Chi sa patire, sa anche com-patire

L'esperienza di una nostra lettrice. Un messa con il popolo ucraino per pregare per la pace.
Fonte; LaPresse

Oggi è la quarta domenica di guerra. Stamattina ho cercato una messa con gli ucraini, per pregare insieme. A S. Barbara (Postgasse) dovrebbe essere alle 10. Sono ucraini uniti, una bellissima chiesa barocco-bizantina, accanto c’è il centro di smistamento e raccolta per i profughi. È piccola la chiesa e la fila dei fedeli trabocca sulla strada, dove passano profughi, tirando le valigie.

Eravamo tutti appiccicati al freddo fuori, con il cuore e l’orecchio attaccato alle meravigliose melodie della messa. Tantissime donne giovani con i bambini, pochi uomini. Gli slavi hanno una preghiera onnipresente Gospodi pomiluj! Abbi pietá, Signore! Come stava bene questa cantilena angelica questa domenica mattina, atroce nelle città dell’Ucraina.

Una signora accanto a me mi parla in ucraino, ma continuiamo in inglese. Il suo cellulare suona e lei si allontana. Quando ritorna le faccio posto dov’era prima e mi sorride. Dice: «Era mio marito. Piangeva». «È in Ucraina?», chiedo. «Si». Le chiedo se ci sarà la comunione. Così al momento giusto – che io non capisco – mi fa cenno di seguirla. Mi fermo dopo la comunione in mezzo alla chiesa, in mezzo alla gente.

Il sacerdote strappa persino un risolino alla gente alla fine della messa, e poi attacca l’inno nazionale ucraino. Mi viene da piangere. Cosí esco dietro alla gente e non riesco a trattenere le lacrime. Ma sono ben mimetizzata con la maschera. Mi allontano sulla Postgasse e mi raggiunge da dietro una giovane donna. Mi si mette davanti, mi guarda negli occhi, mi parla in ucraino  e mi stringe a sé. Un abbraccio lungo, che ricambio di cuore, senza sapere chi sia. Non riesco a trattenermi e lei come un angelo mi consola. Consola me! E mi parla in ucraino. Le dico che non capisco e lei ride. Continua in tedesco. «Was für ein Mitgefühl! Danke danke!», dice.

Le chiedo chi é. «Anna». Lavora per lo smistamento. Mi porta lá e mi dá la sua carta da visita, è di “unlimited democracy”, una piattaforma creata già prima della guerra. È una delle dirigenti e mi invita alla manifestazione delle 17.30. «Certo che vengo», le assicuro. «Mi telefoni». Ci salutiamo. Mi sembra di aver assaporato il paradiso, senza nessun diritto, solo perché ero lì. Che popolo! Chi sa patire, sa anche com-patire! Episodi che accadono solo in guerra, in una guerra che rende questo popolo ucraino d’acciaio, con un cuore d’oro.

Euch liebe Grüße, Luisa

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