Una seconda vita d’oro e argento

Dopo un grave incidente, in poco meno di 6 anni, l’arciera calabrese ha toccato con mano quello che fino ai suoi 25 anni non avrebbe mai pensato.
Vincenza Petrilli con l’argento ai Giochi paralimpici di Tokyo. Fonte: Comitato Italiano Paralimpico

Se scegliessimo due parole dal vocabolario per raccontare Vincenza Petrilli, sicuramente le più adatte sarebbero: forza e determinazione. La trentunenne originaria di Taurianova in provincia di Reggio Calabria, città con i palazzi gentilizi famosi per i suoi portali, ancora una volta, a febbraio scorso, ha sorpreso l’Italia intera con la vittoria delle tre medaglie d’oro conquistate ai Mondiali Outdoor ParaArchery di Dubai. Un triplo trionfo che ha commosso tutta la squadra azzurra e non solo.

Alle Paralimpiadi di Tokyo 2020, questa ragazza calabrese, dallo sguardo profondo e dal sorriso dolce, aveva già fatto emozionare ed entusiasmare tanto il mondo dello sport per la conquista della medaglia d’argento di tiro con l’arco. Era la sua prima Olimpiade e la seconda gara internazionale; un traguardo inaspettato con risultati eccezionali per una esordiente nella squadra nazionale.

Un momento della gara a Tokyo 2020. Fonte: Comitato Italiano Paralimpico

Enza, come tutti la chiamano, nello sport è stata tempestiva: è riuscita a conquistare tali risultati in poco tempo. Come lei stessa racconta quando incontra gli studenti dei diversi istituti scolastici della Calabria, da bambina non praticava alcuno sport, ma giocava a calcio solo con i suoi due fratelli e una sorella. Se aveva un obiettivo da realizzare, era lavorare per mantenersi da sola.

Quella che lei definisce la sua seconda vita, inizia nel luglio 2016, quando andava in macchina insieme al suo fidanzato e agli amici spensierata a una festa del paese. Un camion taglia la strada e la sua macchina fa diversi giri, e lei vola giù dal finestrino. Verrà ritrovata dai soccorritori nell’erba in fin di vita.

Dopo l’intervento chirurgico alla colonna vertebrale, Enza si sveglia e vede sua mamma che le sta vicino; realizza subito che la sua vita è ormai cambiata. Da qui si apre una porta che non immagina dove la porterà.

Trascorre 6 mesi per la riabilitazione a Imola presso l’Unità Spinale dell’Istituto di Montecatone. In questo centro viene preparata per affrontare la sua nuova vita e inizia a conoscere gli sport paralimpici: pallacanestro, scherma, tennis, rugby e altri praticabili in carrozzina; ma da subito si decide per il tiro con l’arco, anche per la possibilità di alzarsi in piedi. Enza così comincia anche il suo nuovo percorso dove è consapevole che con la disabilità «non a tutti viene data una seconda opportunità», così pensa di essere miracolata, che c’è qualcuno che la protegge e se le è successo questo “contrattempo” una ragione ci sarà e lei si sente in grado di portare questo peso.

Nel ricominciare la nuova quotidianità, Enza coraggiosamente con la sua sedia a rotelle inizia da subito a fare i conti con le persone e le infrastrutture della città: mamme che allontanavano i bambini al suo viso, sguardi curiosi e timorosi, negozi senza le rampe per l’accesso per i disabili, lampioni in mezzo ai marciapiedi che le bloccavano il passo. Con pazienza e serenità guarda il futuro, giorno dopo giorno, e si abitua agli sguardi degli altri e “gli altri” si abituano a vederla in carrozzina. Inizia così a scoprire la nuova persona che è, ma soprattutto scopre di avere un grande coraggio nell’affrontare la nuova vita.

L’attività sportiva che Enza porta avanti, grazie al supporto della Aida – Associazione Italiana Diversamente Abili, è intensa e partecipa anche ai diversi progetti nelle scuole calabresi di ogni ordine e grado dove va a parlare di sport agli studenti con e senza disabilità. In queste iniziative non è sola; è con altri suoi colleghi: Clara Podda, campionessa di tennis di tavolo, e Andrea Pellegrini, campione di scherma. Da questa esperienza, che consente anche agli alunni di sedersi sulla carrozzina per provare, avverte la paura, la sorpresa e l’emozione forte che provoca negli studenti che si avvicinano al mondo della disabilità “mettendosi nei panni degli altri”. Con sguardo attento e dal suo volto d’atleta traspare un sorriso quando ascolta le domande delle bambine e dei bambini che chiedono: «Come ti è successo tutto questo?»; «Come ti sei sentita dopo l’incidente?»; «Cosa ti manca?»; «Cosa sognavi di fare quando eri bambina?»; «Come hai scelto questo sport?». Le sue risposte sono cariche di quella gioia che le trasmette lo sport, ma sono al tempo stesso realistiche poiché vogliono comunicare una singolare esperienza: «Accettare il dolore»; «La carrozzina è liberazione»; «Posso fare tutto»; «Non mi manca nulla»; «Non c’è motivo per vergognarsi della disabilità».

La vittoria ai Mondiali di tiro con l’arco di Dubai lo scorso febbraio. Fonte: Comitato Italiano Paralimpico

Enza si sente gratificata dai bellissimi messaggi di ringraziamento che le arrivano attraverso i social da parte dei ragazzi delle scuole calabresi. Da questi incontri, inizialmente fatti in presenza e continuati anche virtualmente a causa della pandemia, lei diventa un punto di riferimento non solo per gli atleti paralimpici ma anche per tanti ragazzi che non sanno come entrare in relazione con le persone disabili perché non conoscono il loro mondo.

Questa ragazza dello Stretto vive in prima persona anche la mancanza di strutture in Calabria per allenarsi. Sebbene al Sud ci sia una cultura radicata dello sport, dal suo percorso si rende conto che però mancano posti idonei per realizzarli: per non allenarsi davanti casa, così come ha fatto lei, costruendo con le sue mani un campo alla sua misura, in una strada senza uscita, e poter raggiungere il risultato di un bel lancio. Per Enza le limitazioni esterne non fermano la sua volontà. Dopo le Paralimpiadi di Tokyo 2020, l’arciera azzurra ha vissuto tante novità: l’accoglienza a Taurianova, suo paese, e i festeggiamenti per la medaglia d’argento; l’incontro col presidente della Repubblica Mattarella durante l’inaugurazione di questo anno scolastico a Vibo Valentia; l’invito all’Expo di Dubai 2020 quale testimonial del paralimpismo azzurro insieme a Veronica Yoko Plebani, bronzo paralimpico nel triathlon, e Simone Barlaam, doppio argento e un bronzo in nuoto, entrambi a Tokyo 2020.

Enza, che aveva una vita “normalissima”, ora ha una vita piena di impegni, anche se la ragazza calabrese sta con i piedi ben salda in terra quando si alzano i riflettori mediatici su di lei. Continua a fare le fisioterapie, si impegna con i suoi allenamenti come atleta paralimpica e da pochi mesi fa parte del Gruppo sportivo della Polizia di Stato “Fiamme Oro”. Imparare dell’altro, bilanciare le forze e concentrarsi al massimo sono premesse alle quali la campionessa è ormai abituata, perché queste sono le vie per un lavoro di squadra per conquistare obiettivi comuni.

Nel realizzare ogni cosa, nei momenti di stanchezza e bui, la forza le arriva dalla sua famiglia e dal suo fidanzato Michelangelo, che non l’hanno mai abbandonata. «Se non hai nessuno accanto, non ce la puoi fare – afferma –, una persona disabile porta dietro tante persone con sé». Da poco tempo, c’è anche nonna Concetta che la guarda dal cielo. Per quella nonna che aveva pianto di gioia per la sua medaglia a Tokyo, Enza si è concessa 5 giorni di pausa per il lutto ed è poi tornata in campo.

Da quando è rientrata dal Mondiale di Dubai, va metabolizzando le sue emozioni per la conquista dello storico triplete, nel suo ultimo post ha riassunto così l’esperienza dell’impresa sportiva compiuta: «Il ritorno a casa al termine d’ogni viaggio costituisce sempre la fine di un sogno agitato, emozionante e irripetibile. Ed è proprio così. Un’immaginazione fantastica così emozionante che sembra ancora un bellissimo sogno dal quale a momenti dovrò svegliarmi. Salire sul “tetto del mondo”, proprio lì dove a due passi da noi c’era il Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo: non poteva esserci posto migliore per queste grandissime vittorie mondiali. Il duro lavoro ripaga sempre e anche se alcune volte non sei tu in prima persona a credere nei sogni, c’è sempre qualcuno che ci crede al posto tuo. Grazie Fabio Fuchsova (il suo allenatore) perché ci sei sempre. Grazie Michelangelo Minutoli (il suo fidanzato) perché tu fai il lavoro più difficile, mi sopporti».

Le vite di Vincenza Petrilli, quella prima dell’incidente e quella successiva, sono diventate un dono che rallegra i giorni di chi la conosce da vicino, di tutta la sua comunità ed oltre. In un tempo incerto dove ciascuno si aggrappa a qualche speranza per giungere a una buona destinazione, Enza con forza, determinazione e serenità guarda adesso alle Olimpiadi di Parigi 2024, dove ci regalerà il meglio di sé.

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons