Scarpette di cristallo

Come si devono raccontare le storie? In modo, disse una volta un rabbi, che siano un aiuto. Mio nonno era storpio. Gli chiesero di raccontare la storia del suo maestro, il santo Baalshem. Allora raccontò come il santo solesse saltellare e danzare mentre pregava. Mio nonno s’alzò e raccontò. E il racconto lo trasportò tanto che ebbe bisogno di mostrare saltellando e danzando come facesse il maestro. Da quel momento guarì. Così vanno raccontate le storie. Proprio così. Ma pochi ne sono capaci. Walt Disney è tra questi. Con il cartone animato Cenerentola, del 1950, ha regalato al mondo uno dei suoi capolavori più toccanti. Ora compie 55 anni la Cenerentola di Disney e per festeggiare degnamente il suo compleanno la casa cinematografica americana ne ha prodotto la prima edizione in Dvd, arricchita da spezzoni inediti e sottoposta ad una operazione di restauro certosina. Ma ha proprio 55 anni Cenerentola? Assolutamente no! Andando indietro nel tempo, troviamo la spumeggiante ed immortale Cenerentola dell’opera di Rossini, filmata nel 1949 da Fernando Cerchio. Poi la sognante Cenerentola del balletto di Prokofiev. Ma Cenerentola è ancora più vecchia: di almeno tremila anni! Con altre colleghe, Cappuccetto Rosso e Biancaneve, è protagonista di una di quelle fiabe la cui genesi si perde nella notte dei tempi. Fa parte di racconti diffusi in varie culture, che dal 1500 in poi sono stati messi per iscritto: nelle raccolte dell’italiano Basile; in quelle celeberrime del francese Perrault, alle quali è ispirata l’edizione disneyana; in quelle altrettanto fortunate dei tedeschi Grimm, nell’Ottocento. Ma la prima Cenerentola è stata cinese. La fiaba fu redatta nel IX secolo a.C. da un tizio che l’aveva sentita raccontare da un suo servo originario della Cina meridionale. Raccogliendo le ossa d’un pesce miracoloso ucciso dalla matrigna, la protagonista Ye Xian ottiene un paio di sandali d’oro e un vestito di penne d’alcione con cui si reca al ballo dove incontrerà il re. L’esaltazione del minuto piede femminile, decisivo per il futuro di Cenerentola, è legata all’antica consuetudine della nobiltà cinese di fasciare strettamente i piedi delle donne fin dall’infanzia. Antichissima è pure la versione persiana nella quale Cenerentola è figlia d’un pescatore. Un giorno salva la vita ad un pesciolino rosso che in seguito, con i suoi poteri magici, confeziona gli splendidi abiti di seta preziosissima e i calzari d’oro con i quali la povera ragazza potrà partecipare al ballo. Un’antica fiaba italiana, Gràttula Beddàttula, narra d’una Cenerentola siciliana trasformata per magia da povera contadina in principessa. Se l’animazione di Disney presenta una storia romantica e patinata, la versione dei fratelli Grimm non è priva di elementi violenti, addirittura macabri. Intanto, al posto della fata c’è un alberello che Cenerentola aveva piantato sulla tomba della madre. Ad esso si rivolge la fanciulla, disperata per la proibizione di partecipare al ballo: Alberello datti una scrollata, fammi d’oro e d’argento tutta agghindata. Poi, nella scena della prova della calzatura, la prima sorellastra si taglia di netto il pollice per infilarsi la fatidica scarpetta. Al principe che l’accompagna al castello per sposarla, i colombi, amici di Cenerentola, segnalano che dalla scarpa della ragazza scorre sangue. Così l’inganno viene smascherato. Scena analoga per l’altra sorellastra, che per calzare la scarpa si taglia il calcagno. Il finale rasenta l’hor- ror: Quando la coppia entrò in chiesa la sorella maggiore si trovò alla destra di Cenerentola, la minore alla sua sinistra. Allora le colombe cavarono loro un occhio a testa. Poi, all’uscita, la maggiore era a sinistra e la più piccola a destra e le colombe cavarono loro l’occhio che era rimasto. Così rimasero per tutta la vita cieche, come punizione della loro cattiveria. Lo psicoanalista viennese Bruno Bettelheim, studioso delle fiabe classiche, afferma che esse avevano lo scopo di aiutare i bambini nella lotta interiore verso la maturazione, anche utilizzando elementi cruenti che sono pur parte dell’immaginario infantile. Usando il linguaggio effervescente e delicato della fantasia, gli adulti d’un tempo preparavano i figli alla vita, con le fiabe. Li aiutavano ad affrontare il contrasto interiore fra la voglia e il timore di crescere; il desiderio d’indipendenza; il terrore d’essere abbandonati, indesiderati, di sentirsi cattivi; la rabbia verso i genitori che non li capiscono. Tutte problematiche vitali che, se trattate direttamente, avrebbero potuto turbare o confondere il bambino. Ma le fiabe servivano soprattutto da preparazione al matrimonio. Aiutando il giovane a vincere la paura dell’altro sesso, a superare l’egoismo e la riluttanza ad aprirsi e donarsi pienamente all’altro, accettando anche d’esporre la propria vulnerabilità. Un esempio classico è il ranocchio che, se baciato, diventa principe azzurro. Le fiabe insegnavano che, sebbene sia bello essere amati da un principe o da una principessa, questo non è garanzia di felicità. Per trovare la realizzazione nell’amore serve un passaggio ulteriore. Non è neppure sufficiente aver raggiunto la capacità di essere sé stessi attraverso il superamento di prove difficili come quelle di Cenerentola. Per stabilire un legame intimo con l’altro, promessa di felicità duratura per entrambi, si deve esser capaci e contenti di essere sé stessi con l’altro. La fiaba di Cenerentola è ricchissima di messaggi. Affronta la gelosia e la rivalità fra fratelli o sorelle, tema presente fin dagli albori dell’umanità, vedi Caino ed Abele. Immedesimandosi in Cenerentola, sminuita e umiliata dalle sorelle, ognuno può esclamare: Quella sono io! Guarda come mi trattano!. Ma questa rivalità risulta essere un fatto della vita non così terribile: se accettato, non può impedire di dare il meglio di sé stessi, rispondendo col bene al male ricevuto. Altro messaggio: tutti possono passare momenti brutti, tutti possono essere costretti ad abbassarsi a vivere tra le ceneri. Ricordando però che in tal modo si è anche più vicini al cuore della famiglia, al focolare. Chi resta fedele a sé stesso anche in quelle situazioni, come Cenerentola, può trionfare sui momenti difficili; mentre chi pretende di essere quel che non è si caccia nei guai, come le sorellastre. Evidente è il parallelo con il biblico Giobbe, che passa dalla prosperità all’abbassamento più estremo, per essere poi nuovamente innalzato a una felicità maggiore. Ed altri messaggi: le apparenze non danno sempre ragione del valore interiore di una persona; occorre sperare: la virtù trionfa sempre, alla fine il male è ridicolizzato e sconfitto. Nella versione di Disney, Cenerentola ha un fascino particolare: ella è così bella, mite, tutta purezza. Sopporta con gioiosa pazienza ogni umiliazione e non si fa abbattere dai maltrattamenti. Sfregando i pavimenti, intona dolcissime melodie: Canta usignol… . Nei ritagli di tempo s’occupa dei simpatici animaletti che popolano la casa e anche a loro regala perle di sapienza: Bisogna amare anche i gatti, dice al cane Tobia, indicando il prepotente felino Lucifero. Sorridendo, ricorda l’unico privilegio lasciato ad ogni persona umiliata: Nessuno può impedirci di sognare. E il suo autore, Walt Disney, dietro le quinte, le sussurra: Se puoi sognarlo, allora puoi farlo! Così, alla fine, la sua mitezza trionfa, le prove finiscono e il sogno diventa realtà. Il cuore del principe sussulta, gli dice che ha trovato l’anima gemella: è quella fanciulla dalla scarpette di cristallo, fatta tutta per lui, come lui è fatto tutto per lei. Ancora una volta le favole sono il veicolo d’un messaggio che giunge dritto al cuore. L’invito a non mollare: per ognuno possono essere pronte scarpette di cristallo.

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