Scommesse e partite comprate umiliano il calcio

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Il presidente del Catania,  Antonino Pulvirenti «nel corso di un lungo interrogatorio ha ammesso di avere comprato le cinque partite al centro dell'inchiesta a partire da Varese-Catania. Centomila euro a gara». Il procuratore Giovanni Salvi, in una dichiarazione alla stampa, non lascia spazio a fraintendimenti. Sebbene Pulvirenti abbia negato di avere scommesso, asserendo di avere agito “per salvare il Catania”, non vi sono ulteriori dubbi sull’irregolarità dell’esito di almeno 5 partite dell’ultimo campionato di Serie B che riguardano il Catania Calcio.

Sul sito della società etnea i legali dello stesso (ex) presidente imputato, Grasso e Lattanzi, precisano che Pulvirenti, già dimessosi da tutte le cariche sociali, abbia dimostrato la sua assoluta estraneità al fenomeno del calcioscommesse. “Il signor Pulvirenti – si legge poi – ha ammesso di aver avuto dei contatti con altri soggetti al fine di condizionare il risultato di alcuni incontri, e ciò al fine di salvare dalla retrocessione il Catania. Ha tuttavia manifestato la convinzione, anche alla luce della lettura degli atti, che tali contatti non abbiano avuto nessuna reale incidenza sull’esito degli incontri in questione”.

“Non so nulla di combine, sono estraneo a tutti i fatti che mi contestate, se lo avessi fatto sarei stato un folle e se lo ha fatto Pulvirenti è un folle lui” – si è difeso il dimissionario amministratore delegato del Calcio Catania, Pablo Cosentino, nell'interrogatorio al gip: “se questo fatto fosse vero sarebbe tutto l'opposto di quello che ho sempre fatto per il Catania. Non avrei fatto una campagna acquisti a gennaio dispendiosa per potenziare la squadra, sarebbe veramente tutto contro quello che era il mio obiettivo: fare un club forte per vincere il campionato”. Mentre con una “denuncia all'opinione pubblica” il patron della Lazio, Claudio Lotito, accostato nei giorni scorsi da alcune testate alle manovre di Pulvirenti, denuncia ingiusti collegamenti da parte della stampa annunciando conseguenze giudiziarie, l’inchiesta chiamata “I treni del gol” miete ancora la credibilità del calcio professionistico italiano. Oltre a Pulvirenti e Cosentino, sono altri cinque gli indagati agli arresti domiciliari per truffa e frode sportiva, tra i quali il direttore sportivo Daniele Delli Carri.

Innocenti, colpevoli, complici e ignavi. Ma il punto resta: il calcio è sporco. O meglio, qualcuno si sta impegnando a farne una sporca questione ledendo la dignità di tanti, professionisti e non solo. E’ di due settimane fa la notizia che la Polizia ha eseguito 17 arresti, tra carcere e domiciliari, emessi dal Gip di Catanzaro nell'ambito dell'operazione Dirty Soccer sul calcio scommesse: si tratta di persone già sottoposte a fermo il 19 maggio scorso, coinvolte in due distinte organizzazioni attive nelle combine di partite di cui, secondo l'accusa, facevano parte dirigenti, allenatori e calciatori di Serie D e Lega Pro (la vecchia C1).

Ad inizio Giugno, in proposito, Marco Paoloni da Civitavecchia, ex portiere balzato alle cronache il primo giugno del 2011 con l'arresto a Benevento da cui partì la maxi-inchiesta di calcioscommesse passata alla storia come “Last bet” aveva affermato: “La corruzione nel mondo del calcio è una grande piovra, parte dalla testa, come dimostra lo scandalo Fifa. Poi ogni tanto fanno vedere ai media e alla gente di prender posizioni forti di fronte alle scommesse, per esempio, ma solo con i piccoli come me. Nel calcio scommette il 99 per cento  dei calciatori, dalle partite a carte al gioco online. A me dava un senso di libertà, non dovevo render conto a nessuno, come mi succedeva a casa. Non vivevo sereno e ho cominciato a mentire in tutto. Il gioco è una brutta bestia, a me ha rovinato la vita e ho incontrato brutte persone”.

Al di là delle implicazioni personali e del dramma che una dipendenza dal gioco può creare, e sebbene le accuse di Paoloni sembrino alquanto avventate, un monito agghiacciante sembra salire dalle pagine sportive delle ultime settimane: uno sporco gioco rischia di uccidere il gioco più bello. La caccia al mostro non serve a nessuno: sbagliare è umano, pagare è doveroso e pentirsi è possibile. Ma la certezza è che notizie simili non rendono onore a nessuno, né a chi deve doverosamente riportarle, né a chi le provoca in quanto protagonista. Per il bene del calcio e di tutto un enorme indotto anche educativo e culturale che questo può muovere in Italia, chi si è macchiato si penta e paghi. Chi conosce le macchie altrui, smetta di tacere.

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