Si può ancora salvare la Grecia?

Il Paese è stretto nella morsa della speculazione e dall'incertezza politica, mentre l'Ue tenta piani di solidarietà aggiuntivi. Intervista ad Andrea Baranes, presidente della Fondazione culturale di Banca Etica
Manifestazioni in Grecia

Le notizie che arrivano dai vertici europei, tra incontri informali e istituzionali, riportano ormai apertamente scenari che prevedono l'uscita della Grecia dalla zona dell'euro. Si studiano ancora altri piani e le simulazioni di un fallimento. Il ministro degli esteri italiano, Giulio Terzi, ha chiesto all'Unione di esplicitare chiaramente ai partiti greci impegnati nelle nuove consultazioni di giugno «le conseguenze drammatiche di un abbandono del Paese dell'eurozona». Per cercare di capire la situazione, abbiamo raggiunto il presidente della Fondazione culturale di Banca etica, Andrea Baranes.

Abbiamo un Paese alle nostre porte che rischia di implodere in maniera violenta. I bambini cominciano a soffrire la fame, le famiglie perdono casa e lavoro e c'è chi sposta all'estero i suoi capitali per garantirli. Come si può realmente salvare la Grecia? Si può davvero abbandonare un popolo alla rovina?
«Delle strategie di salvataggio della Grecia ci sarebbero, e soprattutto ci sarebbero state, se fossero state messe in campo per tempo. Il Pil della Grecia è circa il tre per cento di quello europeo. Quanto sarebbe costato un piano serio di salvataggio del Paese ellenico, quando sono iniziati i problemi? E quanto è stato speso, invece, per salvare le grandi banche responsabili della crisi finanziaria? Per ottenere gli aiuti dalla "Troika" composta da Commissione Europea, BCE e FMI, la Grecia è stata costretta ad accettare dei piani di austerità, poi delle vere e proprie misure "lacrime e sangue". Taglio dei servizi pubblici a partire da sanità e istruzione, licenziamenti nel settore pubblico, riduzione degli stipendi e via discorrendo: misure procicliche che non fanno altro che esasperare una situazione di enorme difficoltà. Le responsabilità dei passati governi greci sono sicuramente enormi, da una corruzione diffusa a spese improduttive ad altre inefficienze».

Ci sono però anomalie nei capitoli di spesa…
«La Grecia è il Paese europeo che spende di più per armamenti in rapporto al proprio Pil. Le recenti Olimpiadi di Atene hanno lasciato enormi buchi nel bilancio pur avendo dato tanta visibilità. Detto questo, la situazione è peggiorata rapidamente negli ultimi anni in ragione della recessione globale provocata da una finanza senza regole ed è diventata tragica anche a causa della speculazione messa in atto contro la stessa Grecia. Inoltre gli interventi pubblici fino a oggi sono stati mirati più a compiacere e soddisfare le richieste di questo stesso settore finanziario che non gli interessi dei cittadini europei. La situazione a questo punto è molto grave per la Grecia, sia che il Paese rimanga nell'Ue e nell'euro sia che ne esca».

Si andrà verso un default accompagnato? Sorte che prima o poi toccherà anche a Spagna, Italia e Portogallo?
«È difficile oggi ipotizzare cosa potrà avvenire per gli altri Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna), e più in generale per l'insieme dell'Ue. Certo è che finché ogni Paese deve gestire il proprio debito pubblico autonomamente senza potere nemmeno mettere in atto politiche monetarie autonome, sarà facile preda degli speculatori internazionali. La sede della BCE non può avere, da sola, l'ultima parola. Occorre mettere in atto da subito meccanismi di protezione e di solidarietà europei».

Ce ne elenca qualcuno?
«Ci possono essere Eurobond, politiche monetarie espansive, la possibilità per la BCE di comprare titoli di Stato dei Paesi in difficoltà o altre ancora. Si tratta di misure di emergenza, non di lungo periodo, ma che potrebbero se non altro allontanare gli squali della finanza dal prendere di mira uno per volta i Paesi più deboli dell'UE per guadagnare dalle loro
difficoltà. Il cosiddetto "fondo salva-Stati" messo a punto negli ultimi mesi è un primo, timido passo in questa direzione, ma assolutamente insufficiente sia quantitativamente sia come meccanismi di funzionamento rispetto alla potenza di fuoco della grande finanza speculativa internazionale».




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