Ricordando frère Roger

Il fondatore dell’abbazia di Taizé nel centenario della nascita. Uno spirito ecumenico perché evangelico
Roger Shutz priore di Taize

Era il 12 maggio del 1915, cent’anni fa. In Svizzera nasceva Roger Schutz Marsauche, universalmente noto come frère Roger, priore dell’abbazia ecumenica di Taizé sin dalla sua fondazione, nella Pasqua 1949, cristiano riformato. Morì il 5 agosto 2005, ammazzato da una squilibrata mentre pregava.

Scrisse in quell’occasione Chiara Lubich, cui l’univa tra il resto il duplice riconoscimento del Premio Templeton e del premio Unesco per l’educazione alla pace: «Frère Roger è stato un costruttore di pace, un profeta di speranza e di gioia. “Dio ci vuole felici”, mi scriveva circa due mesi fa, ed ora lo pensiamo nella pienezza della gioia in seno alla Trinità».

La biografia di frère Roger parla di una vita spesa soprattutto al servizio dell’unità dei cristiani. Per questo fu estremamente vicino a papi e leader religiosi, gettando continuamente ponti tra una Chiesa e l’altra, sia teologicamente che pastoralmente. In sé incarnò e simboleggiò questa tensione, riuscendo ad ottenere da alcuni vescovi cattolici di poter ricevere l’Eucaristia.

Si speculò dopo la sua morte su una sua adesione alla Chiesa cattolica e un suo abbandono del protestantesimo. La questione può essere compresa solamente con quanto egli stesso disse a Giovanni Paolo II durante il Concilio dei giovani del 1980 a Roma: «Ho trovato la mia vera identità di cristiano riconciliando in me stesso la fede delle mie origini con il mistero della fede cattolica, senza rompere la comunione con nessuno».

Attirò innumerevoli giovani in manifestazioni grandi e piccole, in cui la preghiera e la fraternità erano al centro degli interessi di ognuno e di tutti. Nella sua abbazia – chiunque vi transitava e vi transita ancora non può rimanere indifferente alla straordinaria atmosfera di pacifica e serena intimità – sono transitati milioni di fedeli di diverse Chiese cristiane e numerosissimi non credenti.

Un pensiero di frère Roger mi sembra ben sintetizzare la sua sensibilità ecumenica: «Come i tuoi discepoli sulla strada di Emmaus, tanto spesso non riusciamo a scoprire che sei tu, il Cristo, che ci accompagni. Ma quando i nostri occhi si aprono, capiamo che tu ci parlavi anche se ti avevamo dimenticato. Allora, il segno della nostra fiducia in te è che noi pure cerchiamo di amare, di perdonare con te. Indipendentemente dai nostri dubbi, e perfino dalla nostra fede, tu, il Cristo, sei sempre presente: il tuo amore brucia nel cuore del nostro cuore».

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