Sicilia, sanità a rischio. Troppi rientri, ospedali senza mezzi

Il rientro in Sicilia di circa 35 mila persone (il numero più alto tra le regioni meridionali) rischia di scatenare i contagi. L’isola alle prese con le carenze del sistema sanitario. Mancano le mascherine di protezione per fronteggiare il Covid-19. I posti letto di rianimazione sono troppo pochi: diventeranno 650. Gli appelli dei sindaci e del governatore Musumeci
Foto Claudio Furlan - LaPresse

«Non è una preghiera, è un ordine: restate a casa». Le parole del sindaco di Palermo Leoluca Orlando risuonano con forza attraverso lo schermo. È l’ennesimo messaggio di un primo cittadino, impegnato in prima linea sul fronte dell’emergenza.

Non usa mezzi termini Orlando. Bisogna «evitare il collasso del sistema sanitario, non vanificare l’impegno di tante persone che lavorano giorno e notte a proprio rischio. Obbedite!»

Le sue parole fanno eco a quelle di un altro sindaco siciliano, Gianfilippo Bancheri, alla guida del comune di Delia, piccolo centro di 4 mila anime in provincia di Caltanissetta. Un linguaggio colorito e accorato il suo, rivolto ai propri concittadini, talvolta con termini ed espressioni dialettali, che hanno «bucato lo schermo» e fatto il giro del paese.

Timori e paure che sono stati espressi ai massimi livelli dal presidente della Regione, Nello Musumeci, che ha protestato vivacemente perché la Sicilia è a forte rischio, ma è stata finora ai margini nella gestione nell’emergenza. L’immagine del governatore che agita le mascherine fasulle che sono state inviate in Sicilia, poco più che un fazzoletto appena rinforzato, sono anch’esse emblematiche. Quando l’emergenza sarà stata superata bisognerà accertare se in tutto questo ci siano delle responsabilità, anche di natura economica. Perché quelle mascherine sono state pagate!

La mancanza di materiale sanitario adeguato è uno dei grandi problemi dell’isola. I medici di famiglia stanno lavorando senza la protezione necessaria che le Aziende sanitarie non sono state ancora in grado di fornire. Nei giorni scorsi, medici e infermieri, anche ospedalieri,  hanno protestato per la mancanza di dispositivi di protezione per trattare in sicurezza i pazienti affetti da Covid-19.

Un dato angoscia la Sicilia: il rientro di almeno 35.000 persone, dopo il 9 marzo, quando il decreto del presidente Giuseppe Conte chiuse l’Italia. Tanti lavoratori e studenti meridionali scelsero di tornare a casa, iniziò l’arrembaggio verso autobus, treni, aerei. Trentacinquemila persone si sono registrate sui siti appositi e si sono messi in quarantena fiduciaria. Ma nulla garantisce che tutti lo abbiano fatto. Nulla garantisce che la quarantena venga effettuata con le modalità corrette.

Gli appelli del governatore si moltiplicano: «Non vanifichiamo il sacrificio dei siciliani». Il timore è legato al possibile aumento del numero dei contagi, ma anche alla consapevolezza delle carenze delle strutture sanitarie siciliane, su cui si è investito molto meno rispetto al Nord e su cui gravano le conseguenze del piano di rientro della spesa sanitaria che, negli ultimi decenni, aveva raggiunto livelli troppo alti.

L’obiettivo principale è prevenire il contagio. Il governatore Musumeci ha emesso alcune ordinanze urgenti, con una nuova stretta. I negozi di alimentari saranno tutti chiusi la domenica, non si potrà fare sport nelle strade, si potrà far fare la passeggiata al cane solo nelle immediate vicinanze di casa. Ci sarà l’esercito a presidiare le strade, sono state varate nuove regole stringenti per il commercio ambulante, i trasporti pubblici, i badanti domiciliari. Ci sarà il supporto dell’esercito per presidiare le strade. Coloro che sono sottoposti a quarantena avranno l’obbligo di comunicare con cadenza regolare le loro condizioni di salute. Saranno avviati anche i campioni rinofaringei per il personale sanitario: per primo gli ospedalieri, a seguire i medici di famiglia e gli altri sanitari. Tutti dovranno essere dotati di mascherine e misure di protezione.

I 120 posti di rianimazione esistenti in tutta l’isola potrebbero non bastare se la situazione sanitaria, per ora sotto controllo, dovesse peggiorare. Si punta a raggiungere nell’immediato la soglia di 650 posti letto.  Alcuni sono già stati attivati. L’11 marzo, comunque, è partita la richiesta di fabbisogno aggiuntivo per raggiungere i 650 posti letto di terapia intensiva.
Gli ultimi casi si sono verificati proprio all’interno degli ospedali, tra il personale sanitario, nell’ospedale di Modica, all’Oasi di Troina. Questo potrebbe far crescere i contagi perché si tratta di persone che vivevano e lavoravano in luoghi molto frequentati. Lo stesso accade per i due casi di Covid-19 alla base militare di Sigonella, nei pressi di Catania.

L'assessore alla Sanità Ruggero Razza (al centro del gruppo di tre) in videoconferenza con i direttori sanitari della Sicilia.
L’assessore alla Sanità Ruggero Razza (al centro del gruppo di tre) in videoconferenza con i direttori sanitari della Sicilia.

La Regione ha varato un piano d’azione. Sono stati individuati alcuni ospedali e alcuni reparti chiusi di recente che potrebbe ospitare i reparti di malattie infettive e nuovi posti letto di rianimazione: tra questi l’ospedale di Partinico, in provincia di Palermo e il vecchio ospedale Vittorio Emanuele di Catania. C’è anche un piano di mobilitazione straordinaria per il personale sanitario e parasanitario. «La Regione ha approvato una delibera che ha dato mandato alle due aziende sanitarie di Palermo e Messina di avviare due grandi bandi per la selezione aggiuntiva di personale sanitario – ha detto l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza –, già 400 medici hanno risposto positivamente al bando presentato da Messina e sono già stati divisi sul territorio della Regione e oltre 600 infermieri hanno partecipato al bando pubblicato a Palermo. Questo ci dà la possibilità di reperire forza lavoro, ma questi soggetti potranno esser egualmente inseriti in un piano di inserimento di risorse umane in pianta stabile».

 

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