Salvini, la prof e la libertà della scuola

Il giudice del lavoro ha dato ragione alla docente palermitana Rosa Maria Dell’Aria, punita nel maggio 2019 perché i suoi alunni, in alcune slide, avevano paragonato il Decreto Sicurezza alle leggi razziali del 1938. Il ministero dell’Istruzione negò il suo coinvolgimento nella vicenda. La vicenda divenne un caso nazionale e suscitò una riflessione sui temi della libertà di pensiero e di insegnamento

Quasi venti mesi di attesa. Ma alla fine giustizia è fatta. Il giudice del lavoro Fabio Civiletti ha annullato la sanzione disciplinare alla professoressa Rosa Maria Dell’Aria, colpevole, secondo quanto decretato dagli uffici periferici del ministero dell’Istruzione di Palermo, di non aver vigilato sui contenuti di un video prodotto dai suoi studenti in occasione della “Giornata della Memoria”.

Nel video, in particolare in due slide, l’operato del leader leghista e ministro dell’Interno Matteo Salvini, veniva equiparato a quello dei gerarchi fascisti. Gli studenti paragonavano il secondo “Decreto Sicurezza”, voluto da Salvini e dal primo governo Conte, alle leggi razziali italiane del 1938.

La segnalazione di questo video era arrivata fino al Viminale e al ministero dell’Istruzione, per cui era partita una richiesta di chiarimenti diretta all’Ufficio scolastico regionale. Il provvedimento di sospensione dalle funzioni e dallo stipendio per 15 giorni era arrivato a maggio, dopo il procedimento avviato dal dirigente dell’Ufficio scolastico regionale Marco Anello e dall’ispettrice Viviana Assenza.

La prof palermitana presentò subito ricorso: i suoi legali erano Fabrizio La Rosa e Alessandro Luna. L’attesa è stata lunga, ma il risultato è stato pieno. La prof, infatti, è stata danneggiata non solo per la decurtazione dello stipendio per due settimane, ma anche sul piano morale, per l’immagine che si è data di lei, nonché per l’impossibilità, nelle more della sentenza del giudice, di ottenere gli scatti retributivi e di partecipare ad un concorso a preside.

La sospensione della “prof” fu, nel maggio 2019, una vera e propria pietra d’inciampo per il primo governo Conte, quello cosiddetto “a guida giallo-verde”, fortemente condizionato dalla volontà del leader leghista Matteo Salvini e dal suo pugno duro contro la presenza illegale degli stranieri in Italia e gli sbarchi di clandestini e rifugiati politici. L’episodio della prof palermitana dell’Istituto tecnico «Vittorio Emanuele III» di Palermo, molto stimata dai colleghi e dai suoi studenti, divenne un caso nazionale.

Il ministero negò il coinvolgimento dell’ex ministro Bussetti (esponente della Lega) nelle decisioni dell’Ufficio scolastico provinciale e del dirigente Marco Anello. Si proclamò che l’amministrazione centrale del Miur era estranea al provvedimento e contraria alla decisione vertici periferici e chiedeva la revoca del provvedimento. «La sanzione è assolutamente il contrario di ciò che vuole questo ministero», si scriveva dagli uffici di Viale Trastevere.

In realtà, proprio dal Miur era partita la richiesta all’Ufficio scolastico regionale di una verifica e di riferire al ministro che, a sua volta, era stato sollecitato dal tweet di un esponente della destra. Il ministro (o chi per lui) aveva saputo ed aveva chiesto di intervenire in suo nome. La richiesta di verifica, ovviamente, non equivale a quella di un provvedimento disciplinare, ma il clima rovente di quei mesi, in cui l’Italia sembrava virare verso posizioni improntate al razzismo, influì non poco. Una segnalazione che arriva direttamente dai ministeri diventa un input non secondario per gli uffici regionali e territoriali.

«Non è una vittoria personale, ma della scuola come luogo di insegnamento libero» ha detto, in un breve commento ai giornali, Rosa Maria Dell’Aria. In questi mesi, la donna ha sempre avuto un comportamento deciso, ma sereno, senza mai farsi trascinare nell’agone della polemica politica che inevitabilmente s’è accesa. Lei, la sua battaglia, continua a condurla dai banchi di scuola. Ha respinto fin dal primo momento le accuse, ribadendo l’importanza della scuola come luogo di formazione della cultura e del pensiero. Libero da condizionamenti e divieti che, nei periodi della storia che “svoltano” verso i totalitarismi, diventano più pressanti e talvolta più grossolani.

La vicenda processuale si chiude qui, difficile prevedere altri strascichi. La prof, ormai alle soglie della pensione, resta però un esempio forte, suo malgrado. Una lezione di vita che è arrivata non solo ai suoi studenti. Lascia un’eredità: perché questo «incidente di percorso» del maggio 2019 ha prodotto una grande reazione civile con un forte impatto sociale e culturale.

Una «lezione di vita» che ha travalicato la sua scuola ed ha raggiunto tanti, probabilmente facendo da freno rispetto ad altri ulteriori, possibili, derive razziste. Come sempre la storia degli uomini è fatta anche di episodi. Ma è fatta anche di piccoli e grandi protagonisti che incidono, con le loro azioni, nella società. In questo caso lasciando un messaggio: «La libertà di pensiero è un valore inalienabile». Sancito dalla Costituzione.

 

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