Sanremo 2002: non ci resta che ridere

Il Festival della restaurazione di Baudo II, se n’è andato senza risolvere recenti malanni e ribadendo antichi difetti. Ovviamente l’han vinto Fiorello e Benigni molto più dei Matia Bazar o della Tatangelo, e l’ha perso un apparato discografico attanagliato dalla crisi e dunque incapace di osare. Lontano dal paese reale più della luna, aggrappato come il più ottimista dei naufraghi alla sua zattera d’amori di cartapesta e rime baciate, il Sanremo numero 52 è già ri-evaporato nel bel paese dei balocchi catodici con la serena certezza di tornare tra un anno, più sfavillante e volenteroso che pria. Senza a nulla servire, come ha da essere del resto una montagna perennemente gravida di topolini. La genialità spiazzante di Benigni – uno che non si può non amare, anche laddove non lo si condivide – è esattamente l’ingrediente mancante per trasformare trasformare questa fiera dell’effimero in una occasione preziosa, tanto per l’ambiente musicale che per quello televisivo. Ed è proprio questo l’augurio da fare al Cinquantatreesimo prossimo venturo, poiché quando il contorno è più gustoso della pietanza; quando il dietro le quinte attizza più del davanti, quando (auditel alla mano) sono proprio le canzoni a far perdere ascolto, allora vuol dire che c’è qualcosa di sostanziale che proprio non funziona. Urgono se non riforme radicali, almeno qualche pic- cola rettifica per non vederlo sparire, tra qualche anno, come il Salone dell’Auto torinese o per non veder trasformato il “Museo della Canzone Italiana” – promesso in loco dal ministro Gasparri – in un mausoleo o in un sacrario. Fortunatamente “questo Festival non ha scritto l’autobiografia di una nazione “, ma solo una caricaturale amplificazione dei suoi e nostri difetti. Detto questo, non drammatizziamo, e ripetiamoci invece, col prode Bennato, che davvero sono solo canzonette: inoffensive, biodegradabili e, se prese a piccole dosi, incapaci di dare assuefazione maggiore di un qualunque carnevale. Per questo, al confronto delle infinite tragedie in corso, Sanremo fa la stessa tenerezza di una barzelletta incompiuta balbettata da un ragazzino: se vogliamo sentirci più grandi, occorre almeno sforzarsi di sorriderci su. Tutti i premi canzone vincitrice (big): “messaggio d’amore” Matia bazar – ogni festival ha Il vincitore che si merita. Senza Lode e senza infamia (ma anche Senza un’anima autentica…) Il Messaggio di cassano e compagni Ribadisce e sintetizza perfettamente Lo spirito vetero-melodico Della kermesse. canzone Vincitrice (giovani): “doppiamente Fragili” anna tatangelo – tra l’innocenza della Cinquetti e la vocalità della pausini, La graziosa pulzella di sora ha Soltanto bisogno di maturare. Il Suo bel faccino farà il resto. Premio critica e radio e tv (giovani): “la marcia dei santi” Archinuè – nella mediocrità Generale hanno finito col Brillare al di là dei meriti propri e Di questa canzoncina bislacca, Lontanissima parente di stramberie Ben più geniali. premio critica Radio e tv (big): “salirò” Daniele silvestri – ha probabilmente Fatto e scritto di meglio, Ma il brano – e più ancora il nuovo Album che lo include – restituisce Ai mercati uno dei pochi Innovatori della nostra canzone D’autore. premio carriera: roberto Murolo – carlo alberto Rossi – doveroso riconoscimento A due degli autori storici Della canzone italiana. Signorili Capomastri di una generazione Artigiana ormai definitivamente Estinta. Purtroppo. miglior arrangiamento: “il passo silenzioso Della neve” valentina Giovagnini – un indiretto Premio di consolazione per la Graziosa aretina che in fondo – Sia pure con stile assai diverso – Sta alla tatangelo come alexia ai Matia. La vittoria mancata per Un pelo ne complicherà il futuro Professionale, ma se son rose fioriranno Lo stesso. miglior testo: “un altro amore” gino Paoli – avesse vinto lui se non Altro non avrebbe perso nessuno, Ma ha scontato il fatto che il brano Rimandasse a una classicità Datata e infarcita di autocitazioni. migliore musica: “dimmi Come” alexia – una credibile Ipotesi di rhythm’n’blues all’italiana Come da tempo non accadeva Di ascoltare tra le begonie sanremesi. Non sarà l’aretha del terzo Millennio, ma la piccola spezina Ha grinta da vendere. E infatti Venderà. Altri da salvare “odore” giuliodorme – Subito fuori a dispetto dell’originalità Del loro brano, alla ricerca Di un’impossibile sintesi tra i beatles E il punk. “primavera a Sarajevo” enrico ruggeri – marcetta vagamente felliniana Per una canzone d’amore e d’ottimismo, Col solo difetto di rieccheggiare Troppo platealmente Certe vecchie ruggerate. “il Cuore mio” mariella nava – l’ottimo arrangiamento di Renato serio e la sincerità del testo Hanno supplito ai limiti strutturali Di un brano musicalmente Un po’ datato. “amarti sì” Filippa giordano – una bella Ballad che evolve in un bolero tagliato Su misura per esaltare le Indubbie doti vocali per questa Cantante palermitana che è certo Qualcosa di più – e di diverso – di Una bocelli in gonnella.

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