Santi e sante dal volto nuovo

Giovani, coppie di sposi, bambini e fondatori. Questi i nuovi volti dei canonizzati da Giovanni Paolo II in 26 anni di pontificato. In occasione della sua beatificazione, l'articolo apparso nel 2004 per la rivista "Unità e Carismi".
Jesús Castellano Cervera
Nei venticinque anni di pontificato, Giovanni Paolo II ha messo in evidenza il volto nuovo della santità con numerose beatificazioni e canonizzazioni. Forse in avvenire avremo la sorpresa di volti nuovi della santità che rispondono anche ai tratti di novità della spiritualità contemporanea e del futuro. È forse arrivato il tempo di una approfondita riflessione ecclesiale sugli stessi criteri della santità. Tratto da Unità e Carismi del 2004, vi proponiamo l’articolo di Jesus Castellano Cervera, con una panoramica sulla santità oggi e del cambiamento compiuto in questa direzione dal pontificato di Giovanni Paolo II.

 

«In ogni tempo della storia della Chiesa sono fioriti i santi e le sante. Anche oggi. In ogni epoca lo Spirito ha fatto brillare la luce di Cristo nella santità dei suoi discepoli e delle sue discepole. Ma come la storia della spiritualità ha delle caratteristiche proprie, secondo la cultura, le vocazioni, le correnti di pensiero, gli impegni apostolici e missionari, secondo le caratteristiche stesse della Chiesa, così anche il volto dei santi che sono come i rappresentanti della storia della santità nella Chiesa, nella varietà delle culture e delle vocazioni, presenta caratteristiche nuove.
 

Nei venticinque anni di pontificato, Giovanni Paolo TI ha messo in evidenza il volto nuovo della santità con numerose beatificazioni e canonizzazioni. Molti di questi uomini e donne appartengono al XX secolo, nell’epoca della spiritualità che chiamiamo contemporanea. Sono talmente vicini a noi, da considerarci loro contemporanei. Ne abbiamo conosciuto molti di loro. Non è soltanto la quantità dei discepoli di Cristo che sono stati elevati all’onore degli altari a costituire un fatto
ecclesiale importante. Attraverso i volti dei nuovi santi e beati, noi scopriamo i nuovi volti della santità della Chiesa. Basti ricordare alcune tipologie come quella dei testimoni della fede o i nuovi martiri del secolo XX, i santi bambini, come quelli di Fatima, i giovani, le madri di famiglia, le coppie di sposi, i fondatori di nuove realtà ecclesiali, i laici variamente impegnati nella testimonianza cristiana nel mondo. In essi brilla insieme la novità della vita evangelica vissuta dalla Chiesa ed
il volto nuovo della spiritualità.
 

Forse in avvenire, data la quantità di nuove cause ormai avviate, avremo anche la sorpresa di volti nuovi della santità che rispondono anche ai tratti di novità della spiritualità contemporanea e del futuro. È forse arrivato il tempo di una approfondita riflessione ecclesiale sugli stessi criteri della santità che devono essere presenti nell’esame delle cause dei santi. Per contribuire a questa novità di proposte già in atto ecco alcune nostre riflessioni.

 

Lo Spirito Santo è all’opera

Il volto nuovo della santità nella Chiesa è frutto di colui che gli orientali chiamano l’“iconografo interiore”, cioè lo Spirito Santo e santificatore, colui che dipinge nei volti dei santi e delle sante i tratti del Santo: Cristo; o, se vogliamo, è il plasmatore divino delle creature nuove, l’artista divino – lo Spirito Santo – che modella e configura le persone con un lavorio degno dei migliori capolavori degli artisti. È come l’esecutore di un bozzetto trinitario – l’immagine di ciascuno di noi che è impressa in Dio.

 

Tutto però in quella “sinergia” – collaborazione – che è richiesta alla libertà dell’uomo, vale a dire quella risposta di libertà, e di docilità da parte di tutti, in quel gran laboratorio iconografico o scultoreo, se vogliamo, che è la Chiesa e il mondo, luoghi della presenza viva ed attiva dello Spirito Santo. Una santità dal volto universale. Un recente libro della comunità di Bose, dal titolo Il libro dei testimoni. Martirologio ecumenico1, ci può abituare ad avere una visione più aperta della santità attraverso la memoria di tanti fratelli e sorelle santi, tutti però capolavori dello Spirito Santo, artefice di ogni santificazione, appartenenti
alle diverse confessioni cristiane, alle diverse religioni mondiali. Certamente non tutti sono beati o santi in senso stretto, ma molti di essi portano la novità della testimonianza viva di Cristo.
 

Noi viviamo in un tempo particolarmente ricco di fermenti spirituali e carismatici nella Chiesa, che ripropongono la chiamata universale alla santità e guidano le persone anche verso questo raggiungimento della vocazione cristiana2. L’Esortazione apostolica Christifideles laici nn. 16-17 ha segnalato, ormai più di un decennio fa, l’urgenza di una santità laicale. Ha ricordato quanto fu affermato nel Sinodo straordinario del 1985: “I santi e le sante sono stati fonti e origine di rinnovamento nelle più difficili circostanze in tutta la storia della Chiesa” (n. 16); ma ha messo in luce le nuove vie della santità laicale nelle realtà temporali e terrene, e anche nelle diverse aree culturali e geografiche della Chiesa. Una delle proposizioni
di quel Sinodo, riportata dall’Esortazione, diceva così: “Le Chiese locali e soprattutto le Chiese più giovani debbono riconoscere attentamente fra i propri membri quegli uomini e quelle donne che hanno offerto in tali condizioni – le condizioni quotidiane nel mondo e lo stato coniugale – la testimonianza della santità e che possano essere di esempio agli altri affinché, se si dia il caso, li propongano per la beatificazione e la canonizzazione”.
 

Nel n. 30, fra le caratteristiche dei movimenti e delle associazioni ecclesiali viene messo in luce l’anelito verso la santità, anche come criterio iniziale e principale di ecclesialità con queste parole: "il primato dato alla santità, manifestata nei frutti della grazia che lo Spirito produce nei fedeli” come crescita verso la pienezza della vita cristiana e la perfezione della carità. In tal senso ogni e qualsiasi aggregazione di fedeli laici è chiamata ad essere sempre più strumento di santità nella Chiesa, favorendo e incoraggiando “una più intima unità tra la vita pratica dei membri e la loro fede”. Oggi si parla di nuovi modelli di santità, di nuove testimonianze di virtù eroiche vissute nelle condizioni comuni e ordinarie dell’esistenza umana. Abbiamo bisogno anche di santi con un pizzico di novità. Anzi, c’è ormai quasi il desiderio di cogliere perfino nelle procedure per la canonizzazione di nuovi santi e sante da parte della Chiesa, questa novità epocale.

 

H. de Lubac ha dedicato un saggio della sua immensa produzione teologica a questo argomento: il santo domani3. Nei Dizionari di Spiritualità non è raro leggere la parola “nuovi modelli di santità” sia per onorare lo Spirito innovatore della santità, sia anche per cogliere le cose nuove esistenti nella Chiesa4. Certamente, i santi saranno sempre coloro che hanno portato al culmine la loro docilità allo Spirito nella perfezione della carità, nella eroicità delle virtù teologali e cardinali, come ancora oggi è d’obbligo che siano messe in luce nei processi di canonizzazione. Ma ci si potrebbe domandare se un criterio meno tradizionale e qualche volta deduttivo e astratto non potrebbe essere quello di misurare la santità con parametri rinnovati. Occorrerebbe mettere in luce: come hanno vissuto e quanto hanno vissuto il Vangelo di Gesti e la vita con lui e come lui, come norma suprema; quanto sono stati attenti ai cardini della vita nello Spirito secondo la spiritualità giovannea e paolina; quanto abbiano testimonianza all’umanesimo della vita cristiana, alla generosa dedizione agli altri; come davvero
hanno trasfigurato nuovi ambienti di vita e di lavoro; come possano essere modelli delle nuove culture nascenti, illuminate e lievitate dal Vangelo di Cristo.

 

Sarebbe bene illustrare quanto e come abbiano vissuto una spiritualità di comunione, di dialogo ecumenico ed interreligioso, di sensibilità per la natura, di impegno per la giustizia, di concreta e generosa opzione per i poveri… Insomma, sarebbe da confrontare la vita dei santi con l’autoritratto di Cristo nelle beatitudini. Egli è diventato l’icona viva dei santi poveri di spirito, puri di cuore, pacifici e pacificatori, perseguitati, compassionevoli fino alle lacrime per le miserie altrui, miti, affamati ed assettati di giustizia, eppure sempre lieti e vicini, perseguitati ma sempre fedeli.

 

Santità del Vangelo vissuto
Nella dimensione della santità, oggi siamo sensibili alla dimensione del discepolato, alla sequela di Gesù, alla sua imitazione interiore, e quindi al riappropriarci della sua vita interiore e della sua dinamica esteriore, vivendo il Vangelo, che è non solo un libro dei racconti della vita di Gesù, cioè la verità, ma anche emanazione di Gesù stesso, e quindi la vita; e pertanto cammino di realizzazione, cioè via per una continuità della sua nella nostra vita, dei figli nel Figlio.
 

La santità richiede oggi una dimensione chiaramente evangelica, intessuta di parola ascoltata,
meditata, vissuta. Un traguardo che è anche un cammino, attraverso una continua rievangelizzazione della vita. La metafora evangelica del discepolo che diventa “fratello, sorella e madre di Gesù” parla chiaramente di una “consanguineità” con Cristo che è il flusso della parola/vita nel proprio cuore e nella propria esistenza. Questa parola/sangue non può non essere che l’azione e la presenza dello Spirito, vera linfa divina fra la vite e i tralci, che amava a fare in noi una “generazione” interna
di Cristo nel nostro cuore e nella nostra vita, come affermava già a suo tempo Origene parlando della forza della parola che genera in noi e fa crescere Cristo da bambino a persona adulta; come ripeteva Ambrogio dicendo che ogni cristiano è la madre del Cristo che porta nel proprio cuore e nella propria vita5. Questa visione ci rimanda ad una continua ed interiore rievangelizzazione del nostro essere.
 

Santità carismatica
La santità cristiana, nutrita con le stesse radici sacramentali, si presenta doverosamente come una risposta personale e personalizzata che tiene conto anche della propria vocazione ecclesiale. È una chiamata alla santità nella specifica chiamata ecclesiale, secondo le diverse vocazioni, carismi, ministeri ed uffici nella Chiesa, secondo gli impulsi carismatici dello Spirito, autore di una continua novità ecclesiale. È qui che avviene una prima e fondamentale ricchezza tipologica della santità ecclesiale, secondo le diverse vocazioni.

 

Una tipologia che spesso è radicata anche in una dimensione sacramentale – sia nel senso dì sacramento vero e proprio come nel matrimonio e nell’ordine sacro – sia anche in una particolare celebrazione mediante un sacramentale, come nel caso della professione religiosa, la consacrazione delle vergini, la benedizione di un abate o una badessa, o in forme più semplici che indicano insieme – a livello liturgico – la dimensione effettivamente ecclesiale della chiamata e l’impegno pubblico di condurre una vita santa secondo la propria vocazione. La preghiera della Chiesa accompagna ed interpreta questi momenti affinché la persona sia sostenuta nella propria vocazione. Lungo la storia della Chiesa lo Spirito Santo ha suscitato forme carismatiche di spiritualità che sono fonte come forme nuove, inedite di santità. Anche oggi, in un tempo di abbondanti carismi, come sono le ricche spiritualità dei movimenti ecclesiali, si manifestano i sintomi dei nuovi valori della santità cristiana, incarnati in tanti volti nuovi di santi e sante di oggi.
 

Santità in cammino

Tutto però avviene in quelli nuovi itinerari o vie del cammino cristiano, riscoperti oggi come un itinerario della santità. La maturazione personale, si compie, come insegnano i santi più sensibili alla personalizzazione e storicizzazione della santità, in un cammino di fedeltà, aperto alle purificazioni e alle illuminazioni di Dio, vissuto in un dinamismo di fede, speranza e carità. Virtù cariche di vitalità divina ma bisognose di essere rese ancora più dinamiche dallo Spirito nella vita di ciascuno. E lo Spirito lo fa mediante le notti oscure e le giornate luminose dell’esistenza, nella storia personale e collettiva, come insegnano i grandi maestri della mistica e del cammino cristiano, ieri come oggi, perché anche oggi il tema del cammino spirituale, l’itinerario della santità, è presente nelle pedagogie personali e comunitarie più esigenti dei movimenti ecclesiali.

 

La Salita del monte Carmelo e la Notte oscura di Giovanni della Croce, i gradi di amore e di umiltà di altri santi, le dimore del Castello interiore, secondo Teresa di Gesù, le proposte innovative dell’itinerario battesimale dell’iniziazione cristiana, come modello del cammino dello Spirito, la “via Mariae” di Chiara Lubich, come itinerario evangelico di santità cristiana con progressivi momenti di crescita e di maturazione dello Spirito sui passi di Maria, sono di grandissima attualità66. Chiunque segue Cristo nell’avventura della santità non può ignorare che anche lui, come Cristo che ha percorso a suo modo il suo cammino, deve compiere un itinerario. Anche se, lo dicono gli stessi santi maestri e maestre dello Spirito, pur avendo davanti alcune tappe, passaggi e traguardi necessari a tutti i cristiani, ognuno ha la sua via nell’unica Via che è il Cristo.
 

Santità moderna
La santità, poi, si vive nella realtà del mondo in cui viviamo, non solo come tempo cronologico, ma come tempo salvifico, con tutte le sue circostanze, con tutta la presenza del Dio vivente, nella cultura e nella situazione storica concreta; con tutte le presenze umane che ci interpellano, con il momento presente, come tempo di salvezza e da salvare, con un Dio che ci interpella nell’oggi della salvezza, senza nostalgie per il passato che non c’è, e per il futuro che ancora non esiste. Ciò vuole
dire che occorre vivere la storia quotidiana come momento di santità discendente – presenza di Dio – e ascendente – risposta umana – nelle circostanze liete o tristi, positive o negative.

 

Con gli occhi aperti, e con tutte le capacità di una santità moderna del nostro tempo. Forse oggi questa dimensione della modernità o della contemporaneità significa vivere come santi e sante del mondo di oggi, della spiritualità odierna, come testimoni del Vangelo per i nostri contemporanei, nella debolezza e nelle provvidenziali opportunità che propone la presenza di Dio e della sua grazia in ogni epoca, sia pure quella della postmodernità. Con una santità del positivo, del
bene, della verità, della bellezza e della gioia; una santità meno ascetica e più mistica, gerarchizzata dalla ricerca di quello che a Dio piace di più; con l’amore al primo posto, che organizza la vita e la rende bella davanti a Lui.

 

Una santità moderna si distingue per una più esigente scelta di Dio, nella totalità dell’amore e nella sua incarnazione concreta e viva, più che per i dettagli esterni o ascetici. Si tratta di vivere una santità vista dall’alto, da Dio. Si tratta di una affermazione che ci invita a fare un’elementare osservazione: dobbiamo essere santi come Dio vede i suoi figli nel Figlio, come egli lo vuole, in una santità che altro non è che la partecipazione della vita divina. Non avendo altro modello fuori di lui. E ciò in un’epoca in cui non deve solo emergere il singolo santo e neppure dobbiamo fermarci all’imitazione dei santi e delle sante, ma deve emergere il Santo per eccellenza, perché anche i santi sono difettosi nella loro vita e nella loro proposta. Tuttavia, se contempliamo i santi come immagini e somiglianze del Cristo e in vista di Lui, possiamo anche essere spronati ad intraprendere la loro via, imparare dal loro esempio. E forse dobbiamo vedere la santità, come si rivela parzialmente nei santi, come tanti approcci imperfetti del volto di Cristo, il solo Santo.
 

Allora emerge la varietà della santità. con uomini e donne, giovani e bambini, che donano la vita come Gesù nella totale purezza e totalità del martire del Calvario; santi che come lui espandono il fuoco dell’amore e vivificano la realtà della Chiesa e del mondo. Sono e saranno i santi, chiamati a rivelare ed attualizzare le beatitudini per il nostro tempo.
 

Santità comunitaria
Una nota caratterista della novità della santità oggi è la sua dimensione comunitaria. Vocazione universale alla santità nella Chiesa vuoi dire anche vocazione comunitaria alla santità: essere santi insieme. Certamente nella Chiesa e mediante la Chiesa, ma anche come Chiesa. Occorre ricordare che tutta la dimensione della teologia della comunione e della spiritualità di comunione che oggi riscopriamo, ha il suo fondamento in quel magnifico n. 9 della Lumen gentium, che a noi, giovani, affamati di unità e di comunione, costretti a vivere in un individualismo senza rapporti profondi, aveva fatto tanta impressione ai tempi del Concilio: “Piacque a Dio di santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame fra loro, ma volle costituire un popolo”.
 

Era il grande principio della comunione ecclesiale come teologia e come spiritualità, reso palese nell’espressione dello stesso numero: un popolo “costituito da Cristo in una comunione di vita, di carità e di verità”. Oggi è tempo di santità ecclesiale e comunitaria, anche come risposta al dono di Dio che ha fatto riscoprire la Chiesa comunione e la spiritualità di comunione come nuova via di santità. È il principio della santità ecclesiale comunitaria. Si tratta dell’ecclesializzazione della santità nel duplice senso della parola: all’interno della Chiesa come esperienza vitale di comunione vera e sentita, partecipata e condivisa; all’esterno della Chiesa, con una capacità di abbracciare tutti, senza escludere nessuno, una Chiesa per tutti, sacramento universale di salvezza, fermento di fraternità universale. Penso che a sviluppare ed approfondire questa santità ecclesiale e comunitaria abbiano dato un contributo fondamentale tutti i movimenti comunitari ecclesiali, segnati proprio dal “destarsi della Chiesa nelle anime” (R. Guardini) e dal vivere sia la nostalgia della comunità primitiva, sia il desiderio di realizzare anche oggi una Chiesa che irradia la carità che essa stessa vive.
 

Nella attuale stagione della Chiesa non è raro sentire il riferimento alla santità comunitaria con espressioni come “santi insieme”, “santità di popolo”, “il santo viaggio” fatto insieme, una santità “a grappolo”, come le ciliegie o un bel grappolo con tanti acini. In questo caso tale espressione non indica solo la comunione come, con, e negli altri ma anche la reciprocità dell’esperienza comunicata, condivisa fino ad assaporare qualcosa dell’unità trinitaria nella diversità, che Cristo ha chiesto per noi al Padre. Alla spiritualità di comunione corrisponde una vera e propria santità comunitaria ed ecclesiale. Non siamo persone fatte solo per gli altri e accanto agli altri, ma anche con gli altri esplicitamente. Questo esige un rapporto rinnovato di comune intesa, nella reciprocità, in un patto di comunione, in un vero aiuto reciproco, quasi respirando la stessa aria, vivendo la stessa Parola ed Eucaristia, lasciandoci plasmare dallo stesso Spirito, formando l’unico corpo, vivendo nella stessa alleanza sponsale, la Chiesa. È la dinamica del “santo viaggio” che ci aiuta ad andare insieme verso Dio. O come si dice, il passaggio dal Castello interiore al Castello esteriore, in un progetto di vita spirituale vissuto non solo attorno al mistero di Dio in ciascuno di noi, ma del Dio in mezzo a noi, con un progressivo muoversi insieme verso il centro7.

 

Occorrerebbe fare una possibile rilettura delle tappe della vita spirituale in chiave comunitaria, vissuta insieme, dove cresce non solo la persona ma anche il gruppo, la comunità che è Chiesa, soggetto della santità come Corpo e Sposa di Cristo.
In questa dinamica comunitaria della santità che ha anche le sue regole ed i suoi strumenti, le sue tappe ed i suoi frutti, occorre avere la capacità di cogliere le novità delle esigenze: il valore del silenzio, ma anche della parola; la preziosità del pregare insieme, della comunicazione delle esperienze, della programmazione apostolica fatta insieme, della testimonianza comune, del mettere prima di tutto l’amore reciproco alla base di tutto, anche della preghiera, di trasmettere gli uni gli altri o meglio lasciar fluire dall’uno all’altro lo Spirito Santo. Questa visione comunitaria della santità riscopre che il Dio santo è il Dio uno e trino, che coincidono vita di Dio e unità, comunione e santità trinitaria, come devono coincidere nella Chiesa e nei cristiani. E ciò porta ad una migliore comprensione della Chiesa santa e santificata mediante la
comunione.
 

Al centro, dobbiamo mettere sempre la carità, con la riscoperta del dinamismo della spiritualità di comunione. È il donare la vita per gli altri, ma anche il trasmettere e “trasmettersi” la vita gli uni agli altri Ciò è frutto di un cammino comunitario, fatto insieme, in una reciprocità dell’aiuto e del servizio vicendevole, anche con gli strumenti della santità comunitaria: pregare insieme, vivere insieme, programmare insieme, aiutarsi anche nella correzione e nella promozione fraterna, testimoniare
insieme. Si tratta di far emergere non solo la santità di ciascuno ma anche del Santo che è Gesù, il quale si manifesta e si rende presente fra noi.
 

Forse è questa una delle note della santità nuova. Essa brilla ed è già presente là dove sul serio si vive la spiritualità di comunione, specialmente là dove si vive esplicitamente ed in rinnovata reciprocità il senso profondo della carità evangelica come comunione dei tralci dell’unica vite, sul modello trinitario. È una santità che sviluppa una nuova ascesi ed una nuova mistica – ascesi e mistica di comunione – che cresce con un aiuto vicendevole nel cammino della vita, rifacendosi esplicitamente al mistero della comunione trinitaria e al segreto della carità e dell’unità, che è l’amore fino al dono
totale di sé, fino a dare la vita per l’altro.
 

Santità sociale
La santità di Dio, quella che egli chiede al suo popolo è una santità sociale, concreta, trasformatrice dei cuori e delle strutture. Il rapporto fra culto e impegni sociali è una delle caratteristiche di tutte le istituzioni cultuali dell’Antico Testamento che culminavano con la grande celebrazione del Giubileo biblico, momento di arrivo e di partenze per una giustizia sociale che era come un nuovo inizio dell’uguaglianza e della fraternità. Anche Gesù è venuto a trasformare le persone, e con esse il mondo, istaurando un Regno interiore ed esteriore.
 

Oggi abbiamo bisogno del volto della santità che irradia la vita divina nella vita umana, incarna quello che è stato chiamato da Igino Giordani “il messaggio sociale del Vangelo”. Una santità che splende nel sociale, come vocazione specialmente dei laici, ma non solo. Santità che vivifica dal di dentro e si esprime in forme nuove di testimonianza personale e comunitaria che vede in: piccoli e grandi progetti, in luoghi e già in comunità, gruppi, monasteri e cittadelle, dove vige la legge dell’amore che tutto trasforma. Una santità che si manifesta nella pienezza degli aspetti vissuti insieme e che trascende in luoghi ideali dove si elabora la presenza del Regno di Dio nel mondo. È così che la terra diventa cielo e
si adempie la petizione del Padre nostro: come in cielo così in terra.
 

La santità sociale è quella della grande tradizione dei monaci, ma oggi in modo speciale la tradizione dei laici e dei movimenti laicali impegnati nella cultura, nella politica e nell’economia, nella sanità ecc. Ho detto che è la dimensione caratteristica della spiritualità della Chiesa attraverso i laici, ma occorre anche aggiungere: ma non solo attraverso i laici. Anche attraverso i molteplici carismi della vita consacrata nella Chiesa che manifestano la loro incisività nel sociale, nella cultura, nella missionarietà. Con l’irradiazione della carità in tutte le opere e di fronte alle nuove povertà. Con una
rinnovata lettura dei carismi prettamente spirituali verso la costruzione delle persone, delle famiglie con il loro influsso nella società. Occorre quindi socializzare i carismi, nel senso più autentico della parola: offrire loro la possibilità di un’espansione più ampia nella Chiesa, forse attraverso i laici associati. Forse oggi occorre ridonare ai carismi la possibilità di riesprimere tutte le loro energie vitali al servizio del Vangelo ed in una concreta incarnazione nel mondo.
 

Conclusione
Oggi siamo chiamati a vivere insieme il cammino della santità. Non impedendoci di essere santi, con la nostra mediocrità, ma aiutandoci ad esserlo con la nostra generosità, irradiando, ciascuno, e tutti insieme, la vita di Dio che ordina e trasforma il mondo. I santi del terzo millennio, che oggi già vi sono presenti, sia in via di santificazione, sia anche vivi in mezzo a noi, hanno un volto che rispecchia queste caratteristiche. Non attendiamo che vengano da noi riconosciuti o che siano canonizzati nei prossimi anni. La chiamata è per ognuno e per tutti. E non per domani, ma già anche per l’oggi , senza nostalgie e senza sogni, ma nel realismo di una chiamata che oggi – nell’oggi di questo momento – Dio rivolge
ad ognuno; per essere santi con la novità medita della nostra chiamata personale, nel luogo dove viviamo la Chiesa, nell’umile irradiazione di una santità nel tempo e nello spazio di Dio».

 

1 Ed. San Paolo, 2001.
2 Cf. il mio libro Carismi per il terzo millennio. I movimenti ecclesiali e le nuove comunità, Ed. OCD, Roma
2001.
3 Santità domani, in Paradosso e mistero della Chiesa, in Opera omnia, vol. 9, Jaca Book, Milano 1979, pp.
229-234.
4 S. Spinsanti, Modelli spirituali, in Nuovo Dizionario di Spiritualità, Ed. Paoline 1977, pp. 1001-1030, arricchito
con altri contributi in Modelos espirituales in Nuevo Diccionario de Espiritualidad, Paulinas, Madrid 1994, pp. 1281-
1316; Modelli di santità, numero monografico di “Concilium” n. 9, 1979; Nouvelles sainletés, n. speciale della rivista
francese La Vie spiritelle n. 687, nov.-dec., 1989; Modelli di santità oggi, a cura di G. Tofanello, Messaggero, Padova
1997; A. Riccardi, Il secolo del martirio: i cristiani del novecento, Mondadori, Milano 2000.
5 Cf. alcuni testi dei Padri in proposito in H. Rahner, Maria e la Chiesa, Jaca Book, Milano 1974, pp. 63-69.
6 Cf. in proposito Carismi per il terzo millennio, cit., pp. 151-178; 112-117.
7 Cf. in proposito C. Lubich, Costruendo il Castello esteriore, Città Nuova, Roma 2002.

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