Ricami di bellezza

Tony Ward, stilista libanese, e la sua collezione. Un omaggio alle donne e a una creatività raffinata.
Abito di Tony Ward

È rapito dalle pieghe del tessuto, tutte rigorosamente cucite a mano. Strati di tulle su cerchi in plastica colorata si trasformano, nelle sue mani, in foglie. Tony Ward, stilista italo-libanese, parla delle sue creazioni con la passione di chi sa di aver prestato alla bellezza lo sguardo e la genialità; da trasferire poi in trame, modelli, ricami. Ha negozi in Russia e nelle ex repubbliche sovietiche, veste regine degli Stati arabi e dive americane: ha coniugato nella sua arte Oriente e Occidente.

A Roma, per la settimana dell’Alta moda, ha presentato la collezione autunno-inverno con una particolarità: il ricavato della vendita di un suo abito sarà destinato a donne malate di cancro al seno. «Potrebbe essere una trovata per far parlare dei miei vestiti – confessa –, invece sostiene una ricerca che in Libano non esiste, poiché il sistema sanitario è basato sulle assicurazioni». Lo incontriamo in un’elegante suite tra abiti sulle grucce, sarte che ritoccano particolari, modelle in attesa e i suoi due figli più piccoli che giocano nella confusione.

 

È possibile coniugare solidarietà e alta moda?

«Il nostro è il mondo del lusso, ma è vero che molti dei nostri clienti fanno beneficenza. Lo scorso anno a Palm Beach, negli Usa, io stesso mi sono fatto promotore per la raccolta di un milione di dollari per acquistare un aereo medico da donare a un’associazione ebrea: quindi il lusso può essere solidale, anche se il nostro non è un mondo facile».

 

Eppure bellezza e ricchezza sono parametri inseguiti e invidiati da tanti…

«Nel mio lavoro, vivi molto in funzione degli altri, ma non vivi con e per gli altri. Devi competere, non puoi permetterti di essere sincero e devi far finta di star bene. Mi interroga cosa è successo ad Alexander McQueen, lo stilista londinese, che si è tolto recentemente la vita. Il mio mondo è spesso superficiale. Tanti si sorprendono che io sia sposato con quattro figli. Anna, mia moglie, quando può, mi segue con i ragazzi, ma sono un caso raro nell’ambiente. Noi non vogliamo lasciarci travolgere da ciò che è meno importante. Ad esempio, prima di una sfilata diciamo sempre una preghiera e, se Anna è distante, allora c’è uno squillo al telefono. Lì sento la gioia e so che questi momenti sono fondamentali».

 

Il tuo mondo è difficile, eppure modelle e stilisti continuano ad essere modelli per tanti…

«Non è più come prima, non c’è la top star, come con Versace e Chanel che facevano delle modelle un idolo. Oggi, sottolineando meno l’immagine e il personaggio, il nostro diventa un lavoro come altri, abbastanza duro perché bisogna mantenersi. Ho molto rispetto di queste ragazze e della loro professionalità. Io le scelgo, non solo perché belle, ma se sanno trasmettere il messaggio insito nell’abito che indossano».

 

È possibile coniugare modestia e bellezza nella moda?

«Tutti siamo belli e come un bravo scultore sa tirar fuori da una brutta pietra una bella statua, così per me. Lo sguardo modesto ti fa cogliere il bello, anche se spesso questo sguardo è legato all’umore ed è inseguito dal business. Quando lo sguardo perde umanità, è meno delicato e non riesce più a vedere la bellezza, né a colpire le persone».

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