Regione Lazio al voto tra ambiente e questione rifiuti

Dopo aver costituito l’occasione per avviare la crisi del governo Draghi, il progetto del termovalorizzatore di Roma divide il mondo associativo e dei partiti oltre gli schieramenti precostituiti ad un mese dalle elezioni regionali
Ambiente, manifestazione contro termovalorizzatore nel Lazio -Foto Mauro Scrobogna/LaPresse

Sembra già scritto il risultato delle elezioni regionali nel Lazio che si svolgeranno il prossimo 12 e 13 febbraio.

Il centrodestra è, infatti, compatto nel sostegno al candidato Francesco Rocca, finora al vertice della Croce Rossa italiana e della Federazione internazionale delle società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. Un percorso di impegno inizialmente praticato nella destra a Ostia, quartiere di Roma sul mare, e poi nelle strutture di accoglienza dell’organizzazione dei gesuiti per i rifugiati e in Caritas, dopo l’esperienza giovanile di uso di stupefacenti che Rocca non nasconde affatto facendone piuttosto un esempio di riscatto umano e sociale.

Non sarebbe la prima volta di un presidente di destra in una regione governata nel recente passato da Francesco Storace e Renata Polverini. La fisiologica l’alternanza con il centrosinistra, espressa finora da Nicola Zingaretti, non si deve solo al vento in poppa che sembra avere la nuova maggioranza politica che sostiene il governo Meloni.

Come avviene in Parlamento, infatti l’opposizione marcia separatamente, con il Pd in cerca di identità che non riesce a concludere alleanze in grado di includere assieme i 5Stelle guidati da Conte e l’area liberal espressa da Renzi e Calenda. Quest’ultimo, tra l’altro, miete consensi significativi su Roma e ha giocato d’anticipo scegliendo Alessio D’Amato, assessore regionale alla sanità in quota dem, come candidato alla presidenza della Regione. Un’indicazione che ha convinto anche il Pd e liste collegate ma che non è affatto condivisa dal M5S che finora ha sostenuto Zingaretti con la nomina in giunta nel 2021 di Roberta Lombardi come assessore alla transizione ecologica.

Nonostante gli appelli lanciati da più parti, non sembra decollare l’ipotesi del “campo largo”, espressione usata per definire un centro sinistra plurale comprensivo dei 5Stelle che hanno, invece, trovato la loro candidata presidente nella giornalista della Rai Donatella Bianchi, nota al grande pubblico per la conduzione della trasmissione Linea blu. La Bianchi proviene dall’associazionismo di impegno ambientale e ha presieduto il Wwf nazionale nel 2014.

Ed è in effetti il tema ambientale a costituire una causa di frattura nel centrosinistra con il caso del termovalorizzatore di Roma che è stato la scintilla finale che ha portato alla crisi del governo Draghi nel luglio 2022. In quell’occasione, lo ricordiamo, Conte ha deciso di non votare il Decreto aiuti che conteneva la concessione di poteri straordinari al sindaco di Roma Gualtieri sulla gestione del ciclo dei rifiuti, ciclo che comprende la costruzione del termovalorizzatore in un’area collocata al limite estremo del perimetro del comune di Roma, in località Santa Palomba, a confine con i comuni di Ardea e Albano Laziale.

Un territorio originariamente agricolo ma da tempo compromesso dalla presenza di una mega discarica che provoca il disagio della  popolazione locale. Parliamo di un’estrema periferia, invisibile sui media se non per le notizie di cronaca sulle proteste di gruppi di residenti che, ogni tanto, cercano di fermare il flusso di rifiuti conferiti oltre il livello previsto dagli invasi.

La metropoli è afflitta da tempo dall’incapacità, delle varie giunte, di risolvere il problema della gestione dei rifiuti tramite un’efficiente raccolta differenziata e l’evento del Giubileo del 2025 è ormai alle porte con milioni di visitatori previsti in arrivo nella città eterna.

È difficile credere che l’impianto previsto da Gualtieri sarà pronto per tale occasione, mentre appare più accessibile il 2030 nel caso in cui Roma riesca a vincere la concorrenza di Arabia Saudita, Corea del Sud e Ucraina nell’ospitare l’Expo 2030, l’evento che dovrebbe produrre, secondo le previsioni del comitato promotore, la nascita nella Capitale di 11 mila nuove imprese con la creazione di 300 mila nuovi posti di lavoro. Il tutto è appeso al voto segreto dei rappresentanti di 170 Paesi che nel prossimo novembre decideranno l’assegnazione della manifestazione su cui l’Italia punta moltissimo. A dirigere il comitato promotore è stato chiamato l’ambasciatore Giampiero Masolo che presiede, tra l’altro, l’influente e autorevole Ispi, Istituto di studi politici internazionali.

Davanti allo scenario quotidiano di strade invase dai rifiuti è cresciuto, secondo alcuni sondaggi, il favore dei cittadini nei confronti di un futuro impianto descritto di ultima generazione e a basso impatto, ma le opinioni sono variegate tra le stesse realtà dell’arcipelago ambientalista.

La storica associazione degli “Amici della terra”, nata nell’ambito dei radicali italiani, sostiene le ragioni della giunta Gualtieri e del comitato “Daje” che promuove l’impianto. A loro parere «il termovalorizzatore ben dimensionato non ha bisogno di stoccaggi temporanei e tratta solo rifiuti non riciclabili. Non si tratta di un’alternativa al recupero e al riciclo, ma della loro parte complementare. Fuori dall’emergenza, le materie da recuperare o da riciclare possono seguire altri percorsi, separati dallo smaltimento e più produttivi».

Si conferma tra i maggiori sostenitori del termovalorizzatore il manager di Assoambiente Chicco Testa secondo il quale «per Roma servirebbe un impianto di 600/700.000 tonnellate l’anno, simile a quello di Acerra a Napoli (oppure di Torino, o di Parigi)».

Testa rappresenta al momento il mondo delle imprese del settore ma ha un passato di punta in Legambiente che, invece, a luglio 2022 ha presentato, assieme alla Cgil, la proposta di un piano di gestione dei rifiuti completamente circolare che esclude il ricorso all’impianto che si basa su «una tecnologia clima-alterante non finanziata dall’Unione Europea e che pertanto dal 2026 sarà tassata dall’UE per pagare le quote di emissione di CO2».

L’infrastruttura, inoltre, «non elimina il ricorso alla discarica. Quasi un terzo delle ceneri prodotte dall’incenerimento finisce in discarica, distrugge materia che può essere recuperata» senza tralasciare il fatto che «per realizzarlo occorre un investimento di quasi un miliardo di euro che condizionano pesantemente, per almeno 20 anni, le scelte in materia di smaltimento dei rifiuti» e, infine «ha un effetto negativo nella creazione di nuovi posti di lavoro».

Bastano pochi accenni per avere un’idea della complessità di una questione che richiederebbe una larga partecipazione della popolazione in grado di conoscere nel dettaglio le diverse tesi che non dividono solo una parte politica.

A sorpresa, infatti, anche Francesco Rocca, durante la presentazione ufficiale della sua candidatura, non si è manifestato a favore dell’impianto proposto da Gualtieri affermando che ritiene prioritario puntare sulla raccolta differenziata.

Un motivo in più per promuovere in questo periodo un confronto aperto sul bene comune che resta, a prescindere dalle solite tattiche elettorali usate per la ricerca di voti, la sostanza della politica.

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