Rondoni tra le torri

Animali dal fascino antico cercano dimora sui tetti del nostro territorio.
Una torre rondonara

Ci sono torri e torri tra i manufatti storici dei centri abitati, ma alcune, tra le meno note, riserbano peculiari sorprese. Quasi sconosciute per le più modeste dimensioni, sparse qua e là sul territorio dello Stivale e in genere in zone rurali, sono stranamente contraddistinte da buchi e fori specie nelle parti più alte.
No, non sono segni di degrado, neppure antri robusti per ospitare il supporto dell'impalcatura, necessaria durante la realizzazione per la costruzione del piano superiore, caratteristica questa delle più antiche; neppure elementi di pregio architettonico come le "gelosie" delle case rurali o dei fienili antichi. Sono anfratti, forgiati ad hoc, per un obiettivo specifico. Visti dall'interno, ad ogni foro corrisponde una camera più o meno spaziosa deputata all'accoglienza. L'antro è adatto ad ospitare in genere uccelli neri, instancabili volatori, caratteristici delle antiche borgate cittadine di tarda primavera. Ma, per capirne di più facciamo un salto indietro nel tempo.

Siamo nel medio e basso Medioevo, le fortificazioni rurali conservano ancora una valenza difensiva non trascurabile. Nel contempo gli animali da cortile, importante fonte di cibo per l'economia familiare, non sempre sono sufficienti. Perché non utilizzare allora l'occasione della presenza dei rondoni, in alcuni mesi dell'anno e del loro comportamento così interessato agli anfratti in muratura?
Nasce così l'usanza, specie nel centro-nord Italia di costruire torri e, in epoca successiva case-torri, con l'utilizzo a rondonara. La parte alta o quella turrita durante la costruzione dell'edificio, è forgiata a groviera, con nicchie atte ad ospitare colonie intere di questi volatili.
I fori pullulano su tutte le pareti e possono ospitare anche alcune centinaia di coppie nidificanti. Il motivo? I giovani, prossimi all'involo, sono particolarmente paffuti e "in carne", a coronamento dello sforzo nutritivo dei genitori, preoccupati di fornire loro quantità sufficienti di riserve energetiche per i primi giorni di vita autonoma, una volta lasciato il nido.
Il pieno è tale da far quasi raddoppiare il peso forma dell'adulto in condizioni normali. È a questo punto che gli uccelli diventano una non trascurabile fonte alimentare per la non certo opulenta borgata medievale. I giovani vengono prelevati dall'interno della torre. L'accesso al luogo di cova è permesso da un tappo rimovibile.
Pare che al tempo i rondoni fossero peculiari pizzicherie, culinariamente parlando. Così tramite le torri, restando pur sempre animali selvatici, anche i rondoni entravano in qualche modo a far parte delle fattorie rurali dell'epoca.
Non tutti i giovani venivano prelevati. Almeno uno sui tre in genere allevati dalla coppia veniva lasciato, per assicurare il minimo successo riproduttivo. La colonia si manteneva così nel tempo e poteva offrire il proprio contributo alla grama economia locale.

La pratica negli anni è andata in disuso, ma le rondonare e i rondoni per fortuna ci sono ancora. In alcuni casi dall'interno l'accesso ai nidi è ancora fruibile, l'uso culinario ha lasciato il passo ad un approccio un po' più rispettoso della specie, quello del monitoraggio e studio di questi animali dal fascino antico, grandi transvolatori, ma fedeli ancor oggi, nel periodo riproduttivo, a ritornare come da secoli alla torre.

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