Segni fra le pagine

Sfogliamo l'ultimo numero di Città Nuova in arrivo nelle case dei nostri lettori
CN 18

Sullo sfondo gli indici di borsa che crollano, ma il titolo che campeggia sulla copertina del numero 18 di Città Nuova «apre al nuovo» che si può costruire dopo essere entrati dentro la crisi, analizzata nel primo piano, alle pagine 4-8, dal prof. Luigino Bruni. È «forte la domanda di cambiamenti»- scrive il docente di economia, che poi esplicita: «Questa sfida nasconde dunque il bisogno urgente di una nuova politica e di una nuova stagione della democrazia che siano all’altezza dei tempi. […]

 

Questo capitalismo ultra-finanziario è troppo fragile e ingordo e non è più capace di mantenere quelle promesse di sviluppo e libertà che erano alla base della prima stagione dell’economia di mercato». Ma la crisi chiama in causa tutti perché «il qualcosa di nuovo ha bisogno anche e soprattutto di nuovi cittadini: la stagione dell’economia che viviamo dipende sempre meno dalle grandi manovre dei governi e sempre più dalle scelte di milioni, miliardi di cittadini».

 

L’editoriale di Gennaro Iorio abbozza la fisionomia del nuovo cittadino che potrà trovare vie d’uscita dalla crisi, per sé e per gli altri: «In una visione carismatica, Chiara Lubich aveva delineato i tratti di un vero e proprio “uomo-mondo” e l’ultima enciclica di Benedetto XVI lo ha ancora meglio esplicitato: abbiamo bisogno di un governo sovranazionale e sussidiario: città ed Europa, ma anche Onu».

 

La nostra Europa, che tanto fatica e si dibatte nell’attuale crisi, è dunque chiamata a raccogliere la sfida individuata da Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo, intervistato da Herman Wouters a pagina 72: «In questo momento ci sono 27 Paesi, con 27 storie diverse e 23 lingue, che noi in qualche modo dobbiamo far collaborare. Attualmente questo avviene soprattutto a livello di istituzioni. La grande sfida è riuscire a realizzare l’unità nella diversità anche a livello della vita quotidiana dei cittadini».

 

Un piccolo ma significativo contributo giunge dal recente evento di Loppiano Lab, raccontato da Maddalena Maltese a pagina 20: «I veterani dell’Economia di Comunione spiazzano e commuovono con le loro testimonianze, dove santità e provvidenza sono sdoganate dall’ambito religioso per diventare prassi che testimonia l’intervento del loro “socio invisibile”: Dio. E nessuna vergogna nel confessarlo». Nei tre giorni di Loppiano Lab emerge l’esigenza di «un nuovo umanesimo per i giovani – specifica Piero Coda, preside di Sophia – per coniugare parole nuove di politica, di impegno civile, di etica, di cultura da realizzarsi come segno concreto per il territorio».

 

E’ quanto avviene, ad esempio, nel Rione Sanità, a Napoli, tristemente noto per le sue ombre legate ai frequenti episodi di microcriminalità, ma scoperto e descritto in una nuova luce da Oreste Palliotti alle pag. 46-50: la cooperativa giovanile La Paranza dedita al recupero ed alla fruizione dei beni storico-artistici, altre cooperative di produzione e lavoro impegnate nella manutenzione e nel decoro dei siti, percorsi di aggregazione come doposcuola, danza, palestra, teatro ed educazione musicale: una rinascita culturale e sociale che occorrerebbe studiare, ma anche un esempio da imitare. Conclude uno dei protagonisti: «Ci sono pensieri nuovi che cominciano a girare nella testa della nostra gente, è in atto ormai un cambiamento culturale: ed è quello che soprattutto ci interessa. L’altro cambiamento, quello economico, viene di conseguenza».

 

Risultati importanti. Come quelli conseguiti dal nuovo portiere del Napoli Roberto Colombo, insieme a Baresi, Bergomi ed altri giocatori e uomini dello spettacolo: non si tratta di trofei sportivi ma progetti imprenditoriali realizzati dalla holding Sport&Spettacolo s.p.a. che hanno coinvolto i detenuti del carcere di Busto Arsizio nella produzione di pregiati cioccolatini confezionati successivamente da ragazzi diversamente abili di Trieste. Annota Giovanni Bettini, autore dell’articolo “Dolci parate” a pagina 56: «Dall’arrivo di Colombo alla guida di Sport&Spettacolo, è stato condiviso e approvato a pieni voti un modello di imprenditoria che è sinonimo di etica e solidarietà».

 

Celebrità e solidarietà sono state coniugate insieme, nell’ultima fase della sua vita, anche da Audrey Hepburn, protagonista del celebre film Colazione da Tiffany, pellicola ricordata nel 50° anniversario di produzione da Michele Genisio a pagina 30: «Sono contenta d’avere un nome celebre [affermò l’attrice quando divenne ambasciatrice speciale dell’Unicef], perché posso usarlo per una buona causa» . Impegnata a favore dei bambini poveri dei posti più sfortunati del pianeta, la Hepburn così è ricordata dal figlio Sean: «Mamma rese elegante la bontà».

 

Della foto-notizia alle pagine 28-29, commentata da Giuseppe Garagnani, colpiscono gli occhi sofferenti di un bambino malnutrito, tra i tanti che rischiano di morire di fame e di inedia nel corno d’Africa. Quello sguardo che emerge dalla carta patinata interroga il lettore, proprio come quelli che hanno mosso la solidarietà della sopracitata attrice di Colazione da Tiffany.

 

Sguardi che si incontrano. Come quelli dipinti da Caravaggio nella Vocazione di san Matteo, commentati da Lucia Abignente a pagina 44: «Qualora, pur accolta un giorno la chiamata di Dio, sopravvenisse in noi la stanchezza del cammino o si avvertisse l’oscurità della notte, […] è l’ora per noi di rincontrare quello sguardo che ha deciso della nostra esistenza».

 

“Uno che guarda lontano” è don Gino Rocca, intervistato da Paolo Balduzzi a pagina 36; dopo le 90 primavere della sua vita, il sacerdote così esorta i giovani: «Andare avanti nonostante tutto, sapendo che Dio conosce profondamente i desideri del loro cuore. Anche quando l’impressione è che il mondo ci crolli addosso, non dobbiamo fermarci: è in quel rumore che fa male che si nasconde la grande occasione della nostra vita».

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