Sant’Agostino per i principianti

Un libro e due miniserie televisive per avvicinare al pubblico odierno un genio del passato che continua ad influire sul nostro presente.

 

Non è facile sintetizzare una personalità del calibro di Aurelio Agostino (354-430), la cui immensa produzione (oltre alle famosissime Confessioni, opere filosofiche, dogmatiche, pastorali, esegetiche, contro le eresie, omelie, lettere… senza contare scritti di cui s’ignorava l’esistenza riapparsi anche in tempi recenti in qualche remota biblioteca) fu messa in salvo e consegnata alla posterità dal discepolo Possidio, autore anche della prima biografia agostiniana. Pochi come questo santo, filosofo, teologo e dottore della Chiesa hanno influito così profondamente sulla cultura dei secoli successivi, ispirando anche opere musicali, film, romanzi, lavori teatrali (si calcola che esca almeno un libro al giorno “di” o “su” di lui). E geniali le sue riflessioni su Dio, sul bene e sul male, sul senso della vita, sul tempo e sulla bellezza: argomenti per i quali continua ad essere attuale anche nell’epoca presente.

Non è facile, dicevo, avvicinare in modo esauriente ma allo stesso tempo sintetico l’appassionato di verità che fu il figlio di Monica a chi non lo conosce o sa poco di lui. Per questo è da apprezzare un agile testo a cura di Carlo Chiurco edito da Solferino: Sant’Agostino, che in 168 pagine informa su vita e ambiente, pensiero e opere, fortuna e influssi, “amici” e “nemici”, senza trascurare una mini-antologia di scritti, una bibliografia e cenni essenziali sul personaggio nell’arte e nei luoghi che lo riguardano più da vicino, come la basilica a lui dedicata a Ippona (attuale Annaba, in Algeria) e la sua tomba nella chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro a Pavia.

Questa lettura mi ha invogliato a cercare su youtube un vecchio film televisivo diretto da Roberto Rossellini, parte del suo progetto didattico “L’officina della storia”, dedicato a momenti e figure chiave che hanno contribuito alla formazione della civiltà occidentale. Andato in onda in due puntate nell’ottobre del 1972, il suo Agostino d’Ippona – un tentativo di illustrare questa figura in modo adatto ad un pubblico popolare – ripercorre gli ultimi trent’anni di vita del massimo pensatore cristiano del primo millennio, dalla nomina a vescovo di Ippona per insistenza del suo predecessore Valerio, alle controversie con i donatisti e gli ariani scismatici, alla minaccia rappresentata dai vandali di Genserico. La vicenda si svolge sullo sfondo della decadenza di un Impero romano ormai incapace di frenare le invasioni barbariche se la stessa Roma aveva subìto nel 410 il saccheggio dei visigoti di Alarico, decadenza di cui Agostino individuò con acutezza le cause.

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Il film di Rossellini si distingue nettamente dalla più recente produzione televisiva Sant’Agostino (fine gennaio/inizi febbraio del 2010), che invece ripercorre l’intera vita di questo africano della Numidia: senza entrare in dettagli biografici, infatti, il regista romano si concentra soprattutto sulle dispute teologiche e sugli interrogativi suscitati da un’intera civiltà in crisi (motivo di accusa ai cristiani da parte dei pagani), senza nulla concedere allo spettacolare e anzi con un racconto fin troppo piano e didascalico, tutto affidando ai dialoghi basati sulle opere di Agostino, al fine di metterne bene in evidenza il pensiero, l’interiore equilibrio e il messaggio di tolleranza e di pace. Come quando, aggredito in chiesa da un fanatico donatista che rischia poi di essere linciato dai cristiani, Agostino li trattiene, esclamando: «Perisca l’errore, viva l’uomo!»; o quando, nell’ultima scena della miniserie, incoraggia i fedeli di Ippona, angosciati dalla calata delle orde barbariche in Africa, con ispirate parole tratte dalla Città di Dio, l’ultima immane sua fatica letteraria in cui descrive il peregrinare della Chiesa verso l’ultima vittoria tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio.

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Si potranno avere riserve sul ritmo narrativo di quest’opera, così lontana dagli attuali gusti in campo cinematografico, o sull’utilizzo di attori presi anche dalla strada, com’era del resto abitudine di Rossellini, ma non sulla scelta del protagonista di colore: l’ottimo attore algerino Dary Berkani, un convincente Agostino dalle fattezze berbere (a differenza delle fisionomie occidentali degli attori dell’ultimo Sant’Agostino, interpretato da Alessandro Preziosi per gli anni della giovinezza e da Franco Nero per quelli della vecchiaia).

Altro elemento felice, la scelta dei luoghi dove Rossellini ha girato le scene del film: i siti archeologici di Pompei, Ercolano e Paestum, designati a rappresentare di volta in volta Cartagine e Ippona. I resti delle celebri città campane (talvolta appena completati da scenografie dipinte) trasmettono infatti efficacemente il senso di decadenza e di instabilità di una civiltà al tramonto colta nel delicato periodo di transizione verso il primo Medioevo.

 

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