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Sinai, Egitto: intorno al monastero di Santa Caterina sorgerà un resort

di Bruno Cantamessa

- Fonte: Città Nuova

Bruno Cantamessa Autore Citta Nuova

Il Monastero di Santa Caterina del Monte Sinai è stato ufficialmente eretto dall’imperatore Giustiniano nel VI secolo, e da poco meno di 1.500 anni è quasi ininterrottamente sede di una comunità monastica ortodossa, cosa che ne fa uno dei luoghi più sacri al mondo.

Una immagine di archivio del 2000 mostra un beduino all’esterno del monastero di Santa Caterina nel Sinai, in Egitto. ANSA /ANDRE DURAND/dd/mro /ANSA/KLD

Sarà che vanno di moda i resort anche nei posti più assurdi e crudeli, come quello della Riviera vagheggiata dal presidente statunitense Trump e auspicata dal premier israeliano Netanyahu a Gaza, ma la prospettiva di una lussuosa mega struttura alberghiera per ricchi turisti “religiosi” accanto al monastero di Santa Caterina sul monte Sinai in Egitto mi apre nell’anima, al solo pensiero, sentimenti di indignata inquietudine e scoramento.

Come se non bastasse la controversia legale, in corso da almeno 12 anni tra il monastero e lo Stato egiziano, che rivendica la proprietà del terreno sul quale sorge l’edificio storico (tutelato dall’Unesco) e le dipendenze circostanti, si è accesa anche una disputa “religiosa” tra i monaci ortodossi (una ventina, originari di vari paesi) e l’egumeno (abate) Damianos, 91enne e in carica da oltre mezzo secolo.

Il luogo è quello dove, secondo una tradizione biblica, Dio presente nel famoso roveto ardente che non si consumava parlò con Mosè. Luogo che si trova ai piedi dell’Horeb, la montagna dove Mosè ricevette le “dieci parole”, i comandamenti. Della presenza di una convivenza monastica in questa valle rocciosa situata a 1.500 metri di altitudine nel cuore del Sinai meridionale si trova traccia già nel famoso diario di viaggio di Egeria, una nobildonna galiziana che visitò i luoghi santi appena una settantina d’anni dopo l’Editto di Costantino (313) che riconosceva ai cristiani libertà di culto.

Il “Santo Monastero Reale Autonomo di Santa Caterina del Sacro Monte Sinai, dove Dio ha camminato” è stato ufficialmente eretto dall’imperatore Giustiniano nel VI secolo, e da poco meno di 1.500 anni è quasi ininterrottamente sede di una comunità monastica, cosa che ne fa uno dei luoghi più sacri al mondo. Ma per il fatto di essere il luogo di Dio con Mosè, non è sacro solo per ebrei e cristiani, ma anche per i musulmani: nella biblioteca del monastero di Santa Caterina si trova infatti anche il manoscritto di una lettera risalente al VII secolo attribuita al Profeta dell’Islam, Muhammad, in cui egli stesso garantiva sicurezza e rispetto per il luogo e per i cristiani.

Questo luogo, nella cui basilica bizantina e nella coeva biblioteca si trovano 4.500 volumi antichi e oltre 2.000 preziose icone risalenti al periodo pre-iconoclasta, rischia di essere snaturato e, oserei dire, “banalizzato” con la costruzione di un resort, case di lusso, centri commerciali e una funivia, ad uso dei pellegrini di varie religioni, più o meno devoti ma certamente danarosi. Il tutto a circa due ore di auto da Sharm el Sheikh.

I piani di esproprio erano stati avviati negli anni della presidenza Morsi, espressione dei Fratelli musulmani, ma il presidente al-Sisi non li ha mai bloccati. Probabilmente la realizzazione di un sito attrattivo per molti turisti fa superare le intenzioni originarie di smantellare le presenze cristiane in Egitto. Al-Sisi assicura che il monastero verrà preservato e anzi trasformato in un museo. A fine maggio scorso un tribunale egiziano ha pertanto imposto la chiusura del monastero, la confisca delle proprietà annesse e invitato i monaci ad andarsene, o almeno a chiedere un permesso annuale di soggiorno, essendo tutti non egiziani ad eccezione dell’egumeno Damianos. Va da sé che i permessi in quanto annuali scadono, e lo Stato può decidere di non rinnovarli.

In questo quadro inquietante si inserisce il dissidio interno alla comunità monastica: a luglio un gruppo significativo di monaci (pare 15) ha sfiduciato l’egumeno, accusandolo a quanto pare di non aver saputo evitare la sentenza del tribunale. I monaci dissidenti hanno fatto ricorso al patriarca Teolofilo III di Gerusalemme, alla cui giurisdizione appartiene il monastero sinaitico. Dopo convocazioni e complesse vicende, in cui c’entra anche un complicato ricorso al governo greco, alla fine l’egumeno Damianos ha rassegnato le proprie dimissioni. Il patriarcato ha provveduto pertanto ad avviare le procedure per l’elezione del nuovo egumeno, a norma del diritto ecclesiastico.

Nella sua lettera di dimissioni, l’egumeno Damianos ha espresso preoccupazione per il futuro del monastero: “La grave questione della confisca giudiziaria e del sequestro della proprietà del nostro monastero, che è appena iniziata, minaccia la sua stessa esistenza e continuità storica”. Ma ha voluto anche sottolineare il bisogno di “unità e sostegno” attorno al nuovo superiore che verrà eletto “lontano dalle ambizioni e dalle ossessioni personali”.

 

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