“Il Sindaco del Rione Sanità” secondo Mario Martone

Il capolavoro di Eduardo De Filippo è riportato alla sua potente carica di attualità dei giorni nostri perché, come spiega il regista, «il teatro è vivo quando s’interroga sulla realtà, se parla al proprio pubblico non solo osando sul piano formale ma anche agendo in una dimensione politica»

«Chi non tiene santi in Paradiso va da Don Antonio». Il personaggio del camorrista sindaco Antonio Barracano, “uomo d’onore” che distingue tra “gente per bene e gente carogna”, che amministra a modo suo i fatti del quartiere regolando la malavita, protettore dei poveri, abile nel praticare l’arte di arrangiarsi, con un’autorità garantita da un passato di apparente innocenza davanti alla legge, che arriva anche a risolvere una lite per debiti con una sorta di gioco di prestigio, è una figura che Eduardo De Filippo, negli anni ’50, prese dalla vita, osservatore com’era della società e dell’uomo.

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Attinge direttamente alla realtà la versione di Mario Martone de Il sindaco del Rione Sanità, un innesto nella Napoli di oggi – che assomiglia tanto al Gomorra televisivo –, sia per gli interpreti quasi tutti giovani (gli attori del Nest-Napoli Teatro Est di San Giovanni a Teduccio), che per il rimando all’attualità delle cronache quotidiane. E una tale operazione la si può pensare per avvicinare maggiormente i giovani al teatro del grande drammaturgo napoletano che altrimenti, alle loro narici, odorerebbe di vecchio. Con un rap iniziale e colpi di pistola in platea, quasi un prologo che dice subito l’attualizzazione, Martone ne fa una messinscena furiosamente dinamica nel ritmo e nella recitazione prettamente dialettale – e con espressività fisiche di stampo televisivo, come quel parlarsi minaccioso faccia a faccia quasi a toccarsi –, in opposizione a quella tradizionale più pacata della quale mantiene tutta la struttura.

Se il protagonista immortalato da Eduardo, saggio e ignorante a un tempo, era un anziano 75enne, qui il boss di turno è un quasi 40enne vestito di nero e palestrato, padre di un figlio adolescente e di una bambina, e circondato da fedeli malavitosi più giovani. Più maturi sono invece il medico e consigliere, chiamato “professore”, tenuto in casa a operare i feriti dei regolamenti di conti che avvengono nel rione; e il ricco panettiere, disubbidiente a piegarsi all’intrusione del boss nella sua vita privata che vede il figlio intenzionato a ucciderlo per un contenzioso famigliare. Ma sarà proprio l’essersi preso a cuore la vicenda per appianare la lite tra padre e figlio, a determinare il drammatico finale in cui Barracano troverà la morte.

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L’adattamento di Martone fa risaltare il valore della famiglia anche nel nuovo boss, violento e dolce, padre affettuoso e marito innamorato, il cui credo è fondamento indiscutibile, ma allo stesso tempo vien meno, proprio per la giovane età dell’interprete, quel dato rilevante di personaggio vissuto, miserando e grandioso, carogna e saggio, che arriva ad abbandonarsi e a lasciarsi morire per non mettere a rischio la sua famiglia, e accetta la fine come una liberazione da quella vita vissuta come un peso.

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Al posto della villa sontuosa e barocca di edoardiana memoria la stilizzata scenografia (di Carmine Guarino) illuminata da fredde luci al neon, colloca la vicenda in un interno domestico nero con mobili in plexiglas e pavimento trasparente, poltrone di pelle e arredi dorati, e una porta con cancello di ferro: un moderno bunker di lusso. Lo spettacolo funziona al di là di altre considerazioni, e non può che far piacere vedere il grande successo di pubblico che riscontra, con la partecipazione attenta di moltissimi giovani. Merito anche di un cast che mette insieme diverse generazioni. E spicca la presenza carismatica di Francesco Di Leva nel ruolo del protagonista, con a fianco la rilevanza interpretativa dei più maturi Massimiliano Gallo e Giovanni Ludeno. E poi tutti gli affiatati giovani cresciuti nel vivaio di quel teatro della periferia napoletana, il Nest, vero avamposto di aggregazione umana e riscatto sociale, che vanno citati tutti: Adriano Pantaleo, Giuseppe Gaudino, Daniela Ioia, Gianni Spezzano, Viviana Cangiano, Salvatore Presutto, Lucienne Perreca, Mimmo Esposito, Morena Di Leva, Ralph P, Armando De Giulio, Daniele Baselice.

“Il Sindaco del Rione Sanità”, di Eduardo De Filippo, regia Mario Martone, scene Carmine Guarino, costumi Giovanna Napolitano, luci Cesare Accetta, musiche originali Ralph P, regista collaboratore Giuseppe Miale Di Mauro, assistente scenografo  Mauro Rea. Produzione Elledieffe / NEST – Napoli Est Teatro / Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale. A Roma, teatro Argentina, fino al 29/4, con replica straordinaria alle ore 21; a Torino, Teatro Carignano, dal 2 al 13/5.

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