Siddi, verificare per credere

Le attrattive storico-gastronomico-naturalistiche di un antico borgo rurale del Medio Campidano in Sardegna
Museo delle tradizioni agro-alimentari

Da anni ormai Rosangela vive nel “continente” con la famiglia, ma appena può fa una puntata a Siddi,  che per lei è “il più bel paese del mondo”. Che ne dite, verifichiamo con una puntata in Sardegna se l’amica ha ragione di definirlo così, oppure se il richiamo natio la fa stravedere?

Beh, intanto già percorrendo in auto la provinciale per Ussaramanna che conduce a questo paese di origine romana, si attraversa un ambiente naturale selvaggio di intenso fascino. Siamo nel Medio Campidano e questo tavolato basaltico nel cuore della Marmilla è la Giara o Pranu de Siddi: richiama, con le sue pareti scoscese e in qualche tratto inaccessibili, le mesas messicane. Vi cresce rigogliosa la macchia mediterranea, e il vento che entra dai finestrini porta zaffate di profumi che a volte stordiscono: essenza di elicriso, aroma di cisto e fragranza di lentisco. Sotto il sole implacabile punteggiano di quando in quando i bordi a strapiombo  ruderi di villaggi nuragici con i loro massi che paiono abbattuti da qualche gigante: pare che ne esistano ben sedici su questo stesso pianoro, già frequentato dai fenici prima che dai romani.  Altri due vanno rintracciati in località Santa Barbara e Pajo Figu. Sempre sull’altopiano, sul versante nord-ovest – ma non c’è il tempo di ammirarlo – sfida i millenni il più importante esempio siddese di architettura funeraria: la monumentale “tomba di giganti” sa Domu ‘e s’Orcu.

Giunti ad un bivio, dall’alto lo sguardo spazia su un paesaggio di morbide colline e ampi tratti pianeggianti coltivati a orti, uliveti, vigneti, mandorleti, o lasciati incolti a pascolo:  ecco Siddi, a 184 metri sul livello del mare! Scendiamo verso questo piccolo borgo rurale di circa settecento abitanti, quasi una famiglia allargata dove ognuno sa tutto di tutti. Parcheggiamo nella parte più esterna dell’abitato, tanto più che il nucleo antico è un reticolato di strette vie su cui si affacciano le tipiche case campidanesi a corte con i muri in mattoni di argilla cruda, i cosiddetti ladiri, con portali monumentali, bellissimi selciati e qua e là colorati murales moderni. Tra i pochi passanti che discretamente non fanno caso a noi forestieri (ma è possibile che altri occhi, da qualche persiana socchiusa, seguano i nostri passi), cerchiamo di individuare – dalle descrizioni che ce ne ha fatto Rosangela – zia Luigina, l’ultraottantenne che compare nei posti più diversi di Siddi mentre sgrana l’immancabile rosario.

Storia e arte hanno lasciato tracce significative nella chiesetta romanica intitolata a San Michele Arcangelo, nella settecentesca chiesa parrocchiale della Visitazione, nella seicentesca Casa Steri, ora Museo delle tradizioni agroalimentari della Sardegna: qui, insieme alle consuetudini, saperi, tecniche di produzione, modi di cucinare il cibo che appartengono alla comunità della Marmilla, veniamo edotti su una specialità del posto, i marraconis filaus, tipica pasta lavorata a mano. Ma non è l’unico museo cittadino. Sulla piazza principale, nell’edificio dell’ex ospedale Managu – un raro e notevole esempio di struttura ospedaliera risalente alla seconda metà dell’Ottocento – è allestito l’unico Museo ornitologico della Sardegna, con la più completa collezione di uccelli attualmente presente nell’isola: trecento esemplari appartenenti alla fauna stanziale e migratrice della regione. Per chi desidera approfondire la visita anche al di fuori di questo spazio, il Parco naturalistico-archeologico Sa Fogaia offre la possibilità di fare escursioni nei diversi habitat e di osservare direttamente nel loro ambiente naturale molte specie della collezione siddese. L’offerta è invitante…

Mi sa che, una volta tornati in “continente”, faremo a gara anche noi con l’amica sarda per decantare le attrattive di Siddi.

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