Il santo digiuno di Fratel Biagio Conte

C’è un uomo, in Italia, che ha fatto sua, da mesi, la richiesta di digiuno e preghiera proposta da papa Francesco, in modo radicale. È un invito prezioso, quello che riceviamo da fratel Biagio: a rivedere noi stessi, a divenire amici dei nostri fratelli
Fratel Biagio

Il 2 febbraio, mercoledì delle Ceneri, papa Francesco ha indetto una giornata di digiuno e preghiera. Non solo per l’Ucraina, ma per la pace nel mondo, per incenerire i nostri tanti “io” vecchi e risorgere, con uno spirito rinnovato, a nuova vita.

Ma quanti hanno davvero digiunato, come Bergoglio voleva? Quanti hanno messo da parte sia il cibo che i pensieri infelici, le parole inadeguate; si sono prodigati, per trovare coperte, maglioni e medicine da dare ai fratelli ucraini in fuga dalla morte e, insieme, per risolvere le personali beghe familiari o aiutare gli altri a farlo? Quanti di noi s’impiegano, cioè, a mettersi da parte, per offrire la propria vita per il bene altrui? Non è facile riuscire nell’impresa, anche per chi fa del volontariato o desidera percorrere una via di santità. Perché è inevitabile: si cade, si ricade, si è imperfetti, caduchi, abituati alle comodità, ai comfort basilari. E portare avanti una famiglia, arrivare alla sera tutti sani e salvi, pare già impresa da titani.

Eppure, c’è un uomo che vive, per noi palermitani, ad imitazione di Cristo, che da anni si fa ultimo per gli ultimi, con dedizione e amore sconfinati. Ha due braccia forti, un cuore caldo a discapito dei suoi piedi sempre scalzi e freddi: fratel Biagio Conte, fondatore della Missione di Speranza e Carità per i poveri di Palermo. Ne abbiamo parlato altre volte. Ma è utile tornarvi, per non restare, insieme, indifferenti al suo continuo donarsi, al suo offrire sé stesso non solo per i senzatetto ma per i mali del mondo.

Biagio, infatti, ha fatto sua la richiesta del santo padre, di digiuno e preghiera per l’Ucraina ancor prima che venisse pronunciata. Dal 9 luglio circa ha intrapreso un digiuno penitenziale (pane e acqua), divenuto da settimane radicale (solo acqua ed eucarestia). Perché questo gesto così estremo? Perché sente ardere dentro di sé l’urgenza di far carpire alla collettività – distratta o tormentata oggi da una cosa, oggi da un’altra – quanto sia vitale tornare alla preghiera, all’umiltà, alla dignità della vita, alla legge del suo Creatore.

Il missionario laico si augura che il suo sacrificio – che ad oggi si concretizza nel rifiuto del cibo per nutrirsi di Dio, nel rinnegare ogni comodità, dormendo sulla nuda e fredda roccia di una grotta, nello stare in continua preghiera – possa essere d’aiuto «per svegliare le coscienze, e che possa esser messa la parola fine a tutte le ingiustizie che stanno schiacciando il mondo». A maggior ragione in questo periodo nero della Storia, che vede l’Ucraina sotto assedio.

I desideri di fratel Biagio sono, è vero, utopici. Ma possiamo stare al gioco dell’antagonista di Dio? Possiamo alzare la bandiera bianca, della sconfitta, nei confronti del male, delle malattie, del malcostume generale, della degenerazione dei valori, dell’assurdità dei crimini di guerra? Possiamo restare indifferenti ai poveri per strada, a tutti gli uomini e le donne che elemosinano anche una parola di conforto, chiusi nelle loro torri d’avorio?

Il digiuno di fratel Biagio, le parole di papa Francesco ci invitano, dunque, a inginocchiarci, a rivedere le nostre vite, a pregare in modo costante e non farlocco, ossia con autentico spirito di servizio, unità, comunione, fratellanza con e per la Chiesa, le comunità, gli stranieri, i familiari, i nostri figli, noi stessi. Non basta, infatti, far parte dello stesso mondo e neanche essere fratelli. Non basta, se non diveniamo anche amici. Amici in grado di guidarci gli uni con gli altri verso rette vie e verso il Cielo, oggi in terra.

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