Sarai pescatore di uomini

Una rilettura dal profondo del testo evangelico
Reinhard Kaufhold-alliance/dpa/AP Images

Dopo una notte di pesca infruttuosa, i pescatori stavano lavando le reti. Dalla cittadina di Cafarnao la folla era scesa sulla sponda del lago trascinandosi con sé Gesù perché in quel luogo, fuori dell’abitato, potevano ascoltare meglio la sua parola.

Per avere le persone davanti a sé, il Maestro chiese a Simone se poteva salite sulla sua barca ormeggiata alla riva, la fece scostare un po’ da terra e da quel podio improvvisato riprese ad annunciare la buona novella del Regno di Dio. Anche Simone ascoltava e rimase incantato da quel maestro che parlava in modo tanto diverso dagli altri maestri della sinagoga.

Quando ebbe finito, Gesù si rivolse personalmente al pescatore domandandogli di prendere il largo e di gettare nuovamente le reti per la pesca.

Il Maestro sarà certamente un buon carpentiere, pensò Simone, ma di pesca non deve intendersene molto. Quella non era l’ora migliore per gettare le reti, inoltre in quel braccio di lago nella notte non s’erano visti banchi di pesci: “Abbiamo pescato invano per tutta la notte”, gli rispose, come a fargli intendere che la proposta non era sensata.

Ma a rivolgergli quella parola era una persona che di parole non ne aveva pronunciata una fuori luogo, anzi, ognuna gli usciva dalla bocca con il valore dell’oro, con la dolcezza del miele, con la limpidezza della luce che in quel momento si rispecchiava sul lago.

Quella luce sul lago era proprio un ostacolo alla pesca, ma era Lui che glielo chiedeva e sulla sua parola, che parlava e dava vita, avrebbe preso il largo per andare a pescare: “Sulla tua parola calerò le reti”. Simone si fidò. È il primo atto di fede che compare nel Vangelo.

E il miracolo avvenne. Forse non era proprio un miracolo, poteva essersi trattato di una coincidenza, fatto sta che le reti si riempirono all’inverosimile, le sue e quelle dell’altra barca venuta in soccorso. No, non era una coincidenza, era stata proprio quella parola potente a riempire le barche fin quasi a farle affondare, quella stessa parola potente che, nella casa di Simone, aveva guarito la suocera.

Il pescatore, in mezzo al pesce guizzante, si prostrò davanti al Maestro e si riconobbe per quello che era, un pover’uomo, un peccatore, indegno di ospitare nella sua barca il Signore. Lo pregò di scendere, di allontanarsi da lui.

Ed ecco scoccare la promessa: “Sarai pescatore di uomini”. Il verbo che Luca utilizza, zōgreō – composto da zōs (vivo) e agreō (prendere) –, significa “catturare vivi”, lo stesso verbo che si impiegava per la caccia agli animali destinati a restare in vita.

Gesù ha dunque promesso a Simone che avrebbe preso uomini per farli vivere di una vita nuova. Un mestiere diverso rispetto a quello che aveva svolto fino a quel momento: aveva sempre pescato pesci vivi che gli morivano nella barca o a riva, ora pescherà uomini morti ai quali darà la vita del Signore della vita.

Missione impossibile? Certamente. Per questo alla promessa Gesù premette: “Non temere!”. È la parola che sempre troviamo ad ogni chiamata, perché ogni chiamata di Dio risulta sempre impossibile ad attuare: troppo alta, troppo divina.

“Non temere”, diceva Dio a Mosè quando lo mandava a salvare il suo popolo. “Non temere”, ripeteva a Giosuè nel momento in cui doveva prendere il posto di Mosè alle guida del popolo e introdurlo nella terra promessa. “Non temere”, disse l’angelo a Maria chiamata diventare la madre di Dio…

Non temere Simone, perché a garanzia della promessa della tua futura pesca di uomini vivi c’è la potenza di quel Gesù che ti ha appena riempito la rete di pesci.

È inadeguato, Simone, inadatto, incapace, in una parola, un povero peccatore, Gesù lo sa, per questo ha attuato un piano affinché la sua promessa si realizzi. Per conoscerlo dobbiamo passare dal Vangelo di Luca, che abbiamo letto fino ad ora, a quello di Marco.

Ci troviamo sullo stesso lago, con le stesse persone, le stesse barche, le stesse reti. Ma questa volta la chiamata e la promessa è rivolta anche agli altri pescatori che sono con Pietro.

A tutti annuncia: «Vi farò diventare pescatori di uomini». “Vi farò”, poiēo, il verbo che indica l’agire creatore di Dio, l’agire di Gesù che compie le opere del Padre. La sua è parola efficace, che opera ciò che enuncia. A rendere Simone e i suoi compagni pescatori di uomini vivi sarà Gesù stesso, con la sua potenza di Signore.

Gesù non soltanto promette, si compromette, entra in azione in prima persona, ci mette del suo, si coinvolge nel cammino che Simone e gli altri stanno per iniziare, camminerà al loro fianco.

Sarà un lavoro lento e graduale: “Vi farò diventare”. Una formazione che Gesù compirà giorno per giorno, vivendo con i suoi discepoli, parlando con loro, mostrando le sue opere. Dopo la sua risurrezione essi si ritroveranno “fatti” pescatori di uomini vivi e vedranno realizzarsi la promessa. “Prendi il largo”, aveva detto Gesù a Simone.

Finalmente il pescatore, ormai apostolo, obbedisce e da Gerusalemme parte per la Samaria, Antiochia, Roma…

 

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