Rileggendo le encicliche

Una riflessione sulla Caritas in Veritate di Benedetto XVI alla luce della Fratelli tutti di papa Francesco, a firma di un nostro lettore
Papa Francesco, a sinistra, abbraccia il papa emerito Benedetto XVI, in Vaticano, il 28 giugno 2017. Foto: L'Osservatore Romano/via AP (archivio)

Ho riletto di recente l’enciclica Caritas in veritate, di papa Benedetto XVI, promulgata il 29 giugno 2009, festa santi Pietro e Paolo. È un documento di straordinaria importanza e, a mio avviso, di grande attualità, pur essendo stato realizzato 14 anni fa, che rientra a pieno titolo nel filone della Dottrina Sociale della Chiesa; e che ritengo si “sposi” perfettamente con la più recente Fratelli tutti di papa Francesco, uscita nell’ottobre 2020, in piena fase di pandemia.

Lo scritto di Benedetto XVI richiama in molti passaggi la Populorum progressio (1967) di Paolo VI, che più di quarant’anni prima aveva offerto uno “spaccato” molto importante sulla condizione socio-economica mondiale segnata, a oltre vent’anni dalla fine del secondo conflitto mondiale, da perduranti profonde disparità. La P.P. si faceva carico di quella situazione e sottolineava, a più riprese e come uno dei motivi di fondo, la necessità che la parte più avvantaggiata del mondo non solo sotto il profilo economico, ma più in generale quanto all’attenzione posta ai diritti ed al perseguimento di condizioni di vita più eque delle popolazioni, assumesse un atteggiamento di responsabilità e, potremmo dire, di “restituzione” (per quanto era stato “ sottratto” durante l’epoca coloniale) verso il resto, meno fortunato quanto più numeroso, del mondo.

A partire da quel riferimento la Caritas in veritate (La carità nella verità) prende atto dei grandi cambiamenti intervenuti negli ultimi decenni, ponendo l’accento in particolare sul processo di globalizzazione del mercato che si è verificato. E sostiene che se da un lato la globalizzazione si è presentata come un’occasione per la riduzione di quelle disparità, cui faceva riferimento Paolo VI nella Populorum Progressio, dall’altro si è rivelata un’occasione mancata.

Infatti quel processo, su scala mondiale, ha finito per premiare più la ricerca della crescita di profitti privati che quella di una redistribuzione delle risorse, a vantaggio delle popolazioni che già in precedenza soffrivano per il loro ritardo nello sviluppo. Popolazioni che sono rimaste subordinate alle logiche di una globalizzazione volta, per lo più, alla soddisfazione di interessi lontani da quello dello sviluppo dei Paesi – generalmente ex colonie di Paesi occidentali – dove si verificava la delocalizzazione dei capitali. Così lo scritto di papa Benedetto XVI trova un collegamento, direi, naturale con le successive encicliche sociali di papa Francesco: dalla Laudato si’ (2015) che affrontava il problema di una nuova ecologia “integrale”, con una particolare attenzione sia all’ambiente naturale che a quello umano, alla più recente Fratelli tutti, richiamata all’inizio.

Soprattutto quest’ultima, portando con grande determinazione e coerenza l’attenzione sul perdurare e, in non pochi casi, sull’aggravarsi di situazioni nello scenario mondiale (in varie circostanze papa Francesco ha parlato di una “ guerra mondiale a pezzi”), ha presentato una riflessione innovativa, ma che nelle linee generali era già presente, anche se non sviluppata in modo articolato, sia nella Populorum Progressio che nella Caritas in Veritate. Mi riferisco alla prospettiva di un mondo in cui alla luce di una visione evangelica, ma senza preclusioni e nel rispetto di ogni altra fede religiosa e cultura, si possa tendere a realizzare rapporti di condivisione e fraternità, anziché di contrapposizione fino all’estremo della guerra. Papa Benedetto XVI aveva già chiarito molto bene come la ragione umana “guidata” dalla convinzione della sola autosufficienza dell’uomo e volta principalmente alla realizzazione dell’utile (perlopiù in una direzione egoistica), se era stata in grado, da una parte, di dare vita a costruzioni politiche-economiche-sociali di grande rilievo, non era però in grado di fondare una convivenza basata sulla fraternità.

Nella Fratelli tutti papa Francesco, prende avvio dalla parabola evangelica del Buon samaritano. Una parabola che mostra come sia possibile realizzare un rapporto di solidarietà e fraternità tra persone appartenenti a mondi e convinzioni diverse (c’era, come è noto, contrasto, per non dire contrapposizione, tra Samaritani e Giudei). Senza nascondere le ombre presenti nel nostro mondo, la Fratelli tutti delinea un possibile, anche se certamente impegnativo, nuovo scenario, in cui uomini di buona volontà, credenti o meno che siano, cooperino per la costruzione di una comunità umana che possa sempre più scoprire il valore dell’ accoglienza, dell’ accettazione dell’altro, diverso da sé nel rispetto reciproco, tendendo alla fraternità.

Renato Algeri

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