Sinodo, lavoro, ambiente: quale Chiesa?

L'Assemblea generale dei vescovi italiani ha deciso, il 24-27 maggio scorso, di avviare il cammino sinodale. Un percorso significativo che riguarda tutto il popolo di Dio.

Sono passati sei anni dall’invito di papa Francesco al Convegno ecclesiale di Firenze e non erano più possibili mezze risposte, nonostante le titubanze di molti vescovi. “Annunciare il Vangelo in un tempo di rinascita“: questo il titolo del cammino sinodale, ” dal basso in alto, nelle piccole comunità, nelle parrocchie”. Un processo che richiederà pazienza e lavoro, per far parlare la gente, «e che esca la saggezza del popolo di Dio», ha sollecitato il pontefice. Non sappiamo come finirà questo «processo necessario che permetterà alle nostre Chiese che sono in Italia di fare proprio, sempre meglio, uno stile di presenza nella storia che sia credibile e affidabile».

Da uno sguardo alle ferite della società, che cosa verrà fuori? Se ne intuisce l’urgenza. Ascolto, ricerca, proposta: da un modello pastorale in cui le Chiese locali dovevano recepire gli orientamenti Cei ad una piramide rovesciata che introduce il cammino sinodale dal basso, per ascoltare i territori ed arrivare a proposte ed azioni comuni. Si tratta di smuovere il corpo ecclesiale e rafforzare la sua presenza nella società, a partire da Evangelii Gaudium e Convegno di Firenze 2015. È una occasione di rinnovamento della pastorale e anche di strutture diocesane appesantite nel tempo, dentro una nuova dinamica circolare. Nel tempo della rinascita dopo la pandemia, è necessario individuare un’agenda di “punti di ricerca”, fecondata dall’annuncio evangelico. Insomma dobbiamo trovare i punti cruciali per il prossimo futuro. Tra questi assume importanza per una società rigenerata l’impegno civile attraverso i corpi intermedi, fino ad una cittadinanza attiva e ad un impegno politico all’altezza della ripresa e rinnovamento auspicati. La Carta d’intenti prefigura un cammino sinodale per gli anni 2022, 2023, 2024 fino a confluire nel Giubileo del 2025.

Quale rischio corriamo come Chiesa? Di essere scavalcati dalla storia. Come conciliare, infatti, kerigma cristiano e tragedia della pandemia? Siamo consapevoli della crisi, della facilitazione della fede e del rischio di separazione tra istituzione ecclesiastica e popolo di Dio? Siamo di fronte ad una crisi culturale ed antropologica profonda. Assistiamo anche ad un intreccio tra Chiesa universale e locale. La Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi ha annunciato che il 17 ottobre 2021 partirà dalle Diocesi una consultazione delle Chiese locali sul tema della sinodalità, prima su base continentale fino al 2023 per poi concludersi nell’ottobre dello stesso anno a Roma come Chiesa universale. La sfida consiste pertanto nel rendere visibile un “Noi ecclesiale” inclusivo, espressione della Chiesa “popolo di Dio”. Lo sguardo sarà rivolto alle ferite della società, a partire dal lavoro, per rendere concreta la prossimità. In questo contesto si svolgerà la Settimana sociale dei cattolici a Taranto, 21-24 ottobre. La prospettiva è «dare un contributo per sostenere e orientare la formazione di un nuovo modello di sviluppo capace di ridefinire il rapporto tra economia ed ecosistema, ambiente e lavoro, vita personale ed organizzazione sociale». Sullo sfondo il magistero di papa Francesco con le encicliche Laudato sì e Fratelli tutti. Anche questo vuole essere un cammino di popolo verso un modello di sviluppo a sostenibilità integrale. Si parte dai volti feriti nel mondo dopo la pandemia. La Laudato sì ci aiuta infatti ad osservarli con la sapienza della creazione che apre alla profezia di cieli nuovi e terre nuove. «Tutto è connesso», «tutto è in relazione». Da qui la denuncia della “distruzione estrattiva” nella Esortazione apostolica Querida Amazonia. Non si può affrontare la questione ecologica senza affrontare quella sociale dello sfruttamento dei poveri. Chiara è la relazione tra degrado ambientale, cambiamenti climatici, povertà e flussi migratori. Con la pandemia abbiamo compreso che ambiente, salute e lavoro sono strettamente collegati.

Quale visione di futuro allora? Non abbiamo alternativa alla transizione ecologica nel quadro dell’ecologia integrale. È urgente il cambiamento del paradigma economico per favorire uguaglianza, inclusione, giustizia sociale recuperando il valore dei beni relazionali e comuni. Non resta a Taranto che partire dalle buone pratiche nella prospettiva della sussidiarietà. Dobbiamo infatti diffondere nel nostro tessuto sociale percorsi di vera “resilienza trasformativa”. Pertanto camminiamo insieme verso Taranto e oltre per una ecologia integrale, per fare in modo che Laudato sì e Fratelli tutti entrino nella pastorale ordinaria delle diocesi coinvolgendo soprattutto i giovani. Sono chiamati in causa gli stili di vita personali e comunitari di tutti noi nei prossimi decenni.

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