Sara Gama la rivoluzionaria

Il capitano di Juventus e Nazionale è l’emblema della crescita del movimento calcistico femminile in Italia: un ruolo guida esaltato dalla battaglia contro la discriminazione di genere
Sara Gama

Viene definita non a caso la “Leonessa”: per grinta e determinazione, infatti, non è seconda proprio a nessuno. Quando nel nostro Paese si parla di calcio femminile il primo riferimento, immediato e automatico, è chiaramente a lei: Sara Gama, difensore centrale classe 1989, è l’alfiere di uno sport che ha registrato una crescita vorticosa, soprattutto in corrispondenza dei bei Mondiali giocati dalla nazionale lo scorso anno.

Due anni fa la Barbie le ha addirittura dedicato un modello di bambola: il suo profilo, infatti, era stato giudicato ideale per abbattere qualsiasi tipo di stereotipo e pregiudizio in relazione al mondo dello sport femminile. Tutte le bambine hanno il diritto di lottare e perseguire i propri sogni: anche quello di diventare calciatrici di successo. Classe 1989, nata a Trieste da madre del luogo e papà congolese, la Gama vanta anche una laurea in lingue e letterature straniere conseguita all’Università di Udine. Le esperienze professionali negli Stati Uniti (col Pali Blues) e Francia (ha vestito la maglia del Paris Saint-Germain nel periodo 2013-15) le hanno consentito di accumulare un bel bagaglio di esperienze, oltre a farla diventare una vera e propria poliglotta.

Il suo palmares in campo è ricchissimo: tre campionati italiani tra Brescia e Juventus, due Coppe Italia e 3 Supercoppe italiane. In nazionale vanta la vittoria nel campionato europeo Under 19 (2008), manifestazione in cui ha vinto anche il trofeo di miglior calciatrice. Il suo essere simbolo e guida di un intero sport le ha fatto toccare un campo che finora è stato tabù: quello della disparità di trattamento economico tra uomini e donne nel mondo del calcio. Sara Gama ha lanciato in tal senso un vero e proprio appello alla trasmissione Da noi… A ruota libera, in onda su Rai 1. «Non vogliamo gli stessi stipendi, ma chiediamo almeno uguali tutele». Le cifre evidenziano in maniera netta la differenza rispetto agli stipendi milionari dei colleghi: le calciatrici, infatti, possono raggiungere un tetto massimo di 40 mila euro lordi con i rimborsi spesa.

«La nostra questione – insiste la Gama – non è paragonarci a un Cristiano Ronaldo o a un Giorgio Chiellini. Noi vogliamo avere le stesse condizioni, cioè il diritto ad avere una pensione e identiche potenzialità assicurative, oltre alla maternità. Si tratta di uno step fondamentale per noi». La crescita più recente del movimento femminile è, ovviamente, un elemento da prendere in considerazione. «Fino a ieri non si sentiva neanche parlare di noi, è chiaro che siamo agli albori del nostro sviluppo. Anche per i maschi – insiste il capitano della Juve – è stato tutto graduale: una volta non si vedevano di certo le cifre di oggi».

La volontà di avere pari diritti è parte integrante della lotta che viene portata avanti giorno per giorno dall’atleta triestina: quella contro la discriminazione di genere. «Nel nostro Paese forse – puntualizza Gama – manca qualche messaggio positivo. Nel calcio femminile, per fortuna, riusciamo a mantenere determinati valori. Possiamo essere un esempio importante, aiutando così a far cambiare la società. Dipende da noi». La missione non sarà facile, ma Sara Gama ha già dimostrato di avere forza e carattere sufficienti per abbattere, uno dopo l’altro, muri e pregiudizi che circondano le atlete che praticano lo sport più amato e seguito del nostro Paese. La rivoluzione non sarà immediata: la certezza, però, è che la Leonessa di Trieste, con il suo spirito pionieristico, sarà sempre in prima linea a dar battaglia.

 

 

 

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