Sindrome acuta respiratoria

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Informazioni precise e perciò rassicuranti si alternano ad altre approssimative e preoccupanti sulla cosiddetta “sindrome acuta respiratoria grave” (Sars). Fino ad oggi sappiamo solo che tratta di una polmonite la cui causa ancora ignota. Gli specialisti in malattie infettive la chiamano “infezione orfana”, anche se si sospetta un virus modificato e vediamo perché. Si è manifestata in limitate regioni della Cina nel novembre del 2002, estendendosi gradualmente nel continente asiatico, in Usa ed in Europa. Il contagio dunque origina da una regione del lontano oriente dove esistono grandi allevamenti a cielo aperto di polli e maiali, in condizioni sanitarie inaccettabili. In essi i virus possono mutare, subire cioè un processo di ricombinazione genetica con ceppi virali nuovi dei polli o dei suini, che li rendono inizialmente sconosciuti al sistema immunitario umano e perciò aggressivi. Ciò spiega perché, di solito le epidemie influenzali iniziano in Asia ed il governo cinese, anche in questo caso, non è stato solerte a comunicarlo alle autorità sanitarie. Un esempio per tutti: l’Asiatica di qualche anno fa. Ecco perché, alla presenza di febbre elevata, tosse secca, difficoltà o insufficienza respiratoria, con un quadro di polmonite, che colpisce soggetti provenienti dal nord della Cina è scattato il sospetto dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), di “caso probabile” di Sars. I casi globalmente segnalati finora all’Oms sono 2000 con una mortalità del 3,5 per cento, ulteriormente ridotta in Europa. Se consideriamo che i casi mortali di polmonite dovuti a germi noti, curabili normalmente con antibiotici, si aggirano intorno al 5 per cento, appare evidente che quei media che parlano di un killer non sono bene informati e spargono terrore ingiustificato. In queste circostanze è buona regola la pulizia degli ambienti, ma sopratutto la “mascherina” ed i guanti; i virus, infatti, se di virus si tratta come appare probabile, non hanno la capacità di sopravvivere nell’ambien- te ma solo sull’uomo. Il contatto interumano, mediante la tosse o le mani che poi vanno a toccare le mucose, come la bocca o gli occhi, ci fa comprendere perché bisogna essere solerti nella pulizia del corpo. Le epidemie d’influenza invernale si sviluppano nelle scuole, nelle caserme, nelle comunità di lavoro o religiose proprio per questo. Certamente la non conoscenza della causa di questa forma atipica di polmonite è motivo di preoccupazione perché ciò non consente una terapia antibiotica “mirata” o l’allestimento di un vaccino. Fino ad ora le persone colpite sono curate con mezzi di sostegno (ossigenoterapia, riposo assoluto, idratazione, cardiocinetici, antifebbrili, ecc.) nella maggioranza dei casi. Il pericolo è per gli anziani, i debilitati, i portatori di malattie croniche come le cardiopatie, il diabete, l’insufficienza renale o epatica. Giustificati appaiono perciò i provvedimenti prudenziali presi dall’Oms nello sconsigliare i viaggi in Cina, dall’Italia e da altri paesi; nello stabilire controlli agli aeroporti e dagli Usa; nell’ordinare la “quarantena” per i casi sospetti. Pensare però ad un’apocalittica pandemia, del tipo “Spagnola del 1918” o “Asiatica” è del tutto ingiustificato, visto che, nonostante le maggiori possibilità di contagio offerte dai moderni mezzi di comunicazione, la diffusione della sindrome non è stata così imponente nei sei mesi che sono trascorsi dalla segnalazione del primo caso. Più ragionevole tenere presente che sicuramente, in breve, i laboratori di microbiologia potranno identificare l’agente in causa, virus o altro, premessa importante per trovare un trattamento specifico o un’efficace profilassi. Prudenza quindi, ma non allarmismo. Molto opportuno sarebbe invece “costringere” le autorità cinesi, con le armi della politica e della diplomazia, a rendere innocui gli allevamenti citati mediante provvedimenti igienici adatti, evitando così i gravi costi umani ed economici che quasi ogni anno l’Europa e gli Stati Uniti devono subire per questa ragione. Un medico, un eroe Carlo Urbani, il medico di Castelplanio ucciso dal virus della polmonite atipica da lui per primo individuato, è stato insignito di medaglia d’oro al merito della Sanità pubblica. Una medaglia “per l’attività sanitaria e sociale offerta con generosità e silenziosamente alle popolazioni più diseredate”. A consegnare l’onorificenza alla vedova dello scomparso, la signora Giuliana, è stato il presidente della repubblica in occasione della Giornata mondiale della sanità. “Abbiamo il dovere di onorare la memoria di un medico, di un cittadino coraggioso, di un padre e di un marito strappato ai suoi cari mentre indagava un morbo terribile e sconosciuto” ha affermato Carlo Azeglio Ciampi nel corso della cerimonia svoltasi al Quirinale per onorare l’operato di fondazioni e ricercatori nel campo sanitario. Carlo Urbani, un medico di frontiera che aveva preferito la lontana Hanoi a una comoda cattedra all’università di Macerata. “Un eroe – ha aggiunto il presidente – che ci lascia un insegnamento prezioso, che scuote la coscienza di ciascuno di noi: il benessere e la salute devono diffondersi in modo uniforme tra i popoli”. Funzionario dell’Organizzazione mondiale della sanità e presidente di Medici senza frontiere (per i quali aveva ritirato il Nobel), Urbani era una persona schiva, di poche parole; un cristiano che “operava in silenzio e modestia” – come lo ha definito il ministro della Salute Sirchia, presente anche lui alla cerimonia – e che dalla fede attingeva quella passione verso gli ultimi che lo portava ad affrontare le situazioni più dolorose sempre con una carica di speranza.

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