Rigopiano, arriva la sentenza di appello

A sette anni dalla valanga killer sul resort abruzzese, viene parzialmente riformata la sentenza di primo grado con la condanna di altri tre imputati.
Una veduta aerea di quel che rimane dell'hotel Rigopiano di Farindola che sette anni fa, il 18 gennaio 2017, fu travolto e distrutto da una valanga, alle pendici del versante pescarese del Gran Sasso, provocando la morte di 29 persone, 18 gennaio 2024. ANSA / Emanuele Valeri

Arriva al sentenza della Corte d’appello de L’Aquila per il caso di Rigopiano, la tragedia del resort che vide la morte di 29 persone, tra dipendenti ed ospiti dell’hotel, a causa di una valanga, il 18 gennaio 2017, in giorni di emergenza neve in Abruzzo. Undici i superstiti. La sentenza, arrivata in data 14 febbraio, ha stabilito un totale di otto condanne per la strage, tre in più rispetto al primo grado di giudizio. La prima e di maggior rilievo, per l’ex prefetto Francesco Provolo, al quale i giudici hanno inflitto un anno e otto mesi per falso ideologico e rifiuto di atti di ufficio (mancata convocazione della sala operativa), mentre è stato assolto dall’accusa di depistaggio. I capi d’accusa a lui imputati erano, appunto, omissione di atti d’ufficio, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, ma anche frode in processo penale e depistaggio e morte o lesioni come conseguenza di altro delitto, omicidio colposo.

Per Leonardo Bianco, l’ex capo di gabinetto della Prefettura, condanna di un anno e quattro mesi. Per Enrico Colangeli, tecnico del comune di Farindola, la pena è di due anni e otto mesi. Entrambi erano stati assolti in primo grado. I giudici hanno confermato, inoltre, le condanne del primo grado per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta a due anni e otto mesi; quella per i dirigenti della provincia Paolo DIncecco e Mauro Di Blasio a tre anni e quattro mesi ciascuno e per il tecnico geometra Giuseppe Gatto e lex gestore dellhotel Bruno Di Tommaso di oltre sei mesi. 22 le assoluzioni.

Il ricorso in appello ha visto l’udienza nella giornata di ieri aperta e chiusa senza alcuna replica dalla parte civile, della pubblica accusa e degli avvocati dei 30 imputati. Dopo, i giudici del collegio presieduto da Aldo Manfredi si sono ritirati per sette ore in Camera di Consiglio per decidere sui molti ricorsi presentati. Il primo, fra tutti, quello presentato dalla Procura di Pescara, con il procuratore capo Giuseppe Bellelli e i sostituti procuratori Anna Benigni e Andrea Papalia, contro l’assoluzione di 25 dei 30 imputati. Il primo grado aveva visto, infatti, cinque condanne e 25 assoluzioni, mentre la richiesta dei pm era stata di 26 condanne per un totale di 150 anni, per reati che andavano dal disastro colposo, all’omicidio plurimo aggravato e altri reati.

In primo grado, ricordiamo che l’accusa di disastro colposo era caduta per molti dei principali imputati tra cui anche l’ex prefetto Francesco Provolo e l’ex presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco. Per loro il pool della procura aveva chiesto rispettivamente dodici e sei anni. In quell’occasione, erano stati assolti anche i tecnici e i dirigenti regionali. I reati imputabili, secondo l’accusa andavano a vario titolo dalla gestione dell’emergenza, ai permessi di costruzione e ampliamento sul sito, ai soccorsi fino ad un presunto depistaggio riguardo la telefonata drammatica di Gabriele D’Angelo, una delle vittime, che allertava la prefettura sulla situazione di pericolo e fatta sparire. La sentenza di assoluzione di primo grado aveva scatenato una forte reazione da parte dei parenti delle vittime. Dopo la sentenza in appello di oggi, gli stessi però sentono che ancora non è stata fatta giustizia e che ad essere colpita sia stata soprattutto la prevenzione. Nessuna condanna, infatti, è stata inflitta a chi avrebbe dovuto mettere in atto una serie di azioni volte ad evitare il disastro. I parenti delle vittime hanno atteso la sentenza indossando magliette in ricordo dei propri cari e striscioni con i volti delle vittime.

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