Signorina effe – Hotel Meina

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Signorina Effe Sul classico schema del mélo con risvolti sociali, la regista rivisita l’annus horribilis della Fiat (la signorina Effe, appunto), il 1980, oggetto delle contestazioni operaie, convinta che lì c’è parte della cultura del nostro Paese. In questo contesto di lotta operaia si inseriscono le vicende delle due sorelle di origine siciliana, Emma e Magda, e la loro storia d’amore con due giovani, Silvio, dirigente Fiat e Antonio, operaio sognatore. Quasi tutti personaggi sospesi, senza una certezza di futuro, oscillanti tra rivoluzione ideologica e necessità concreta di sicurezza lavorativa. Fra documenti d’epoca – interessante quello proposto in apertura, con immagini della fabbrica del 1931 -, contrasti familiari, momenti di lotta, e rapporti ora sciolti ora aggressivi, la storia si snoda senza emozioni eccessive, risultando alla fine più importante la tesi della rivisitazione storica da parte della regista che lo studio psicologico dei personaggi, più abbozzati che approfonditi. Il che ha costretto il cast, formato da attori molto bravi – Colangeli in testa – a ridurre l’intensità della loro recitazione. Signorina Effe resta un’opera perciò ambiziosa, ma irrisolta, forse perché troppo a tesi. Regia di Wilma Labate. Con Filippo Timi, Valeria Solarino, Sabrina Impacciatore, Fausto Paravidino, Fabrizio Gifuni, Giorgio Colangeli. Hotel Meina Un altro capitolo della storia per immagini del fascismo e antifascismo che da decenni Lizzani va costruendo sia con episodi tratti dalla realtà – come in questo caso – che con altri presi da opere letterarie. Qui si tratta di un gruppo di ebrei fuggiti dalla Grecia in un hotel sul Lago Maggiore. Verrà requisito dai nazisti e dal loro capo fanatico e, con l’inganno, le famiglie ebree saranno sterminate. Lizzani guarda con attenzione commossa il teatro dei sentimenti, la strana convivenza fra ospiti dell’albergo e soldati nazisti in una atmosfera di tensione cha fa prevedere la catastrofe. Inutile infatti l’aiuto di una tedesca antinazista che si sforza di salvare gli ebrei. Sincero, onesto, non immune da una certa retorica – l’incontro fra alcuni antinazisti di diverse nazioni che sognano l’Europa unita appare un poco forzato – e da una recitazione talora approssimativa, il film comunque, anche grazie alla fotografia attenta e alla musica di Bacalov di una amarezza mahleriana, si segnala per l’omaggio di un grande professionista alle pagine più difficili – ed anche impunite, come sottolineano le note finali relative alla scarsa pena inflitta agli ufficiali SS – della nostra storia. Regia di Carlo Lizzani.. Con Benjamin Sadler, Ursula Buschhorn, Marta Bifano, Federico Costantini.

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