Ritmo e multiculturalismo: il grande Liverpool diventa un film

Il grande Liverpool forgiato dal tecnico Jurgen Klopp, ormai da anni sulla cresta dell’onda del calcio internazionale, è un mix multiculturale particolarmente vincente: ora diventa un film
Liverpool (Paul Ellis/Pool via AP)

«I musulmani si lavano il corpo molto spesso in base ai dettami della loro religione. Quindi finiamo sempre il riscaldamento con qualche minuto di anticipo per dare a giocatori come i nostri Mané e Salah il tempo di lavarsi prima della partita, come richiede l’Islam. È importante concedere questi minuti per dare loro il tempo di fare qualcosa di assolutamente importante. Mi piace avere una squadra così multiculturale. Per me avere degli ambasciatori così bravi per la religione musulmana nella nostra squadra è davvero fantastico».

Parlò così “il mago” tedesco Jurgen Klopp, capace di riportare a Liverpool il titolo di campione della Premier League inglese, 30 anni dopo l’ultimo successo nella prima serie d’oltre Manica, oggi la più ricca del mondo per giro d’affari. Un tecnico capace soprattutto, l’anno prima, di riportare il Liverpool sul tetto del calcio mondiale vincendo il trofeo più importante per club, la Champions League. Con un gruppo puntualmente selezionato, uomo per uomo, e plasmato secondo la sua avvincente idea di gioco: un calcio spettacolare, elettrico ed estremamente dispendioso, ma sempre “heavy metal tra tanti del rock’n roll” come ama definirlo egli stesso.

Un’espressione di ritmo e multiculturalismo armonica e ricercata, che ora è diventata anche un nuovo film: The End of the Storm, diretto da James Erskine e già disponibile in versione digitale, racconta la stagione vincitrice del titolo del Liverpool con dettagli vividi e lunghi, quasi fosse una lettera d’amore a quella sorprendente corsa vincente, ai suoi effetti sui tifosi del Liverpool in tutto il mondo e agli eventi straordinari della pandemia globale. Numerosi gli aneddoti e gli spunti inediti legati al rapporto tra Klopp e la sua squadra di campioni, capace di colpire ed entusiasmare gli sportivi di tutto il globo per la sua unità di intenti, ma anche per l’attenzione maniacale ai dettagli, comprese le esigenze spirituali dei giocatori.

Jurgen Klopp, allenatore del Liverpool (Brunskill/Pool via AP)

«Mi piace il fatto che abbiamo un gruppo tanto multi-culturale con ambasciatori così esemplari di molti culti” – sottolinea Klopp, spesso menzionato per il pressing con cui i suoi assillano gli avversari: «Non devi essere più in forma di altri per giocare per il Liverpool. Devi solo essere in forma per adattarti al nostro piano. Il nostro gioco in realtà non è così intenso come sembra – spiega proposito: – facciamo le cose che facciamo per risparmiare energia. Mi spiego: guadagnare immediatamente la palla è uno sprint di due o tre yard e, se un giocatore non guadagnasse la palla in quella determinata zona di campo, ben dieci giocatori dovrebbero poi correre per 50 o 60 iarde per riconquistarla e sarebbe molto più estenuante».

Inevitabile quindi in The End of the Storm il tragico affacciarsi nel mondo dell’epidemia di Covid-19, che attraversa le narrazioni calcistiche della pellicola come un’oscura lama, pur trattata con delicatezza, tra i volti di tifosi del Liverpool di tutto il mondo, incluso uno a Wuhan, in Cina, primo focolaio mondiale. «Ricordo che abbiamo giocato contro il Bournemouth (il 7 marzo, ndr) ed eravamo in vantaggio di 25 punti – rammenta in proposito Klopp. Mi sono svegliato l’indomani mattina e ho sentito parlare della chiusura di scuole e università a Madrid. Poi abbiamo avuto una partita di Champions League incredibilmente importante contro l’Atlético… e c’erano tra le cinque e le 6mila persone sugli spalti che venivano da Madrid: non aveva assolutamente senso e fu chiedere ai giocatori di fare di tutto per vincere una partita di calcio senza sapere cosa sarebbe successo il giorno dopo».

La trama ripercorre dunque non solo le incertezze del primo lockdown e la necessità di offrire sostegni reciproci, ma anche il ricordo del padre, deceduto vent’anni fa, offerto dallo stesso Klopp:«Un giocatore di football incredibile. Il Kaiserslautern gli offrì un contratto quando aveva 18 anni ma mio nonno non gli permise di unirsi a loro. Voleva realizzassi i suoi sogni… e ora sto ottenendo ciò che voleva facessi, nonostante lui non possa essere qui con me per confrontarci sulla storia che stiamo scrivendo»… e che ora, attraverso un film, sarà ancora più semplice apprezzare.

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