Sei Nazioni: l’Italia più forte di sempre

È l’Italia più forte di sempre quella vista quest’anno al Sei Nazioni. I nostri rugbisti azzurri, con un pareggio e due vittorie, chiudono la stagione migliore di sempre al trofeo europeo.
Elliot Daly dell'Inghilterra e Lorenzo Piani durante la partita di rugby del Sei Nazioni tra Italia e Inghilterra allo stadio Olimpico di Roma. (Foto ANSA/FABIO FRUSTACI)
Elliot Daly dell'Inghilterra e Lorenzo Piani durante la partita di rugby del Sei Nazioni tra Italia e Inghilterra allo stadio Olimpico di Roma. (Foto ANSA/FABIO FRUSTACI)

Cala il sipario sul Sei Nazioni 2024 e l’Italia di Quesada si rivela finalmente super competitiva e all’altezza dell’importanza del torneo che vede confrontarsi le sei migliori squadre di rugby dell’Europa.

Dall’ingresso dell’Italia al rammarico dell’ex Cinque Nazioni

Dopo le meraviglie dell’atletica e quelle del tennis, arriva, finalmente, anche la meraviglia del rugby azzurro per scrivere una nuova pagina di sport del nostro paese. Prima gli azzurrini arrivano quarti e ora anche i grandi, per la prima volta dal 2015 lasciano agli altri il cucchiaio di legno.

Era il 5 febbraio del 2000, era il giorno dell’esordio della FIR all’ex Cinque Nazioni, e la fortissima squadra di Dominguez, Troncon, Cuttitta e Giovannelli che nel 1998 aveva convinto gli altri paesi a farsi ammettere al torneo continentale, batte la Scozia per 34-20. Sembra solo l’inizio di una carriera gloriosa ma, ahimè, non è così. Finché sopravvive la generazione di questi grandi giocatori, nonostante i risultati non sempre positivi, riusciamo comunque a fare la nostra bella figura, poi le generazioni cambiano, i ct si susseguono e l’Italia non fa che collezionare cucchiai di legno. La partecipazione al Sei Nazioni diventa ormai quasi una vergogna per una squadra che ha perso la fierezza con cui aveva cominciato a giocare al torneo pochi anni prima e anche chi ha permesso l’ingresso dell’Italia al trofeo, si rammarica di non aver lasciato il Cinque Nazioni così com’era. I giornali inglesi e francesi riflettono sull’ammissione di una squadra non all’altezza e, in fondo, il pensiero è condiviso un po’ da tutti. Troppe le sconfitte, ben 106, rispetto alle 13 vittorie e all’ unico pareggio contro il Galles nel 2006. Troppi anche i cucchiai di legno -il cucchiaio di legno designa l’ultimo posto- “vinti”: 17 in 23 edizioni giocate.

Ma, negli ultimi anni, anche se in silenzio, stava arrivando un’aria di cambiamento, un cambiamento che non si poteva certo operare da un giorno all’altro, ma che aveva un progetto a lungo termine. Progetto di cui l’Italia di quest’anno è solo il punto di partenza e non di arrivo.

L’effetto Quesada

Progetto a lungo termine che inizia a fare vedere i suoi frutti nel 2022. È in quell’ anno che iniziamo il Sei Nazioni con tanti nomi nuovi e perdiamo male i primi incontri. Ma è sempre in quell’anno che, all’ ultimo incontro, il 19 marzo 2022, uno di quei nomi nuovi, Ange Capuozzo, ci porta alla vittoria al “Millennium Stadium” di Cardiff, 7 anni dopo l’ultima volta. Poi la gestione Crowley con cui, è vero, non sono arrivate vittorie al Sei Nazioni 2023, ma partite più combattute e ben giocate da una squadra che ha maggiori sicurezze, esprime un ottimo gioco offensivo, ma pecca ancora in difesa. Tocca poi al Mondiale fino ad arrivare, appena tre mesi fa, al nono ct della federazione italiana di rugby: l’argentino Gonzalo Quesada, il miglior realizzatore del mondiale 1999 con i Pumas che ha subito deciso di puntare in alto con la nazionale azzurra. Per farlo, il nuovo ct, il primo argentino per la nostra nazionale, è partito dal buono della vecchia gestione per attuare poi dei cambiamenti che si riveleranno essere decisivi.

Quesada, arrivato appena a dicembre ma con già tre mesi alle spalle di studio della lingua, non ha perso tempo per costruire la sua idea di rugby: l’argentino ha infatti deciso di puntare sul blocco di Treviso e sui giovani, mantenendo l’età media intorno ai 26 anni. Scelte rivelatesi poi quasi subito vittoriose. Sì, perché la musica cambia e al Sei Nazioni ce ne accorgiamo subito: solo tre punti ci separano dall’Inghilterra nella prima giornata, in cui la sconfitta 24-27 ci fa onore, è il turno poi di un’imprendibile Irlanda contro cui il nostro punteggio rimane a 0. Tocca poi alla Francia, a Lille quando, se non fosse stato per un palo a tempo scaduto, Paolo Garbisi ci avrebbe regalato una vittoria. Ma va bene così, si porta comunque a casa il primo punto utile, quello del pareggio.

L’amarezza per quello sfortunato pomeriggio francese, però, ci dà la carica per fare meglio nelle ultime due giornate. Arriva, infatti, la prima vittoria con la Scozia, ed è già storica, ma è la vittoria dell’ultima giornata contro il Galles che è storia.

Tre risultati utili in cinque partite, mai successo prima per la nazionale azzurra, ed ora sì, ci rendiamo conto che le parole pronunciate dal capitano Lamaro al termine della prima partita contro l’Inghilterra erano vere: “La sconfitta a testa alta non ci basta”. Ormai, Quesada e i suoi ragazzi sognano in grande.

E chissà, se dopo 47 anni abbiamo riabbracciato la Coppa Davis, se per la prima volta nella storia abbiamo un tennista che può puntare ad essere il numero uno, se per la prima volta nella storia abbiamo noi l’uomo più veloce del mondo, beh, perché no? Lasciateci sognare anche un Sei Nazioni.

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