Se lo stadio diventa un quartiere

Il Senato ha approvato un disegno di legge, ora alla Camera, che prevede finanziamenti pubblici per la costruzione di "complessi multifunzionali" attorno agli stadi. Suscitando non poche perplessità sui criteri previsti per l'edificazione. Serve far chiarezza.
stadio

Il titolo della legge sembrerebbe non destare particolari preoccupazioni: “Disposizioni per favorire la costruzione e la ristrutturazione di impianti sportivi e stadi anche a sostegno della candidatura dell’Italia a manifestazioni sportive di rilievo europeo e internazionale”. Eppure, denuncia Legambiente, il disegno di legge approvato lo scorso 7 ottobre in Commissione al Senato – senza nemmeno passare per l’aula – e ora all’esame della Camera suscita non poche perplessità. Il provvedimento prefigura la costruzione di “complessi multifunzionali”, definiti come «complessi di opere comprendenti lo stadio, anche unitariamente ad altri impianti sportivi […] abbinati ad una o più strutture, anche non contigue, funzionari alla fruibilità del complesso medesimo, destinati ad attività commerciali, ricettive, di svago, culturali e di servizio, nonché eventuali insediamenti residenziali». Potenzialmente dei veri e propri quartieri, con tanto di negozi e abitazioni. A tal fine sarà elaborato un «piano triennale di intervento straordinario», che prevede «la concessione ti contributi destinati all’abbattimento degli interessi sul conto capitale degli investimenti». Potranno accedervi i cosiddetti «soggetti proponenti», ossia «la società sportiva, ovvero la società di capitali dalla stessa controllata, nonché i soggetti privati o pubblici che […] stipulino un accordo con la medesima società per la cessione alla stessa del complesso multifunzionale».

 

Che c’è che non va? Legambiente punta il dito contro la notevole semplificazione, prevista per la realizzazione di questi complessi, a vantaggio delle società sportive e dei privati. Basta infatti presentare al Comune uno studio di fattibilità finanziario e ambientale per avviare l’approvazione del progetto. Il sindaco ha poi 60 giorni per promuovere un «accordo di programma» a tal fine, che può prevedere anche varianti urbanistiche purché ratificate dalla giunta comunale. «Non è chiaro – fa notare la nostra collaboratrice Elena Granata, docente al Politecnico di Milano – con quali limiti si possa derogare alle norme vigenti in materia di costruzioni: aree edificabili, cubatura, e tutto ciò che ne segue. Il che può potenzialmente creare delle “zone franche” sottratte ai vincoli previsti altrove, ed aprire la strada ad intenti speculativi». Fa poi notare Granata che «non si capisce perché vengano inserite in questo disegno anche le aree abitative, la cui pianificazione è legata ad altre logiche. Soprattutto perché la legge fa riferimento soltanto ai parcheggi privati, ignorando il tema dell’accessibilità dell’area tramite mezzi pubblici: i disagi che si possono creare a chi vi abita non sono secondari».

 

In base all’art. 6, nota Legambiente, per iniziare i lavori è sufficiente una semplice denuncia di inizio attività: si tratterebbe quindi di avviare la costruzione di complessi che – come nel caso di quelli proposti da Roma e Lazio – possono occupare anche 600 ettari e riguardare stadi con 50 mila posti a sedere tramite una procedura normalmente utilizzata per opere interne alle abitazioni, o chiaramente definite dalla pianificazione vigente. In tal caso è il progettista ad autocertificare il rispetto delle norme, ponendo dubbi sulle garanzie di sicurezza nel caso di costruzioni di tale entità.

 

Chi viene quindi favorito da questa legge? «L’intervento – afferma Granata – appare spropositato rispetto alle reali capacità per attuarlo. Non sono molti in Italia i soggetti forti in grado di farlo: forse i grandi club». Legambiente individua infatti nelle società calcistiche i reali interessati, e non soltanto in vista di una candidatura agli Europei: la normativa è infatti applicabile agli stadi che abbiano almeno 10 mila posti a sedere allo scoperto e 7500 al coperto, quindi di più rispetto a quelli potenzialmente interessati. «Posto così – conclude Granata – un simile intervento di riqualificazione appare quantomeno bizzarro, nel legare strutture che sottostanno a logiche urbanistiche diverse e nel prevedere procedure estremamente semplificate. In assenza di riferimenti agli strumenti normativi vigenti, che ogni norma dovrebbe fornire, questa rischia di diventare una legge-grimaldello per aggirarli, a vantaggio di chi vuole speculare».

 

In testa alla pagina, il file pdf con il testo del disegno di legge.

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