Regi Lagni, dall’abbandono alla rinascita?

Per secoli questa geniale opera di bonifica della pianura campana evitò frane e inondazioni. Ridotta a discarica a cielo aperto, se ne progettano ora il risanamento e il ripristino
Regi Lagni, foto Enea

Frane e allagamenti sono purtroppo fenomeni periodici in Campania, compresa la fertile pianura compresa tra il Casertano e l’area metropolitana di Napoli; fenomeni resi più frequenti e rovinosi dai cambiamenti climatici, come testimoniato dai recenti episodi a Caserta e nel suo hinterland. Ma è sempre stato così?

Già in epoche passate gli abitanti di questo territorio di oltre 100 mila ettari, vero cuore produttivo della regione, dovettero fare i conti con le problematiche dovute all’impaludamento e alla malaria: di qui l’urgenza di soluzioni per regimentare la sua ricchezza di acque a vantaggio di attività agricole e zootecniche.

Avviate già dai romani, le opere di riassetto idraulico ebbero una ripresa nel 1539 per essere poi realizzate in maniera più sistematica tra il 1610 e il 1616 durante il viceregno spagnolo, sotto la direzione del famoso architetto Domenico Fontana.

Con l’avvento della dinastia dei Borbone questa rete di canalizzazioni venne ulteriormente ampliata e perfezionata. La sua denominazione di Regi Lagni Lagni deriva dal nome antico Lanius o Clanius del fiume Clanio, importante risorsa idrografica della pianura campana, che un tempo, creando acquitrini, sfociava presso Liternum, nella zona dei campi Flegrei, ed ora invece, disciplinata, nove chilometri più a nord, presso Castel Volturno.

Per 57 chilometri dal Nolano fino al Litorale Domizio, lungo una fascia a cavallo tra le province di Napoli e Caserta, il canale principale dei Regi Lagni attraversa il territorio di comuni popolosi come Nola, Marigliano, Acerra, Caivano, Marcianise, Casal di Principe, Villa Literno, Castel Volturno, avendo come affluenti, inseriti a “spina di pesce”, una serie di canali secondari per un percorso complessivo di 210 chilometri.

Dopo l’unità d’Italia fino al XX secolo, la funzionalità di questa opera di ingegneria all’avanguardia per i suoi tempi permise di evitare frane e allagamenti e di assicurare acqua alle colture circostanti.

All’epoca, il paesaggio rurale presentava ancora campi coltivati a perdita d’occhio e disseminati di masserie tra filari di pioppi, come documentato dai dipinti di tanti vedutisti. Poi, causa la speculazione edilizia dovuta all’addensarsi della popolazione e la mancata manutenzione, iniziarono il degrado e i dissesti idrogeologici.

Fu così che, ridotti a scarichi abusivi di immondizia e rifiuti industriali, invasi dalla vegetazione e fonte di inquinamento per il Litorale Domizio, da risorsa i Regi Lagni diventarono problema e oggetto di ripetute inchieste della magistratura anche riguardo alla distrazione di fondi destinati al risanamento.

Si protrasse per decenni, nel tentativo di porre rimedio al disastro ambientale, il rimpallo di responsabilità tra Regione, Governo, i sessantatré comuni delle province di Napoli e Caserta e il Consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno, l’ente capofila che ha competenza sulla manutenzione dei Regi Lagni.

Né valsero a risolvere il problema della raccolta e depurazione delle acque reflue urbane ed extraurbane i cinque “mega depuratori” realizzati (ma poi sequestrati nel 2010) nell’ambito di un Progetto Speciale della Cassa per il Mezzogiorno finalizzato al disinquinamento del golfo di Napoli. Intanto, sempre più urgente s’avvertiva l’adeguamento degli impianti del comprensorio alla normativa vigente.

E oggi? Siamo giunti alla vigilia di una nuova fase. Sta infatti per prendere il via un ambizioso progetto di riqualificazione idraulica e paesaggistica che prevede, in un territorio che comprende anche l’area ad alto indice di inquinamento nota come “Terra dei fuochi”, una serie di interventi con criteri tecnologicamente avanzati e sostenibili.

 

Strumento operativo è il Contratto istituzionale di sviluppo (Cis), già sottoscritto lo scorso luglio da Governo, Regione Campania, Consorzio e comuni interessati, secondo il quale alla fine del prossimo mese di settembre dovrà essere consegnato al Consorzio stesso il documento preliminare di progettazione approntato dallo studio Land dell’architetto paesaggista tedesco Andreas Kipar, autore della riqualificazione paesaggistica della Ruhr in Germania. Da quel momento si procederà alla gara per la progettazione esecutiva. Prevista entro il 2026 la fine dei lavori.

 

Se non vi saranno intoppi, la Campania arriverà ad usufruire, per le aree adiacenti i Regi Lagni delle province di Avellino, Napoli e Caserta, di un parco fluviale di circa 700 ettari, fra i più estesi d’Europa e il più grande della penisola; ma soprattutto verranno restituite al mare acque finalmente depurate.

 

Sono previsti tra l’altro filari di alberi, piste ciclabili, la preservazione del paesaggio produttivo agricolo, un corridoio ecologico che fungerà da autostrada lenta con i suoi collegamenti alle regge di Carditello e Caserta, nonché il recupero dell’area archeologica di Suessola e dell’Oasi naturalistica di Soglitelle a Villa Literno.

Una sfida assolutamente da non perdere, se vogliamo veder cancellato l’odioso toponimo di “Terra dei fuochi”. Con un occhio di speciale vigilanza alla camorra, che la cospicua dotazione di fondi per questi progetti ambientali non vorrà certo lasciare inerte.

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

 

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons