Ripensare la spesa sanitaria

Una caratteristica della medicina contemporanea è rappresentata dall’introduzione nella pratica clinica di nuovi farmaci, ma ancor più, di nuove analisi e tecnologie di imaging.
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Una caratteristica della medicina contemporanea è rappresentata dall’introduzione nella pratica clinica di nuovi farmaci, ma ancor più, di nuove analisi e tecnologie di imaging. Pochi esempi: l’ecografia a colori a distanza di tempo non ha dimostrato di offrire quei maggiori vantaggi promessi, rispetto a quella tradizionale in bianco e nero. La chirurgia di fusione per il mal di schiena, salvo casi particolari, è stata fortemente criticata dal Journal of the american medical association che ha dimostrato, statistiche alla mano, come risultati migliori si possono ottenere con interventi più semplici che diminuiscono altrettanto bene la pressione sui nervi, oltre che i costi dell’intervento. Secondo gli ortopedici italiani che si occupano di chirurgia della schiena sono inutili il 20 per cento degli interventi e il 25 per cento delle risonanze magnetiche. Fare il Psa, il test specifico per selezionare gli uomini a rischio cancro prostatico, senza la visita urologica è poco più attendibile del testa o croce, come dichiarato dal suo scopritore. Si potrebbe proseguire a lungo.

 

Anche alcuni farmaci di recente introduzione non si sono dimostrati migliori di quelli già in uso. Queste considerazioni non vogliono scoraggiare la ricerca scientifica in medicina, né limitare l’assistenza ai malati, ma semplicemente affermare che non sempre le novità sono la cosa migliore.

Di qui la necessità di ripensare i meccanismi che comportano maggiori costi, senza adeguati benefici in un settore che sembra soggiacere a quel consumismo che non giova alla società intera. Perché allora non ipotizzare un organismo indipendente, composto da cittadini, ammalati, medici, rappresentanti di aziende ospedaliere e delle regioni che dialoghino con il ministero della Sanità? Non è un suo compito, d’intesa con il ministero dell’Economia, calmierare questa materia sia per la sanità pubblica che per quella privata? Non dovrebbe provvedere a ciò una legge che riscuota il favore di ogni parte politica, vista la crisi che attraversiamo?

 

A proposito di crisi: secondo un sondaggio effettuato dall’Istituto Freni ricerche di marketing su “Comportamenti in materia di spese sanitarie davanti alla crisi economica” è emerso che i cittadini hanno modificato i loro comportamenti di spesa e consumo nella misura di un meno 11 per cento. Se però la domanda di salute è urgente – esami clinici, interventi chirurgici, protesi – il 26 per cento del campione intervistato dichiara di aver speso di più a causa dell’incremento dei costi delle prestazioni.

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