Riforma del Senato: a che punto siamo?

Dopo le divergenze interne al Pd e l'ostruzionismo dell'opposizione, il voto del 13 ottobre è solo una tappa del lungo iter parlamentare, al termine del quale anche noi cittadini saremo interpellati. Perciò è necessario essere ben informati sui contenuti del disegno di legge
Il ministro Boschi

Nel mezzo del cammin della XVII legislatura, il Parlamento è risolutamente impegnato nelle votazioni per la modifica della Costituzione. Mentre scriviamo, si sono appena sciolti, o per lo meno allentati, i nodi più aggrovigliati: il braccio di ferro interno al Pd e l’ostruzionismo emendativo della Lega nord. Pertanto è stata fissata la data per il voto “finale” del Senato, il 13 ottobre. Le virgolette all’aggettivo finale sono determinate dal fatto che in realtà per la fine vera e propria dell’iter manca ancora tanto: una lettura alla Camera per consolidare il testo, che è già stato approvato una prima volta dal Senato, modificato dalla Camera, in questi giorni ritoccato dal Senato. A questo punto la Costituzione prevede almeno tre mesi di pausa prima della votazione finale, che deve avvenire in ciascuna camera a maggioranza almeno assoluta dei componenti (la metà più uno).

Terminati questi passaggi parlamentari, vedremo finalmente la pubblicazione del testo nella Gazzetta ufficiale, ma per l’entrata in vigore sarà necessaria la ratifica del corpo elettorale. Di noi cittadini, dunque. Ci siamo chiesti come mai il presidente Renzi e il ministro Boschi, quando parlano di questa riforma, spesso e volentieri parlano anche di un referendum? Perché la nostra Costituzione è di tipo “rigido”, cioè ha regole molto stringenti per le modifiche a sé stessa e allora ha previsto che o il Parlamento le approvi con una maggioranza dei due terzi dei componenti; oppure se il voto finale è a maggioranza assoluta (come sarà in questo caso) si possa chiamare il popolo a dire la sua. Non è obbligatorio ma la prassi, tanto delle forze di maggioranza che quelle di opposizione, ormai è consolidata in questo senso. Quindi dovremo dire Si o No a questa riforma e perciò è necessario essere ben informati sui suoi contenuti.

Il disegno di legge, si sa, punta a cambiare la composizione e i compiti del Senato, per distinguerlo dalla Camera ed evitare così le attuali sovrapposizioni di compiti. Dopo faticosi compromessi sulla composizione (che sarà principalmente di rappresentanti delle Regioni) e nonostante le due approvazioni al Senato e alla Camera (“letture” o “navette” come sentiamo dire nei tg) si è riproposta la questione della elettività dei senatori da parte dei cittadini, non prevista dal testo. Il tema è stato al centro di una contrapposizione forte tra minoranza e maggioranza interne al Pd, sanata alla fine con un accordo in tre punti: i cittadini avranno voce in capitolo nell'individuazione dei nuovi senatori regionali, con modalità che saranno disciplinate con legge; al Senato tornano alcuni poteri di controllo che erano stati eliminati nel passaggio alla Camera; infine i senatori parteciperanno all'elezione di alcuni giudici costituzionali.

Ma il cammino parlamentare è accidentato anche per via della incisiva attività delle opposizioni, M5S, Sel e Lega nord, che di certo non si sono accontentati degli accordi intra-Pd e hanno reagito anche alla decisione di portare subito il testo all'esame dell'Aula, saltando il passaggio in commissione. Un'opposizione pronta anche a misure straordinarie, come dimostra l'ostruzionismo della Lega nord che, per mano del sempreverde sen. Calderoli, è riuscita a presentare 85 milioni di emendamenti, al momento in parte ritirati. Uno dei tanti accadimenti inediti cui assistiamo in questi anni di convulsa vita istituzionale. Al presidente Grasso la patata bollente. Che però non è l'unica. Si attende di giorno in giorno un'altra decisione che spetta personalmente al presidente del Senato e che anch'essa non riscontra precedenti nella storia repubblicana: ammettere o no i numerosi emendamenti tesi a modificare le parti del disegno di legge già approvate sia dal Senato che dalla Camera (in prima e seconda lettura, come si dice in gergo). Si vede a occhio nudo che non si tratta di una decisione formale: non lo è perché avrà valore di precedente per l'avvenire e non lo è nel merito, perché se decidesse in maniera affermativa, si riaprirebbero completamente i giochi sui punti che hanno creato più contrapposizione, a cominciare dall'esistenza stessa del Senato.

E non avremmo elencato tutte le insidie se non facessimo menzione dei numeri necessari per il voto finale, a maggioranza assoluta dei componenti. In vista di quel passaggio, sono in atto le grandi manovre tra i banchi della più mite opposizione di Forza Italia, già scissa con Fitto sotto specie “anti-renziana”, oggi ancora assottigliata dalla nascita di Ala, il gruppo formato da Verdini in esplicito sostegno al governo.

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