Salisburgo a Roma

V Festival Internazionale di Musica e Arte sacra. La Basilica di San Paolo fuori le mura è fredda e di scarsa perfezione acustica. Ma la Camerata Salzburg insieme al Coro del duomo della città austriaca sembra superiore a queste difficoltà, tanta è la perfezione tecnica ed esecutiva ed il senso di affiatamento musicale e umano. Così il Requiem mozartiano è risuonato nel limpido equilibrio della sua struttura, e senza l’enfasi superomantica che ancora oggi si ascolta e che lo ha reso famoso. Un direttore sensibile come János Cifra e un quartetto di solisti valorosi (in particolare il soprano Susanne Bernhard ed il contralto Monika Waeckerle) hanno letto la pagina mozartiana dal di dentrocon spirito nobile, privo di effetti teatrali. Il Requiem è risultato in tal modo quello che è, una preghiera di singoli e coro, dove, alla fine, le diatribe su quanto Mozart abbia lasciato di autografo e quanto risistemato dall’allievo Süssmayr, diventano fuorvianti: l’anima è totalmente mozartiana. Cioè, serena e sicura, conoscendo tutto della vita e della morte. Medesimo risultato nella Messa dell’incoronazione, celebrata nella basilica vaticana dal cardinale Schönborn di Vienna ed eseguita dai Wiener Philarmoniker, guidati da Leopold Hager. Continua a stupire la purezza apollinea di una musica che i Wiener ogni volta arricchiscono di sfumature (certe entrate dei violini o certe morbidezze dei legni). Per una volta musica e liturgia si sono assecondate reciprocamente, grazie ai Wiener, che hanno l’anima di Mozart nel sangue e conoscono bene la qualità migliore della sua musica, cioè la misura. TRISTAN UND ISOLDE Roma, Teatro dell’Opera. L’allestimento visionario e la regia compressa di Pier’Alli affrontano i tre atti del dramma musicale di Wagner entro un’atmosfera oppressiva ed ossessiva, ove la passione amorosa di Tristano e Isotta si sviscera lentamente e inesorabilmente precipitando in un Nulla, voluto con tutte le forze. È Isotta che guida la follia d’amore, facendosene sacerdotessa e vittima, donna per cui l’amore è tutto. Wagner, con inesausta creatività, inventa una musica torbida e sensuale, strisciante e seducente, faticosamente in cerca di elevazione. Sembra che tutto l’universo – e non solo i protagonisti – veleggi verso un cupio dissolvi. Di fronte a un tale, difficile, poema amoroso, l’edizione romana non è stata purtroppo sempre felice. Gianluigi Gelmetti ha diretto con impegno un’orchestra forse non troppo convinta e la compagnia di canto, se ha visto voci notevoli come l’Isolde di Janice Baird e la Bregäne di Marianne Cornetti, non ha potuto contare sul faticoso Tristano di Louis Gentile. Aspettiamo, fiduciosi, tempi migliori.

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