Sempre più zar Vladimir

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La rielezione di Vladimir Putin non è stata certo una sorpresa. I sondaggi realizzati nei mesi precedenti davano un così grande vantaggio al presidente che i potenziali concorrenti hanno deciso di non partecipare. Così il Partito comunista, invece della candidatura del suo leader, Ghennadi Ziuganov, ha preferito farsi avanti con un personaggio meno in evidenza, Nikolai Kharitonov, in modo che, se il risultato fosse stato da vergognarsi, non si macchiasse la figura del segretario del partito. Anche Vladimir Zhirinovski, che da quando è scomparsa l’Unione Sovietica non aveva mancato una corsa alla presidenza, ha preferito spingere avanti Oleg Malishkin, capo della sua guardia del corpo, il che è stato interpretato da alcuni come una nuova trovata del senso dell’humour del controverso politico russo. I partiti liberali, ancora sotto choc per l’insuccesso nelle elezioni parlamentari, si sono divisi tra chi faceva appello all’astensione, chi appoggiava Putin e chi sosteneva la candidatura di Irina Khakamada, dirigente dell’Unione delle forze di destra. Il risultato è che Putin ha superato il 70 per cento dei voti espressi dell’elettorato russo. Un valore sconvolgente per i paesi in cui la democrazia ha radici più profonde, ma in confronto ai risultati elettorali di altri leader di paesi della ex-Urss, è risultato nella norma. La Costituzione russa dà al presidente ampi poteri. Ma Putin, durante i primi anni della sua presidenza, è riuscito anche a sottomettere gli organi regionali della Federazione russa, ai quali Boris Eltsin aveva proposto di prendersi tutta l’autonomia che volessero. L’attuale Duma di stato, dominata dal blocco Russia unita, che detiene la maggioranza costituzionale, garantisce al presidente l’approvazione di qualsiasi desiderio. Il governo ha il compito della gestione ordinaria del paese e di condurre le riforme, economica e amministrativa. Le grandi scelte in materia di politica interna ed estera vengono prese al Cremlino dal gruppo degli stretti collaboratori del presidente. Putin ha dunque un potere quasi assoluto per governare la Russia, e la Duma gli darebbe volentieri la possibilità di un terzo mandato, se la resistenza che lui stesso oppone a quest’idea un po’ si affievolisse. Il prima e il dopo La prima tappa della vita politica di Vladimir Putin è stata la ricostruzione dello stato, afferma Sergei Markov, direttore dell’Istituto di ricerche politiche e uno degli analisti politici più vicini al Cremlino. Egli ritiene che, tra le politiche di maggior successo del presidente, ci siano la lotta contro il dominio degli oligarchi, la riforma federativa che ha fermato la disgregazione dello stato, e la Cecenia, dove, secondo il politologo si è riusciti a stabilire una certa legge, anche se non ideale. Markov ritiene anche che questa prima tappa sia stata indispensabile per poter passare alla fase delle riforme economiche e amministrative, che sarebbe quella in corso adesso. Più o meno a metà del secondo mandato di Vladimir Putin si dovrà poi mettere in atto una strategia per entrare nella società postindustriale, con il ritorno della Russia allo stato di grande potenza. Nella conferenza stampa che Putin ha dato nella notte stessa delle elezioni, il presidente a precisato che farà di tutto per assicurare la crescita stabile dell’economia del paese, con l’obiettivo di garantire un aumento del benessere dei cittadini. Si deve riconoscere che la Russia, con una crescita del prodotto interno lordo del 7 per cento nel 2003, anche se gonfiata dai prezzi alti dei combustibili, sembra ben avviata verso un miglioramento della sua situazione economica. I conti dello stato chiudono in attivo, e il debito estero viene pagato qualche volta in anticipo. Eppure il ruolo ridotto che hanno le piccole e medie aziende nell’economia russa, la rendono troppo vulnerabile di fronte a possibili crisi del mercato internazionale. Le riforme annunciate per favorire lo sviluppo dell’economia di mercato stentano a prendere forma, nonostante il chiaro orientamento liberale del governo. Markov inoltre tende a diminuire l’importanza delle critiche che arrivano dall’Occidente, a proposito del controllo dei mass-media, della polarizzazione delle tv statali in favore dei candidati del regime, e della mancanza di imparzialità della giustizia. La libertà in un paese povero con cittadini arrabbiati non può generare democrazia, ritiene il politologo. Valori democratici, ma sotto controllo Putin stesso, appena rieletto, ha deciso di ritoccare gli argomenti che costituiscono i punti vulnerabili della democrazia russa. Faremo di tutto per consolidare la società civile e per garantire la libertà dei mezzi di comunicazione di massa, ha dichiarato il presidente, promettendo addirittura di rinforzare il sistema di pluripartitismo . Dalle sue parole si potrebbe anche pensare che il Putin eletto nel 2004 si prepari a prendere una direzione diversa dal Putin eletto nel 2000. Ma forse bisogna rileggersi l’elenco delle libertà annunciate nel contesto della democrazia controllata, che finora ha caratterizzato il regime di Vladimir Putin. Il presidente russo ha espresso varie volte l’idea che mass-media indipendenti non significa mass-media privati , perché questi dipendono sempre da qualcuno. È probabile che il modello di libertà per la comunicazione sociale sia creato dallo stato stesso, ossia direttamente dal Cremlino. I grandi canali di televisione russi dovrebbero essere organizzati secondo il principio della Bbc, propone Sergei Markov, il quale riconosce che questi esigono un aumento del livello di pluralismo. Anche per quanto riguarda il pluripartitismo, l’analista politico fornisce una pista che può aiutare a capire le intenzioni del regime. Secondo Markov, la colpa della debolezza dell’opposizione, sia a destra sia a sinistra, la si deve cercare nel proprio modo di fare opposizione e non nei mezzi amministrativi usati dal Cremlino per renderla innocua. Il mio punto di vista è che il Cremlino deve artificialmente aiutare a creare la sua opposizione, capendo che questo è indispensabile al progresso del paese, afferma il politologo. Si deve riconoscere che in materia di partiti creati in laboratorio il Cremlino ha una notevole esperienza. Uno degli esempi di più grande successo è il blocco Rodina (Patria), nato prima delle ultime elezioni parlamentari per togliere un po’ di voti al Partito comunista e che, con il 9 per cento, è riuscito ad entrare nella Duma. La Russia del secondo mandato di Putin cercherà probabilmente di avvicinarsi al modello europeo, ma senza correre il rischio che, in nome della libertà, sfugga al Cremlino il controllo di questo processo.

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