Riprendiamoci la cultura

Come una persona ascolta da un medico la sentenza di morte per la persona cara, e non perde la speranza anzi l’afferra più stretta, ma deve prendere atto della presente realtà, così negli ultimi anni ho dovuto prendere atto, per la società italiana (ma con larghe corrispondenze europee e non solo, a quanto mi risulta), di un crollo verticale, sbriciolante e polverizzante, della cultura. Dicendo questa parola non intendo né la preziosa erudizione né le alte e profonde conoscenze specialistiche individuali, intendo la coltivazione dell’uomo (questa è, prima di tutto, la cultura), e cioè l’humus umano-familiare-scolastico- sociale in cui, quali che siano le proprie convinzioni e inclinazioni, si maturano conoscenze condivise, radici profonde, gerarchie di valori nel pensiero e nell’acquisto di cognizioni e riflessioni; gusto e sentimento (cioè coscienza e amore) della bellezza, istintivo orientamento a ciò che è più grande e profondo, cioè scavato nella vicenda dell’autocoscienza umana. Vorrei proporre due poli diversissimi e quasi oltraggiosamente (lo faccio apposta) accostati, di questa mia presa di coscienza. Studiando, come ho fatto a lungo, Leopardi, ho capito tre versi stupendamente raggelanti come il cadere dentro la frattura di un lago ghiacciato. Rivolgendosi alla luna, il pastore del Canto notturno dice con stremata ironia: Tu sai, tu certo/ a qual suo dolce amore/ rida la primavera. L’altro polo, ripeto, oltraggiosamente ma appositamente accostato a quello leopardiano, è il giudizio, qualche anno fa, di un disk jokey sulle Confessioni di sant’Agostino: Un’opera banale. Ora anche il più rozzo e feroce nemico del cristianesimo (e della cultura) non direbbe una cosa del genere, che è frutto della più selvatica barbarie. Ma Leopardi l’aveva disperatamente capito: perso il senso e il significato della bellezza, che è luce dell’essere, la vita è male , peggio, è confusione e casualità; non vi è più, direbbe Nietzsche (La gaia scienza), alto e basso, destra e sinistra, si precipita a caso nel vuoto. Esattamente la nostra situazione di oggi: essendo un gran numero di genitori svuotati di ogni fede o convinzione vitale, essendo la scuola distrutta da riforme pazzesche che l’hanno in vario modo inceppata e poi data in pasto al più becero strutturalismo (non parlo di quello in qualche suo modo grande, da Jakobson a Lévi- Strauss, ma degli epigoni nichilisti), che ti enumera le occorrenze avverbiali o interiettive di un’opera letteraria ma rifugge da ogni perché, essendo lo strutturalismo per sua posizione oppressore e soppressore di ogni verità; essendo stato scelto, dalla società politica, il totale relativismo culturale e morale, senza neppure l’onestà di riconoscere che l’abbandonare ogni morale è anch’essa una scelta morale, precisamente la peggiore, la più distruttiva; essendosi sostituito al clima morale-culturale in cui sono cresciuto, modesto ma umano e in larga parte sano, un clima di faccio quello che mi pare al ritmo delle imbecillità cinematografiche e televisive e della musichetta consuma-su-consuma (e consùmati), il clima culturale della nostra società, come sta avvenendo, ancora speriamo riparabilmente, di quello meteorologico, è in via di rapida distruzione e sicuramente di largo e profondo deterioramento – è superfluo riferirsi ai mille quotidiani fatti di cronaca che ne sono emblematici. A ciò va aggiunto che in Italia – e non so quanto, altrove – la cultura in senso stretto: università, istituzioni, emittenze specifiche radio- televisive, editoria cosiddetta grande (mai aggettivo fu più ironico), è ferocemente ritagliata in feudi e mafie (salvo rarissime personali eccezioni); a cui o si appartiene o se ne è esclusi, e a cui la cultura interessa precisamente solo come ciò che non è, cioè potere, denaro, carriera, successo. Sapendo tutto ciò, e che la cultura è davvero la coltivazione dell’uomo, coltivazione individualesociale (i bambini selvaggi allevati da animali, una volta riportati nella società civile, pur con tutti gli sforzi educativi non sono mai diventati pienamente umani), bisogna acquistare la coscienza grave e dolorosa della necessità di ricominciare, non diciamo da zero, perché anzi nel mare dei relitti culturali nuota ogni genere di materiali riutilizzabili; ma da una lenta faticosa e quotidiana opera di ri-acculturazione, cioè di ricomposizione in sintassi, non in sabbia incoerente, di valori contenuti e forme oggi abbandonati e spesso programmaticamente disgregati e buttati lì alla mercè delle scelte più volubili ed effimere se non casuali. Questa opera comporta anzitutto il piantare radici. Non elenchi volatili di cose da assaggiare, di libri da leggere secondo i gusti e le occasioni, tutti equivalenti, tutti terribilmente indifferenti e perciò inutili e dannosi, ma radici, fondamenti comuni e universali. Se ciò sembrasse impositivo e intollerante vorrebbe dire che siamo oltre ogni soglia di stupidità curabile. Il Simposio di Platone, ad esempio, non è né di destra né di sinistra, né di moda né fuori moda, è un’opera che, se non la si conosce nutrendosene, e profondamente, lascia per la sua assenza un buco nella conoscenza, e nella coscienza, incolmabile. Perciò ci sforziamo anche noi, come possiamo e sappiamo, di lavorare in questa direzione: in questo momento fornendo un elenco di conoscenze (stavo per scrivere letture ma non basta, non è solo letteratura) primarie e irrinunciabili – elenco certo perfettibile nel senso dell’aggiungere ma non del togliere o sostituire -; in seguito, proponendo ai nostri lettori una o un’altra pagina fondamentale e insurrogabile delle nostre radici. Vorrei ripetere, a scanso di un troppo pericoloso equivoco, che questo elenco non è frutto dei gusti di pasticceria di chi scrive, ma di un giudizio, maturato in decenni, di indispensabilità. Ad esempio, Joyce non è precisamente tra le mie preferenze, ma è irrinunciabile perché niente gli somiglia o può sostituirlo, mentre altri scrittori che mi sono cari qui non figurano perché non li ritengo unicamente essenziali. E d’altra parte non si vorrà sostituire 1’Odissea con le avventure di Harry Potter. Spero di essermi fatto capire, e che questa proposta abbia un’eco e un seguito. RADICI Antologia di poesie classiche cinesi – Antologia di poesie classiche giapponesi – Tao Te Ching – Baghavad Gita – Discorsi del Buddha – Gilgamesh – Libro egiziano dei morti – Libro tibetano dei morti – Presocratici – Bibbia – Iliade – Odissea – Eneide – Eschilo – Sofocle – Euripide – Platone (almeno Apologia, Fedone, Simposio, Fedro, Lettere) – Plauto (almeno Amphitruo) – Terenzio – Cleante: Inno a Zeus – Epitteto: Manuale – Catullo (soprattutto il carme LXXII) – Orazio – Seneca (soprattutto le Lettere a Lucilio) – Acta Martyrum – Ignazio di Antiochia – Agostino (almeno le Confessioni, La Trinità, e La città di Dio). – Benedetto – Anselmo: Proslogion – Francesco: Scritti, con il Cantico – Bonaventura: Itinerarium mentis in Deum – Caterina da Siena: Lettere e Dialogo – Dante – Machiavelli: Il principe (come opera d’arte) – Michelangelo: Rime. – Shakespeare – Cervantes: Don Quijote – Teresa d’Avila: Vita – Giovanni della Croce – Locke: Lettera sulla tolleranza (per verificarne l’importanza insufficiente) – Voltaire: Candido – Rousseau: Il contratto sociale (per il pover’uomo moderno) – Goethe: Faust – Hölderlin – Leopardi – Manzoni: I promessi sposi, Adelchi, Inni sacri, Osservazioni – Marx-Engels: Manifesto del partito comunista – Balzac: Eugenia Grandet, Papà Goriot – Kierkegaard: Diario, Il concetto dell’angoscia, La malattia mortale, Timore e tremore – Flaubert: Madame Bovary – Baudelaire: I fiori del male – Rimbaud – E. Dickinson – O. Wilde: II ritratto di Dorian Grey, Il principe felice – G. M. Hopkins: II naufragio del Deutscheland – F. Dostoevskij: Le notti bianche, Memorie di una casa di morti, Memorie del sottosuolo, Delitto e castigo, L’idiota, I demòni, I fratelli Karamazov – Tolstoj: La morte di Ivan Ilijc – Nietzsche: Così parlò Zarathustra – H. von Hoffmannsthal: Lettera di Lord Chandos – F. Kafka: La metamorfosi, Un messaggio dell’imperatore, Il processo, Il castello – Th. Mann: Considerazioni di un impolitico – G. K. Chesterton: Ortodossia – M. Heidegger: Essere e tempo – S. Bulgakov – P. Florenskij – F. Molnar: I ragazzi di via Pal – J. Joyce: Ulisse – I. Svevo: La coscienza di Zeno – L. Pirandello: Sei personaggi in cerca d’autore, Enrico IV – Teresa di Lisieux: Scritti autobiografici – R. Tagore: Gitanjali – T. S. Eliot: La terra desolata, Assassinio nella cattedrale, Quattro Quartetti – B. Pasternak – O. Mandel’štam – S. Weil (almeno L’amore di Dio e l’infelicità) – C. S. Lewis: Lettere di Berlicche – A. Camus: La peste – J. P. Sartre: La nausea – P. Celam – S. Beckett: Aspettando Godot, Finale di partita – E. Ionesco: La cantatrice calva, Il rinoceronte – I. Silone: Uscita di sicurezza, L’avventura d’un povero cristiano – P. P. Pasolini: Le ceneri di Gramsci, Scritti corsari – G. Testori: In exitu – Concilio Vaticano II: Lumen Gentium, Dei Verbum, Gaudium et Spes. Degli artisti figurativi, troppo mi sembrano essenziali: Giotto – Beato Angelico – Andrej Rublev – Grünewald – Raffaello – Leonardo – Michelangelo – Caravaggio – Vermeer – Rembrandt – El Greco – Goya – Millet (perché del gesto di infornare il pane dà il sacro e l’epico) – Van Gogh – Cézanne – Rouault – Rothko – Chagall – Klee – Morandi – Giacometti – Munch – Gaudì – F. Bacon. (senza nulla togliere ad altri grandi e grandissimi).

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons