Si scrive Palermo, si legge “comunità”

La Corte Costituzionale salvi l’Italia. L’iniziativa del sindaco siciliano Leoluca Orlando. L’arcivescovo Lorefice parla di decreto dis-umano. Una mobilitazione che attraversa il Paese. L’appello di Libera Sicilia e del Movimento politico per l’unità Italia

Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, va avanti per la sua strada. Ha scelto di percorrere una via dura e tortuosa, una via ai confini del diritto: una legge dello Stato, che a suo parere ravvisa dei profili di incostituzionalità, a Palermo non sarà applicata. Almeno per la parte che riguarda il compito specifico assegnato all’ente locale: la concessione della residenza a chi non ha un permesso di soggiorno. La via è quella del rifiuto di una norma che, a suo parere, viola la Costituzione ed i diritti di ogni uomo.

Lo raggiungiamo a Palermo. La voce è ferma, decisa, gentile. «Io sono persona, noi siamo comunità. Questo è il motto che la mia città si è dato. La nostra è una visione comunitaria, diversa da quella verticistica e verticale. Noi vogliamo vivere la legalità dei “diritti” e non del “diritto”. Questa è la storia di Palermo ed è la mia storia».

Cosa è accaduto è storia di questi giorni. Le pagine dei nostri quotidiani ed i rotocalchi televisivi dedicano ampio spazio alla notizia dell’iniziativa del sindaco di Palermo di “sospendere” nella sua città, l’applicazione del decreto sicurezza. «Dopo l’approvazione del decreto sicurezza – racconta – abbiamo studiato a fondo la normativa. Ho dato mandato ai miei uffici di sospenderne l’applicazione solo per la parte di nostra competenza, quella che riguarda la residenza. So bene che il “Decreto Sicurezza” è legge dello Stato italiano e questa va rispettata. So anche – ne sono fermamente convinto e, come me, tanti altri – che si ravvisano in questa legge dei profili di incostituzionalità. Da sindaco, non ho il potere di adire la Corte Costituzionale. Altri organi dello Stato possono farlo, il sindaco non può farlo. Ma posso farlo, in via incidentale, all’interno di un giudizio. Ed è quello che spero di ottenere: l’avvio di un’azione civile all’interno della quale potrò chiedere il pronunciamento della Corte Costituzionale».

Un iter studiato a tavolino, dunque, quello del sindaco di Palermo: l’aula di un tribunale diventerà vetrina d’eccezione per la sua azione politica. Che mira a colpire al cuore l’azione dell’attuale governo. «Troppe cose non sono accettabili. Questo decreto apre scenari impensabili. È criminogeno. Facciamo un esempio: un minore non accompagnato, oggi, ha la protezione umanitaria. Appena compirà 18 anni, questa verrà meno e il nostro ragazzo perde ogni diritto. Non può chiedere l’iscrizione anagrafica, non può chiedere il permesso di soggiorno, quindi non potrà avere un lavoro. Un altro esempio: un adulto ha avuto la protezione umanitaria: con il nuovo decreto sicurezza non potrà più averla, gli verrà revocata. Ma anche un immigrato che arriva in Italia con un contratto di lavoro in tasca ed un permesso di soggiorno rischia grosso: se perde il lavoro, verrà meno anche il permesso di soggiorno e non avrà più i sei mesi di tempo previsti in precedenza per trovarne un altro. Dovrà lasciare subito il nostro Paese o cadere nell’illegalità, o dovrà subire i ricatti del datore di lavoro. Ecco cosa genera questo decreto: illegalità. Migliaia di persone saranno espulse dal consesso civile e costrette a finire nell’illegalità, quando non nelle maglie della criminalità. Tutto questo è inaccettabile. È inaccettabile anche che chi commette un reato perda la cittadinanza. Nel nostro Paese, la pena porta con sè un valore redentivo. Scontata la pena ci si può reinserire nella società: per l’immigrato questo non sarà possibile. Perché si deve applicare una legge diversa a seconda del colore della pelle? In nessun Paese si toglie la cittadinanza perché si commette un reato. Accade solo nelle dittature, ma lì probabilmente, ti tolgono anche la vita …».

Perché Orlando agisce così? «Perché non voglio che Palermo diventi un luogo di illegalità. Da sindaco, non posso permetterlo. Sai perché nella banlieu di Parigi c’è insicurezza? Perché non ci sono regole, è un luogo dove la legge sembra non arrivi. Nella mia città, gli immigrati regolari fanno da sentinella: se arriva a Palermo, una persona sospetta, mi avvertono, informano il questore. Perché questa città è la loro e, tutti insieme, vogliamo preservarla».

Orlando sa che un sindaco deve applicare la legge. Sa che la sua decisione ed i provvedimenti che ha assunto lo pongono sull’orlo di un precipizio. «So che le leggi dello Stato vanno rispettate. Ai miei uffici, ho chiesto solo di sospendere l’applicazione, è un provvedimento temporaneo. Prima o poi questa cosa deve aver fine, si dovrà arrivare ad un provvedimento di un giudice. Se dovessero sollevarmi da sindaco, mi andrebbe bene. Magari accadesse! Andrei davanti ad un Tar e potrei chiedere l’intervento della Corte Costituzionale». E non rinuncia al buonumore. «Sto cercando con tutte le mie forze un amico razzista che mi denunci. Purtroppo non ho amici razzisti! Sarebbe per me un’opportunità straordinaria. Se volesse, potrei anche scrivere io il ricorso e lo farei gratis». E poi, con tono ammiccante: «Se conosci un razzista che volesse denunciarmi, ti prego di dirmelo! Scriverei io il ricorso. Sono avvocato e sono stato docente di Diritto pubblico regionale. Lo farei gratis!»

Cosa è cambiato nell’ufficio di Palermo? Come stanno operando gli uffici? «Non è cambiato nulla. Io non avevo voluto dare pubblicità a questo provvedimento. Avevo scritto agli uffici il 21 dicembre, senza fare nessun comunicato stampa. Salvini ha voluto denunciare tutto il 2 gennaio e, a questo punto, in una conferenza stampa, ho spiegato come stanno le cose. Il provvedimento porta la mia firma: sono io ad assumermi, per primo, le responsabilità. Sarò io a firmare le prime residenze. Nel frattempo, ho dato incarico all’ufficio legale di esaminare la questione».

La sua presa di posizione e le reazioni di altri sindaci. I primi cittadini di Napoli e Milano, ma anche alcuni amministratori leghisti, si sono schierati al suo fianco. Altri, invece, prendono le distanze. «Io sto interpretando lo spirito di questa città, questa città che mi ha votato e che non ha votato il candidato sindaco 5Stelle, Ugo Forello, o il rappresentante della Lega, Ismaele Lavardera, che ha avuto solo l’1 per cento. Ecco qual è il consenso della Lega a Palermo. Eppure, sia Forello che Lavardera hanno detto che condividono questo provvedimento.  E in passato, ad esempio, il sindaco di Torino, Chiara Appendino, aveva espresso apprezzamento per la “Carta di Palermo”, sui diritti dei migranti, una carta approvata durante l’anno europeo della Cultura, che punta all’abolizione dei permessi di soggiorno perché la cittadinanza dovrà essere intesa come strumento di inclusione e di partecipazione alla vita pubblica. Per tutti!»

L’iniziativa di Orlando è una pietra gettata nello stagno. Ha creato un’onda che ora rischia di allargarsi. «Io non ho consultato nessuno prima di prendere questa iniziativa. Il resto è la storia di questi giorni». Una storia ancora tutta da scrivere. Con i suoi risvolti e le sue contraddizioni. «Il nostro vescovo Corrado Lorefice ha definito questa legge disumana. Don Corrado dice parole forti e io mi sento confortato. Vado avanti perché questa è la mia storia e la storia della mia città. Una città accogliente, una città “umana”».

Lorefice ha celebrato la messa di Natale in Municipio. La sua omelia è chiara, le parole sono schiette. «Che non ci accada di rimanere in silenzio dinnanzi ai “dis”-umani decreti che aggravano la sofferenza di chi è vessato dalla povertà e dalla guerra».

Il 4 gennaio, una manifestazione in piazza Pretoria chiama a raccolta tutti coloro che sostengono l’iniziativa di Leoluca Orlando. Partecipa anche “Libera Sicilia”. Il coordinatore, Gregorio Porcaro, spiega:

«L’incontro crea la relazione e nella relazione si cresce – afferma Porcaro – si va avanti e si generano serie occasioni di sviluppo. La discriminazione, invece, crea lo scontro. Per questo siamo contrari al “Decreto Sicurezza”. Noi siamo qui per rivendicare l’uguaglianza e i diritti delle persone. Siamo qui ad appoggiare l’iniziativa del sindaco Orlando perché crediamo che questo decreto possa creare solo scontro e, quando c’è scontro, nasce la violenza, difficile da gestire e controllare. Siamo qui per un atto d’amore verso chi scappa e cerca di costruirsi altrove una nuova vita. Per chi desidera respirare senza doversi guardarsi le spalle».

Dall’Anci (Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia) parte una richiesta inviata al governo: i sindaci vogliono essere ascoltati. Conte ha già fatto sapere che accoglierà la richiesta e che incontrerà i rappresentanti dell’Anci insieme al ministro dell’Interno. Salvini, invece, è recalcitrante. «Se i sindaci di sinistra non vogliono applicare la legge, si dimettano!», ha chiosato.

Prende posizione anche il Movimento politico per l’Unità Italia. Il Mppu «condivide la richiesta avanzata dall’Anci di istituire subito un tavolo di concertazione, aperto anche a soggetti che si occupano di integrazione, per l’esame congiunto degli aspetti di criticità della legge e valutarne l’inserimento di elementi migliorativi». Per il presidente, Silvio Minnetti, è positiva «l’apertura al dialogo del Presidente del Consiglio Conte e ritiene utile, ove non dovesse essere raggiunta un’intesa, che si ricorra alla Corte Costituzionale, tramite il giudice, per fugare ogni dubbio sulla incostituzionalità del divieto di iscrizione all’anagrafe per i richiedenti asilo».

La pietra gettata da Orlando si allarga. A macchia d’olio.

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