Quando, nel 2017, nacque il Comitato per la Riconversione della fabbrica di bombe Rwm, il gruppo tedesco Rheinmetall, proprietario al 100% di Rwm e degli stabilimenti di Domusnovas-Iglesias e Ghedi, aveva appena annunciato un investimento di circa 40 milioni di euro, finalizzato alla triplicazione dei regimi di produzione nello stabilimento sardo.
Da allora, Rwm ha presentato, ai comuni di Iglesias e Domusnovas, alcune decine di richieste di autorizzazione edilizia. Ogni nuova richiesta, che si trattasse di impianti, edifici, strade, spianamenti o innalzamenti dei terreni, o di modifiche alla situazione idrografica dell’area, è stata presentata singolarmente, senza essere mai essere inserita in un progetto complessivo.
Ciò, apparentemente, per evitare lungaggini e approfondimenti come la VIA e la VINCA (Valutazione dell’Impatto Ambientale e Valutazione di incidenza), anche quest’ultima necessaria, in quanto la fabbrica si trova nelle immediate vicinanze di un’area Natura 2000, tutelata dall’Unione Europea per la presenza di endemismi floristici e faunistici di pregio.
La relativamente piccola dimensione dei progetti presentati ha, di volta in volta, consentito che le autorizzazioni venissero date celermente, senza l’attivazione delle suddette procedure.
Nel 2021, però, la sentenza definitiva del Consiglio di Stato, adìto da alcune associazioni ambientaliste e da alcuni sindacati radicati nel territorio, ha stabilito che le autorizzazioni fossero da considerare nulle e illegittime in quanto: – a) promulgate senza considerare il progetto di espansione nel suo insieme; – b) il progetto sarebbe dovuto essere obbligatoriamente assoggettato a VIA, in quanto si tratta di uno stabilimento chimico.
Nel frattempo, la RWM Italia S.p.A. aveva però completato i lavori, realizzando anche un’area adibita a prove di scoppio di materiali esplosivi en plein air, per cariche fino a 10 Kg.
Anche questa parte era stata autorizzata dal Comune di Iglesias, con i pareri favorevoli o col silenzio/assenso degli enti preposti (VV. FF., Ass. Ambiente, ecc.).
L’intero progetto, per il Consiglio di Stato, doveva essere congelato fino a quando la proprietà non avesse ottemperato agli obblighi di VIA e VINCA ex-post e non avesse ottenuto l’autorizzazione regionale. In pratica, ciò che è impossibile per un privato cittadino, regolarizzare un’opera abusiva in assenza di una specifica legge di condono, risultava invece praticabile per un’attività economica, anche se produce bombe!
Alessandra Todde, presidente della Regione Sardegna da poco più di un anno, si è trovata, nei mesi scorsi, davanti alla necessità di rispondere alla richiesta di autorizzazione ex-post, presentata nel 2022 dalla Rwm, volta ad ottenere l’autorizzazione per quanto già realizzato irregolarmente.
Il 23 settembre l’assessorato all’ambiente ha portato in Giunta una valutazione tecnica sostanzialmente positiva, ma l’organo deliberativo ha rinviato la decisione a più approfondite analisi, rilevando che “la proposta di deliberazione pone questioni di particolare rilevanza e dal forte impatto economico, politico, sociale, oltreché tecnico e pratico, che richiedono un accurato esame da parte di tutti gli Assessori”.
Ciò è avvenuto anche a seguito alla presentazione da parte di Italia Nostra e altre associazioni ambientaliste, dei sindacati e del Comitato Riconversione Rwm, di uno studio di 28 pagine, redatto da alcuni esperti, che riguarda numerose altre irregolarità non rilevate dagli uffici regionali.
Rispetto all’espansione di Rwm in Sardegna, si sprecano i tentativi di esponenti del governo e dei partiti di maggioranza al parlamento di fare pressioni sulla Regione, ma la Todde (giustamente) non si è presentata all’ennesimo tentativo di convincimento, un incontro convocato al MIMIT dal ministro Urso, con la scusa dello stato di crisi in cui si trova il comparto industriale del Sulcis-Iglesiente (ormai da ben più di 10 anni), la presenza dei sindaci e dei vertici della fabbrica. Un nuovo incontro è previsto dopo che la Regione avrà valutato tutti gli aspetti ancora poco chiari.
Secondo la Rwm e il ministro Urso, l’ampliamento garantirà circa 750 posti di lavoro. Ma di che tipo e fino a quando? C’è da evidenziare che attualmente, su circa 400 persone impiegate nello stabilimento, solo poco più di 100 sono dipendenti di Rwm, mentre gli altri cambiano ogni 6 mesi e sono assunti da un’agenzia interinale, in deroga alla norma che stabilisce che gli interinali non devono superare il 20%. L’azienda si tutela così rispetto alle variazioni dei mercati di guerra, oggi in crescita vertiginosa, domani chissà!
Inoltre, si parla di occupazione aggiuntiva, ma non si valuta quanta occupazione e quanto sviluppo economico sottrae ai territori la presenza di una fabbrica di armi; secondo alcuni studi, per ogni occupato in più nel settore armiero, se ne perdono 9 in altri settori, a partire dal turismo e dell’agroalimentare, per non parlare delle alte tecnologie civili, tutti comparti che in Sardegna potrebbero essere trainanti.
È evidente che la presidente si trova di fronte ad una questione bollente sotto molti punti di vista, non ultimo il coinvolgimento della Rwm rispetto al conflitto di Gaza, per via dei suoi accordi con imprese israeliane, ma anche la ripresa, autorizzata dal governo Meloni, dell’esportazione verso l’Arabia Saudita, oltre che la guerra in Ucraina, che gli stati europei riforniscono anche di bombe per aereo prodotte da Rwm.
Gli aspetti ambientali e sanitari non sono di poco conto, sia per i rischi di incidente rilevante, in un territorio soggetto a frequenti incendi estivi, sia per l’impatto del nuovo stabilimento sui rischi idrogeologici, in quanto sorge proprio a ridosso dell’alveo di un fiume.
Alessandra Todde sta prendendo tempo e cercando di resistere sia alle pressioni della destra al governo nazionale, sia a quelle interne ai gruppi politici del campo largo al governo in Sardegna, dove alcuni dei suoi esponenti non rinunciano a perorare gli interessi della fabbrica di bombe, nonostante la tragedia di Gaza e la guerra totale alle porte.
Contemporaneamente, c’è anche chi cerca di far decadere la presidente tirando in ballo un vizio nella documentazione della sua campagna elettorale, in maniera da avere campo libero e chi insiste nella presentazione di interrogazioni parlamentari in cui si mette in dubbio la correttezza istituzionale della Giunta sarda e si sottolinea come la fabbricazione di armi possa essere la giusta risposta alla fame di lavoro della Sardegna. Insomma siamo sempre lì, tra i ricatti occupazionali e la posizione etica di chi non si rende conto che più armi significa solo più guerre e più insicurezza, e ridicolizza le preoccupazioni morali.