Riciclaggio mafioso e banche opache

A Firenze un confronto tra istituti di credito, associazioni e imprenditori su un tema che tocca trasversalmente tessuto produttivo e organizzazioni criminali. Eppure essere etici e trasparenti premia. L'esperienza di Banca etica.
L'insegna di una banca

Cosa hanno in comune un senza dimora inconsapevolmente proprietario di cinque Srl, una consulenza ad una banca fatturata per 2 milioni e mezzo di euro e quattro aziende che hanno sede nello stesso sgabuzzino di un paesino sperduto? Sono solo alcuni dei mille variegati volti del riciclaggio di denaro sporco da parte di associazioni mafiose.

Volti raccontati nel corso del seminario su riciclaggio e infiltrazioni mafiose svoltosi lo scorso quattro maggio nell'Auditorium CISL di Firenze. L’incontro, promosso da Banca Etica, Centro Studi sociali contro le mafie ‘Progetto San Francesco’, Fiba, Cisl, Social Life e Libera, ha offerto una ricchissima pluralità di voci che ha visto molteplici settori della società civile impegnate nell'analisi e nel contrasto alla criminalità organizzata. Voci autorevoli e appassionate, moderate da Nicola Borzi, giornalista del Sole 24 Ore.

Ad aprire i lavori Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica, che anche quest’anno punta una crescita del 5%, in assoluta controtendenza rispetto alla maggior parte degli altri istituti bancari: «Finanza-opacità è un connubio più ricorrente rispetto a finanza-etica, perché se parliamo di opacità vediamo centinaia di grandi società, che nominiamo ogni giorno, avere partecipazioni presso altre società con sede giuridica in paradisi fiscali. Riciclare milioni di euro è semplice attraverso strumenti finanziari: un problema culturale e sostanziale che porta Banca Etica sia a pubblicare sul web tutti i finanziamenti erogati, sia a non prestarsi all’applicazione della legge sul rientro dei capitali dall’estero attraverso il celebre ‘scudo fiscale’».

Don Andrea Bigalli, responsabile per la Toscana di Libera contro le mafie, ha posto l’accento sulla «presenza delle norme per le quali l’Italia è uno dei paesi più avanzati nella lotta al riciclaggio, ma non altrettanto quanto al relativo rispetto, per un problema evidentemente antropologico. Se per potere acquisire il massimo profitto nel minor tempo possibile – ha spiegato – sono disposto a tralasciare categorie di responsabilità e rispetto, possiamo apprezzare la provocatoria domanda di Brecht, il quale si chiede “cos’è una rapina in banca in confronto alla fondazione di una banca».

Dopo alcuni esempi forniti dal Procuratore di Firenze, Giuseppe Quattrocchi, citati in apertura di articolo, e alcune precise nozioni fornite dal moderatore Borzi, il Professor Alberto Vannucci, professore all’Università di Pisa, e Mauro Meggiolaro, della Fondazione Culturale Responsabilità Etica, hanno posto l’accento sulla marea di metodi finanziari di cui le mafie godono al momento per riciclare denaro sporco, ricevendo appoggi imprenditoriali e politici: «un politico corrotto è come un diamante: è per sempre, giacché dal primo ricatto accettato diviene sostanzialmente dipendente da logiche che con l’indirizzo votato alla collettività non hanno nulla a che vedere», ha affermato ironicamente Vannucci.

«Il tema che più preoccupa – ha conclusoi lavori Alessandro De Lisi, del Progetto San Francesco con Libera – è la legittimazione di tutti quei capitali derivati da una vasta zona grigia tollerata, ossia per tanti versi non soggetti a tracciabilità». A sintetizzare così una mattina di richiami incalzanti, l’efficace espressione del moderatore Borzi: «gli strumenti di gestione del risparmio e la finanza sono come la politica, giacché se non ti occupi di loro, loro si occuperanno di te. Non basta partecipare a occasioni di dibattito, bisogna bensì che ognuno di noi adotti strumenti di intervento diretto».

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