Ritornando sui nostri passi

Le passeggiate in campagna possono riservare grandi sorprese se chi le fa sa cosa guardare. Recentemente in una di queste passeggiate Marco De Angelis e Adolfo Panarello hanno trovato sulle ceneri del vulcano spento di Roccamonfina, in provincia di Caserta, delle strane impronte che hanno poi sottoposto all’attenzione del prof. Paolo Mietto (paleontologo dell’Università di Padova esperto in impronte fossili) da cui sono state subito attribuite a uomini preistorici. Si tratta di tre piste (impronte in sequenza) per un totale di 56 orme situate su un lato acclive della collina. Sono state lasciate circa 350 mila anni fa da alcuni ominidi riferibili alla varietà europea di Homo erectus, cioè Homo heidelbergensis. Le impronte sono senza dubbio di uomini con sicura andatura bipede che scendevano dalla collina sul soffice terreno di ceneri. In una pista hanno facilitato la discesa con una traiettoria a zig zag; in un’altra invece sono scivolati e si sono aiutati con le mani, si trovano infatti, al lato della pista con le impronte di piedi, delle sporadiche impronte di mani aperte; la terza indica un passo regolare in una zona meno pendente. Le piste si sono conservate in seguito a un veloce consolidamento del sedimento dovuto alla rapida alterazione delle ceneri in presenza di intense piogge e l’arrivo di nuovi strati di cenere ha impedito che quelli precedenti venissero erosi. Queste impronte – ci ha detto il prof. Mietto – forniscono utili informazioni sulla postura, sul movimento e sulle scelte di percorso. Oltre questi aspetti funzionali c’è da chiarire chi erano questi antichi uomini di Roccamonfina (questo spetta agli antropologi) perché dalle tracce conservate ne risultano individui di taglia sensibilmente inferiore rispetto a quanto ci si aspetterebbe in quest’epoca. Forse erano giovani o femmine ma si dovrà stabilire con precisione. In base ai calcoli fatti dal professore sulla base delle misure delle impronte, gli uomini che le hanno lasciate dovevano essere alti pressappoco 1,5 metri. Il ritrovamento di Roccamonfina ha importanza su scala mondiale: si tratta, infatti, delle impronte più antiche riferibili al genere Homo che siano state mai trovate. Sono più vecchie delle impronte di Grotta di Tirano in Liguria – continua Mietto – attribuite già all’Homo sapiens. In Europa, poi, c’è una impronta isolata, ma anche molto dubbia, a Terra Amata presso Nizza datata a circa 300 mila anni fa. Ci sono anche delle impronte dubbie in Sud Africa datate a 117 mila anni fa e infine le tracce di Laetoli in Tanzania datate a 3,5 milioni di anni fa ma attribuite ad australopiteci e non propriamente a uomini. L’équipe del professore è ora al lavoro per tirar fuori da queste impronte tutti i dati possibili sperando che non restino isolate, ma che nuove scoperte possano ancora ampliare il campo delle conoscenze finora acquisite. C’è anche da aspettarsi che al più presto sia possibile ritornare a calpestare le impronte dei nostri antenati visitando il sito di Roccamonfina; sono in corso di studio, infatti, degli interventi di valorizzazione dei reperti.

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