la madre e a superare tutte le difficoltà burocratiche che hanno consentito il ricongiungimento tra mamma e figlia.

La storia di Mario Bruno, già sindaco di Alghero, parte da una tragedia familiare avvenuta a due giorni dal Natale scorso. Ci racconta della sua visita nella casa della donna uccisa dal marito, non appena saputo della notizia, e di essersi trovato davanti due bambini sotto shock: “la mamma mi ha promesso di portarmi allo stadio a vedere la Juve per il mio compleanno, ora come faccio?”, “Ti porto io” la risposta di getto del sindaco, che ha  raccolto la disponibilità solidale degli algheresi e promosso “l’adozione di cittadinanza” per i figli di Michela, con l’auspicio che la comunità si prenda carico e cura dei figli della donna, vittime di violenza. Dice Bruno che questo è stato: «Un riconoscimento non alla mia persona, ma alla cittadinanza intera che, istituendo il fondo, adottando i bambini fino al compimento di tutto il ciclo scolastico e l’inserimento lavorativo, si è fatta collettivamente risposta. Una risposta autenticamente politica, di cittadinanza attiva…Un fondo, quello istituito ad Alghero, già diffuso in tanti comuni italiani, che ha fatto scuola. Ed è nato da una comunità che ha voluto essere, prima di tutto, risposta d’amore. Amore politico, appunto e perciò ancora più autentico».

Si conclude con padre Jorge Crisafulli, sacerdote argentino salesiano e missionario nell’Africa occidentale anglofona da 22 anni, responsabile della comunità di Freetown in Sierra Leone, uno dei Paesi più poveri dell’Africa e tra gli ultimi nelle classifiche economiche, sociali, educative e sanitarie del mondo.

In particolare ha avviato un programma Girls OS + per difendere e liberare bambine e ragazze tra i 9 e i 17 anni dalla prostituzione giovanile in Sierra Leone. Il premio va tutto al suo impegno e dedizione per l’opera educativa che svolge in loro favore, con la finalità di trasmettere a tutta la comunità locale l’amore e il rispetto per la vita. Perché anche le bambine di Freetown, nonostante l’infanzia bruciata, meritano di crescere, tramite un programma di istruzione, lavoro e riscatto sociale. La sua missione e quella dei suoi confratelli si rinnova ogni giorno; con un pulmino per le strade della capitale, raccolgono queste adolescenti che si trovano in strada, e non per andare a scuola o a casa. Con tratti di rara limpidezza, il salesiano testimonia le conquiste e i traguardi raggiunti grazie all’impegno e alla fede, in particolare la meta più preziosa: sentirsi profondamente amati da Dio.

 

 

 

 

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