Rosenstrasse

È la storia di un fatto straordinario accaduto a Berlino mentre il regime nazista viveva suoi ultimi giorni. Un gruppo di donne ariane, sposate con ebrei, riuscirono con la loro tenacia e la loro fermezza a far liberare propri mariti tenuti prigionieri in un palazzo a Rosentrasse e destinati ai campi di sterminio. Tra le mogli c’è anche Lena, che ha rinunciato ai suoi privilegi nobiliari per sposare un ebreo. Con lei c’è Ruth, una bambina rimasta sola che ha preso in casa come se fosse sua figlia. Molti decenni dopo proprio la figlia di Ruth si metterà sulle tracce di Lena, ritrovandola a Berlino ormai novantenne ma ansiosa di raccontare alla giovane tutta la storia. Rosenstrasse è un bel film, autentico ed emozionante, attraverso il quale la regista tedesca riesce felicemente a riportare alla nostra attenzione il ricordo e la memoria di quei giorni. Scegliere di raccontare un episodio del genere comporta il rischio, sempre in agguato, di dare dell’orrore nazista un’immagine non vera. Ma la von Trotta non cade mai nel tranello e riesce a restituire l’angoscia e la speranza di quegli eventi con autentica partecipazione, senza didascalismi o scorciatoie retoriche. Il film ha il pregio e il limite di un messa in scena tradizionalissima, quasi televisiva, che però non eguaglia il vigore espressivo raggiunto da Polansky con Il pianista. Non lo aiuta la scelta di raccontare la storia giocando su più piani temporali, soprattutto perché le vicende contemporanee appesantiscono la narrazione e fanno cadere la tensione. Ma quello che emerge su tutto è la vicenda di queste donne che, senza armi né violenza, riuscirono a piegare il sanguinario regime hitleriano. Rosenstrasse rappresenta di certo un episodio minimo di fronte all’orrore della Shoà, ma è anche una straordinaria testimonianza di quanto possano dignità, coraggio e senso di giustizia. Regia di Margarethe von Trotta; con Katja Riemann, Maria Schrader, Martin Feifel, Jürgen Vogel.

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